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Folgorante «The Assassin», da premiare il film di Hou…

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Folgorante «The Assassin», da premiare il film di Hou Hsiao-hsien

Uno dei colpi di fulmine del Festival di Cannes 2015: emoziona, colpisce e sorprende «The Assassin», ultima fatica di Hou Hsiao-hsien, regista nato in Cina e cresciuto a Taiwan.
Presentato in concorso, il film asiatico è uno dei massimi favoriti per il palmarès finale e, vista la sua altissima qualità, meriterebbe di ottenere un riconoscimento importante.
Ambientata nel nono secolo, la pellicola racconta la storia di Nie Yinniang, figlia di un generale iniziata alle arti marziali sin dalla tenera età.

Diventata col tempo una temibile assassina, incaricata di eliminare i crudeli governatori locali, la ragazza rivede dopo tredici anni di esilio la sua terra natale: qui dovrà affrontare il proprio passato.

Otto anni dopo «Le voyage du ballon rouge», Hou Hsiao-hsien torna dietro alla macchina da presa per firmare uno dei lungometraggi più importanti della sua carriera: appartenente al genere wuxia (il “cappa e spada” in salsa cinese), «The Assassin» ne rinnova le regole puntando più sui sentimenti che sull'azione, più sulle immagini statiche che sulle coreografie dei duelli (comunque orchestrati alla perfezione).

Dotato di una composizione visiva di rara maestria, il film ha una fotografia memorabile, in grado di stupire e meravigliare dall'inizio alla fine: ogni volta che scorre un nuovo fotogramma si rimane a bocca aperta, in attesa di scoprire quale sarà il successivo.
Hou Hsiao-hsien non filma, dipinge cinema, e con il suo pennello-cinepresa ha creato un lungometraggio maestoso e potente, già impossibile da dimenticare.

In competizione è stato inserito anche «Dheepan», nuovo film del francese Jacques Audiard.
Il protagonista, Dheepan, è un combattente delle Tigri Tamil nello Sri Lanka. Mentre la guerra civile volge al termine e la sconfitta risulta inevitabile, Dheepan parte per Parigi portando con sé una donna e un bambino così da avere maggiori speranze di ottenere lo status di rifugiato: la nuova “famiglia” faticherà a sopravvivere nella nuova realtà.
Contenuti importanti per una pellicola che cerca in tutti i modi di apparire credibile, sentita, appassionante.

Audiard, però, raggiunge l'obiettivo solo in parte: il suo film coinvolge ma spesso sembra procedere col pilota automatico e, nonostante le sequenze riuscite non manchino, risulta un po' scolastico e sa eccessivamente di già visto. Nella carriera del regista de «Il profeta» rimane un film minore.

Molto atteso era anche «Love» di Gaspar Noé, presentato fuori concorso.
Furbo provocatore sempre interessato a scandalizzare, Noé ha messo al centro della sua nuova pellicola un triangolo amoroso, narrato senza seguire un ordine cronologico.
Quello che doveva essere il film scandalo del Festival (numerose le scene pornografiche) si è rivelato, come ampiamente prevedibile, un lungometraggio innocuo e incapace di scuotere come avrebbe voluto.

Dopo il pessimo «Enter the Void», il regista argentino spreca ancora una volta il suo notevole talento visivo e firma così un'altra pellicola vuota e, paradossalmente, del tutto sterile.

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