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Bob Dylan non risponde all'Accademia di Svezia. Si presenterà alla…

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nobel irreperibile

Bob Dylan non risponde all'Accademia di Svezia. Si presenterà alla cerimonia del Nobel?

Bob Dylan (Ap)
Bob Dylan (Ap)

Il premio Nobel per la letteratura «non è al momento raggiungibile»: l'Accademia di Svezia è pregata «di riprovare più tardi». È dalle ore 13 di giovedì 13 ottobre – lo storico momento dell'annuncio – che da Stoccolma provano a contattare Bob Dylan, senza fortuna tuttavia. E allora va a finire che, trascorsi quattro giorni dalla proclamazione, non si sa ancora se «Sua Bobbità» accetterà o meno il riconoscimento, se parteciperà in prima persona alla cerimonia e se, in caso di partecipazione, terrà il discorso del cerimoniale.

Gli accademici hanno infatti comunicato ufficialmente di aver rinunciato a contattare Mr. Zimmerman. «In questo momento non abbiamo assunto alcuna iniziativa: ho chiamato e mandato delle e-mail al suo più stretto collaboratore, ricevendo delle risposte molto cordiali. Per ora, ciò è di certo sufficiente», ha spiegato il segretario permanente dell'Accademia Sara Danius, intervistata dalla radio di Stato svedese. Sgombriamo subito il campo dagli equivoci: non è un secondo caso Alice Munro, la scrittrice canadese insignita nel 2013 con cui pure gli accademici ebbero difficoltà a comunicare, perché la Signora, dall'alto degli allora suoi 82 anni, pare non avesse grande dimestichezza con la segreteria telefonica.

Per averne 75 di anni il Menestrello di Duluth fa un lavoro abbastanza usurante: fresco di premio continua l'eterno Never Ending Tour che lo ha portato per la seconda volta al Desert Trip, il maxi-raduno di mostri sacri del rock messo in piedi dagli organizzatori di Coachella a Indio, California. «Sul palco non ha detto niente», hanno titolato i giornali l'indomani. Diciamo subito che chi si aspettava messaggi di ringraziamento da un capo all'altro del pianeta o, peggio, un'esultanza alla Marco Tardelli non conosce neanche di striscio Dylan, uno che sulla ribalta non parla praticamente da quando era giovanotto (pochissime le eccezioni: viene in mente per esempio la jam con Keith Richards e Ron Wood al Live Aid).

Tuttavia un messaggio «criptico» al mondo l'ha inviato: esibendosi al Chelsea di Las Vegas, la sera del 13 ottobre, una manciata di ore dopo la proclamazione, ha eseguito «Simple Twist of Fate» accompagnandosi di nuovo con la chitarra elettrica, circostanza eccezionale perché il Nostro, causa gli acciacchi dell'età, ha ormai rinunciato da tempo a tenere in braccio la sei corde durante le esibizioni. Un gesto «di rottura» - e quanto «ruppe» la sua chitarra elettrica al Festival di Newport del '65! - che potrebbe essere interpretato come un festeggiamento a la Dylan. Ma in definitiva che accadrà il 10 dicembre, quando a Stoccolma è prevista la cerimonia di premiazione? Per rispondere a questo interrogativo, azzardiamo qui di seguito tre scenari surreali. Affidandoci a tre pezzi del suo immortale repertorio.

«If you see her say hello»
«Se la vedi, dille ciao». È il messaggio di benservito che Dylan indirizza alla segretaria permanente dell'Accademia tramite una manciata di righe di maniera vergate con cortesia da qualche suo collaboratore: il premio Nobel per la letteratura 2016 non accetta il premio Nobel per la letteratura 2016, ribaltando per l'ennesima volta in oltre 50 anni di carriera il senso del discorso. Il tema non è più, infatti, se Dylan è degno del Nobel ma diventa se il Nobel è degno di Dylan, della controcultura di cui si è autonominato erede, di ciò che resta di quella rivoluzione di cui fu interprete. Sai le risate che ci facciamo con gli Irvine Welsh e gli Alessandro Baricco di turno? Ma diciamolo: finisse davvero così, sarebbe una meravigliosa trovata di marketing per restituire un po' di appeal a un premio che alla lunga ha sofferto lo strapotere delle letterature minori.

«It ain't me, babe»
«Non sono io, bimba». Ovvero: Dylan accetta il premio ma alla fine non va a ritirarlo per comunicare chissà quale messaggio di protesta, delegando terzi al posto suo come fece Marlon Brando che mandò alla consegna dell'Oscar 1973 una attrice nativa americana. Ecco, ce l'abbiamo: potrebbe mandare a Stoccolma Robbie Robertson, il chitarrista della leggendaria Band che ha sangue Mohawk nelle vene. Lui sì che farebbe sentire tutto il suo «peso» («The Weight», appunto) agli accademici in frac.

«Long distance operator»
«Centralinista delle interurbane». Tutta colpa di questo oscuro personaggio, cui il Menestrello di Duluth dedicò un misconosciuto brano dei «Basement Tapes», se l'Accademia non è riuscita a raggiungerlo finora. E allora ecco Dylan che il 10 dicembre arriva puntuale alla cerimonia e citando alcuni suoi versi si scusa. Ma non troppo: «Tutti quanti vogliono fare un'interurbana/ ma tu sai che devono solo aspettare». E allora aspetteremo e vedremo. Perché questo non può che essere un premio Nobel per la letteratura diverso dagli altri. Per profilo del premiato, per motivazioni e ovviamente anche per cerimoniale.

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