Il campanile di San Pietro Barisano si è pian piano materializzato in piazza Vittorio Veneto, uguale a quello del Sasso ma di cartone e costruito da mani del XXI secolo: un simbolo di Matera innalzato da bambini e adulti per celebrare venerdì scorso, il 19 gennaio alle 19 e 19, un momento a sua volta simbolico, la data che separa la città dalla proclamazione - tra un anno, il 19 gennaio 2019 - a capitale europea della Cultura. Così come è nata, su progetto del francese Olivier Grossetête, l'architettura è stata distrutta il giorno dopo, proprio come i materani fanno con il carro di cartapesta nella festa patronale del 2 luglio. Ma qui, a partecipare, c'erano anche decine di bambini che normalmente, nella notte estiva, devono sottrarsi alla calca impazzita dello “strazzo” del carro, e dunque la festa ha coinvolto tutte le generazioni.
La gente si è radunata già dal tardo pomeriggio del venerdì, quando l'edificio di cartone era ormai completo, e ha assistito alla danza acrobatica di Antoine Le Menestrel, anche lui francese, che si è arrampicato fino in cima alla torre, alta - va da sé - 19 metri, con giochi di luci, sottofondo musicale e gli applausi che punteggiavano i momenti più emozionanti dell'esibizione. Al termine della quale i Subsonica hanno fatto ballare la piazza, calda - a dispetto della temperatura - variegata (c'erano materani e turisti, come si vede anche dalle scritte lasciate sui frammenti di cartone) e partecipe. “È questo lo specifico del Sud: lo spazio pubblico, si parla di tutto e tutti i luoghi sono aperti e disponibili, le persone amano essere coinvolte e se non lo sono si sentono escluse. Al Nord spesso sono schive e non vogliono l'invasione degli spazi cittadini. Qui ci deve essere una grande cura della partecipazione collettiva”: con Paolo Verri, direttore della Fondazione Matera 2019, ripercorriamo i momenti importanti del cammino verso il successo del progetto e guardiamo al futuro.
Un percorso in cinque punti
“È cominciato tutto con Alberto Cottica, il fondatore dei Modena City Ramblers che avevo conosciuto da direttore del Salone della Musica e su cui avevo scritto un libro. Lui era a Matera, mi disse che c'era una forte spinta creativa, mi chiamò dicendo che gli sarebbe piaciuto che raccontassi la mia esperienza. Andai a Potenza e incontrai le persone con cui poi ho lavorato per sei anni, a partire da Rossella Tarantino che era a capo di Visioni Urbane e con cui si cercò di capire se ci si poteva candidare”. Il secondo grande momento, va avanti il torinese Verri - già direttore del Salone del Libro e del Padiglione Italia all'Expo - è stato quello dell'entrata di Matera nella short list, la finale a sei, “perché eravamo in gara assieme a 20 città tra cui Venezia, Mantova, Siracusa e noi siamo andati a dire che non era importante il contenuto ma il processo: far crescere la cittadinanza attraverso la cultura. Abbiamo scritto un progetto chiamato “Insieme” che scommetteva sul concetto di sharing economy mettendo l'accento su sharing: se non c'è condivisione non c'è vera cultura. La giuria ci ha premiato”. È iniziata una fase entusiasmante, con i due bandi per il logo e per la direzione creativa: “sono arrivate 900 proposte per il primo, 200 per la seconda; il New York Times ha cominciato a scrivere di Matera, la gente ha preso a cercarci per fare dei progetti assieme...abbiamo capito che non era una scelta velleitaria”.
Così è arrivato, sorprendente, il terzo momento “quando abbiamo vinto. Non a caso l'avevamo chiamato “comunque vada party”, per noi avevamo già vinto. La quarta fase, purtroppo, è durata due anni. Tutti ci avevano incensato, a partire dalla Commisione europea che aveva elogiato il programma innovativo, preciso e aveva apprezzato la passione dei cittadini... quando con una scellerata campagna elettorale è stato messo in dubbio tutto e il sogno rischiava di infrangersi”. Verri non nasconde il riferimento a se stesso (”è stato detto, perché c'è gente da fuori?, ma io mi sono adattato al dentro, condivido e metto a frutto esperienze e competenze”) né si sottrae a un'analisi critica: “C'è una parte più tradizionale che abbiamo dato per scontata, e invece quando vinci devi chiamare a bordo tutti, non solo il tuo progetto. Il risultato è che siamo stati in trincea per due anni, ma questo è un giorno di vera e propria rinascita”.
Teatri e musei
Alcuni nodi da sciogliere restano. Il direttore della Fondazione sottolinea come non ci siano ancora spazi adeguati alla sfida che sta già vivendo Matera, a partire da un teatro e da musei che vadano al di là degli ottimi Palazzo Lanfranchi e Ridola: “Il Comune ha fatto progetti di medie dimensioni, ma insufficienti, bisogna allargare la città, che ha l'ambito delle cave, meravigliose, ha il borgo La Martella dove si sta per aprire un teatro ma non si sa quando. Noi ci siamo fatti carico, anche se non spetterebbe a noi, di fare un bando per l'allestimento temporaneo alla cava del Sole di uno spazio coperto da 800 posti. Siamo in attesa di avere dal Comune i soldi e la deliberazione che quelle aree sono di nostra competenza fino alla fine del 2022. La nostra ambizione è metterle a bando per un grande gestore internazionale: crediamo che non debba essere il pubblico a occuparsene ma dei privati che fanno parte di network globali capaci di portare a loro spese e con la loro promozione delle grandi manifestazioni, dagli spettacoli ai convegni alle fiere. Per avere un turismo sostenibile, che non è un turismo solo leisure”. Un modo, questo, di guardare oltre il 2019 e costruire qualcosa che si alimenti da sé: “Nessuno può pensare di fare una politica pubblica che non duri almeno 10 anni - commenta Verri - e quindi nel 2012 ci siamo detti: quale sarà la Matera nel 2025? Contemporaneamente i cittadini hanno bisogno di vedere giorno dopo giorno quel che si fa, altrimenti perdono fiducia”.
I progetti in campo
Sabato 20 sono stati illustrati i progetti che si susseguiranno nel 2019. Intanto ogni 19 del mese dell'anno in corso ci sarà una manifestazione, a segnare la marcia di avvicinamento al grande momento. Diverse idee ruotano attorno a cinque temi, scelti pensando alla specificità di Matera, del suo territorio e della sua storia: futuro remoto; continuità e rotture; utopie e distopie; radici e percorsi; riflessioni e connessioni. Non si possono qui esplorarle tutte: c'è quella dell'”Atlante delle emozioni delle città”, messa a punto dal Teatro dei Sassi, cioè la costruzione di una mappa-racconto degli abitanti (ma anche dei turisti) da mettere a tema e osservare in una “secretissima camera de lo core”; o quella della “Bella vergogna” che coinvolge teatro, video, danza e musica e prende spunto dal comizio che Palmiro Togliatti tenne a Matera nel 1948 quando definì i Sassi “una vergogna nazionale”. Carlo Levi, in Cristo si è fermato a Eboli, nel sottolineare la tragedia in cui vivevano gli abitanti degli antichi rioni, ne aveva rimarcato anche la bellezza. Da qui l'ossimoro del progetto che racconterà le attuali “belle vergogne” lucane, italiane, europee e mondiali, prima fra tutte la fuga dai Paesi poveri, funestati da guerre civili o dittature militari. Si occuperà di uomini, donne e bambini che muoiono nel Mar Mediterraneo ecc.
Non può mancare un progetto sul pane, a Matera 2019: il prodotto che le donne facevano in casa con amore e non mancava mai. E così sarà un anno con il pane, le sue origini e potenzialità: intorno al forno comune bambini, ragazzi e giovani potranno scoprirne e reinventarne la funzione socializzante e creativa, sotto la guida della Bread house e con l'ausilio della cooperazione sociale. Ci saranno laboratori, mostre dedicate in cui si alterneranno fotografie, video, pitture, sculture per restituire un insieme di “visioni” e “rappresentazioni” del pane, così come una biblioteca, con un'antologia di racconti e fiabe, un catalogo di pietanze del grano e del pane, un repertorio di riti propiziatori.
Dal cartone al carro
La giornata del sabato si è conclusa con l'acrobata Le Menestrel che si è arrampicato ancora una volta sull'architettura, ne ha staccato il rosone e, tra gli applausi, lo ha consegnato a Raffaele Pentasuglia, artista della cartapesta e creatore del carro che trasporta la Madonna della Bruna, patrona della città, il 2 luglio. “È stato divertente, un'iniziativa splendida. Loro (Grossetête e Le Menestrel) sono molto empatici. Accogliere questo pezzo, di cui userò l'interno più piccolo, era importante dal punto di vista simbolico”. A Matera dici “carro della Bruna” e subito viene in mente il cognome “Pentasuglia”, anche se Raffaele ha 37 anni e per lui è l'esordio (suo nonno e il fratello Francesco ne hanno fatti almeno 20). La novità di quest'anno è che, per la prima volta nella storia, lo firma anche una donna, sua sorella Claudia. Tra putti, statue, e fregi, si nasconderà un frammento di cartone di quella memorabile piazza.
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