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Italia, patria di dimore reali

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Italia, patria di dimore reali

Quando il 29 luglio 1900 Gaetano Bresci uccise a Monza Umberto I di Savoia, il cadavere del monarca, nell'attesa che arrivasse l'erede al trono Vittorio Emanuele, fu posto in una vasca da bagno con ghiaccio e alcol. Si scelse, naturalmente, la Villa Reale, luogo legato all'antico regime e alla Lombardia austriaca: in quel tempo era ormai a disposizione dei Savoia, dopo esserlo stato degli Asburgo e di Napoleone.

L'Italia è ricca di simili dimore, anche perché le ancestrali divisioni in piccoli o medi Stati ne hanno favorito il moltiplicarsi. Per restare a Monza, basterà ricordare che la Villa Reale, residenza cara a Eugenio di Beauharnais viceré napoleonico d'Italia, fu dotata all'inizio dell''800 di un parco adatto alla caccia e vi furono portati anche cervi dalla Baviera.

Le storie, civili e architettoniche, che riguardano numerosi luoghi dove è passato il potere nel Belpaese, si trovano ora nel libro di Andrea Merlotti “Andare per regge e residenze” (il Mulino, pp. 160, euro 12).
Dalle dimore dei Medici di Firenze ai palazzi reali di Torino necessari ai Savoia, dalla Reggia di Caserta che era simbolo del regno borbonico (e avrebbe potuto essere intesa come concorrente di Versailles), via via sino al Palazzo Reale di Venezia voluto da Napoleone che non osò profanare l'antica sede dei dogi della Serenissima, Merlotti racconta una storia che vede coinvolti potenti d'ogni genere - papi, re, duchi e qualche signorotto – che riempirono l'Italia di residenze prestigiose.

Lo stesso Quirinale, prima di essere il palazzo in cui risiede il presidente della nostra Repubblica, è stato dimora di pontefici e della monarchia italiana. Vittorio Emanuele II ne prese possesso, dopo numerosi problemi, nella notte tra il 30 e il 31 dicembre 1870. Ci volle comunque un anno affinché fosse realmente abitabile.

Tra l'altro, sua maestà scelse di dormire non nell'antico appartamento papale, ma negli ambienti di guardia; inoltre, a fine 1871, il re acquistò Villa Pallavicini, poi nota come Villa Savoia (la quale fu venduta da Umberto I nel 1878 e riacquistata da Vittorio Emanuele III nel 1904).

Una curiosità: i Savoia posero il trono nella sala dove si trovava già quello del pontefice, ma scelsero la pomposa sedia già appartenuta ai duchi di Parma, fatta realizzare da Maria Luigia intorno al 1820, che venne trasportata a Roma per le nuove funzioni nel 1871. Del resto, lo Stato unitario italiano poteva disporre anche dei ricchi arredi delle regge dismesse dopo la seconda guerra d'indipendenza.

Merlotti nota, tra l'altro, che “Vittorio Emanuele II provò sempre un certo imbarazzo verso le dimore dei sovrani che aveva spodestato”. Senza contare che qualcuno andava sussurrando che il Quirinale non avrebbe portato fortuna ai Savoia, perché la Chiesa, espropriata del palazzo, non la prese bene. Si dice che Pio IX non si fosse dimenticato di lanciare, oltre le scomuniche, qualche accidente.

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