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Michela Marzano e “Idda”: cosa resta quando si perde la…

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LETTURE: I CONSIGLI DEL CACCIATORE DI LIBRI

Michela Marzano e “Idda”: cosa resta quando si perde la memoria?

Un romanzo sulla memoria, sui ricordi, sul rapporto con il proprio passato e le radici, sui legami familiari a volte problematici, ma anche un romanzo sul prendersi cura, di una persona malata così come del proprio compagno di vita. Idda (Einaudi) è l’ultimo romanzo di Michela Marzano, filosofa italiana trapiantata a Parigi che in tutti i suoi libri, sia saggi sia romanzi, conduce un'approfondita indagine sull'amore. L'aveva fatto in modo esplicito in L'amore è tutto: è tutto ciò che so dell'amore, metà saggio e metà romanzo, ma anche in Volevo essere una farfalla e L'amore che mi resta.

« L'amore è presente in tutti i miei libri perché mi rendo conto ogni volta che c'è qualcos'altro da scoprire e da raccontare –dice Michela Marzano-. L'amore è prendersi cura. Amare una persona non significa né prendere questa persona come un oggetto, né sostituirsi all'altro. Significa proprio accompagnarlo, cioè permettere a questa persona di attraversare le proprie contraddizioni, le proprie fratture e le difficoltà della vita».

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Questa forma d’amore è messa in scena nel romanzo Idda dove troviamo una protagonista, Alessandra, che ha lasciato l'Italia per trasferirsi a Parigi dove insegna all'università. Ha rotto con il suo passato e con le sue radici nel momento in cui la madre è morta in un incidente stradale provocato dal padre. Alessandra non torna in Salento da anni, non ha contatti con il padre, ma soprattutto non vuole parlare l'italiano, l'ha sostituito con una lingua acquisita. Inizierà a fare pace con il passato nel momento in cui la madre del suo compagno, Annie, inizia a perdere la memoria a causa della demenza senile. Alessandra va a casa di Annie, ormai trasferita in una casa di riposo, per mettere ordine e qui troverà diari e lettere che le permetteranno di ricostruire la vita di quella donna ormai anziana e fragile. In questo prendersi cura di Annie e del compagno Pierre, spaventato dalla malattia, Alessandra esprimerà il suo amore e riuscirà a far pace con sé stessa.

«Volevo far sì che questi due personaggi, Alessandra e Annie, si specchiassero l'uno nell'altro –dice Marzano-. Sentendosi nuovamente figlia, Alessandra potrà tornare indietro per riaprire il proprio passato». Un passato che irrompe nella quotidianità di Alessandra proprio attraverso la lingua, quella lingua che lei aveva voluto dimenticare. Non l'italiano, ma addirittura il dialetto. Un giorno mentre sta facendo lezione invece di dire raisin (uva) pronuncia la parola ua nella lingua contadina che era stata dei genitori.

Riallacciare con il passato, recuperare i ricordi, pongono però la protagonista, così come l'autrice, davanti ad alcune domande. Cosa resta di noi quando non ricordiamo più il nostro nome, quando non ci riconosciamo più guardandoci allo specchio, quando la demenza senile ha mangiato il nostro passato? Chi siamo quando interi pezzi della nostra esistenza scivolano via?

«Alla fine di questo percorso si scopre che quello che resta di noi è proprio l'affettività –dice Michela Marzano-, quello a cui talvolta si dà meno peso perché siamo essere razionali, controlliamo le cose, cerchiamo di essere performanti. Ma tutto questo è sovrastruttura . Ciò che ci rende gli esseri che noi siamo, i residui del sé, sono proprio legati all'affettività, all'amore e ai sentimenti».

(Alessandra Tedesco, conduce su Radio 24 “Il Cacciatore di libri” in onda ogni sabato alle 6,30 e alle 21,30)

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