Č stata una giornata importante al Festival di Cannes, contraddistinta da due titoli di rilievo presentati in concorso.
Partiamo da «Little Joe» di Jessica Hausner, regista austriaca che torna sulla Croisette dopo aver proposto «Amour fou» nel 2014 nella sezione Un Certain Regard.
Al centro della trama c'č Alice, una madre single che lavora in una grande corporation dedicata alla creazione di piante ibridate in grado di suscitare particolari reazioni con le loro fragranze. Un fiore di sua invenzione, capace di rendere le persone felici, potrebbe perň causare un'inquietante reazione allergica, modificando impercettibilmente il carattere di coloro che entrano in contatto con il suo profumo.
Raccontando il tema della maternitŕ attraverso potenti metafore fantascientifiche, Jessica Hausner costruisce un racconto di tensione, girato con grande cura, che riesce a tenere alta l'attenzione
dello spettatore fino alla fine.
Attraverso inquadrature molto statiche e curate da un punto di vista geometrico, il film restituisce formalmente la complessitŕ
dei sentimenti che vengono analizzati, a partire da quelli di una donna preoccupata per la crescita del figlio adolescente.
Molto piů complesso e profondo di come puň apparire a prima vista, «Little Joe» ha dalla sua una grande forza sonora, attraverso
un apparato uditivo molto presente e capace di contribuire all'inquietudine generale trasmessa dal film.
Menzione speciale per l'uso delle luci e dei colori della fotografia di Martin Gschlacht.
Ancora piů toccante č il nuovo lavoro di Pedro Almodóvar, «Dolor y gloria», un film profondamente autobiografico con protagonista un regista, interpretato da Antonio Banderas, che sta affrontando un periodo di crisi: nella sua memoria riaffiorano ricordi d'infanzia e altri legati alle tappe piů significative della sua esistenza.
Attraverso un racconto commovente e doloroso, Almodóvar firma il suo personale «8 ˝», un film che ragiona sul cinema con grande
spessore e con cui l'autore spagnolo si mette a nudo come mai prima nella sua carriera.
Trova (nuovamente) in Banderas un alter ego ideale e il film colpisce tanto per una narrazione capace di coinvolgere completamente,
quanto per un apparato formale di eccellente maturitŕ.
Era dai tempi di «Volver» (2006) che Almodóvar non convinceva cosě tanto, ma «Dolor y gloria» č anche una delle pellicole
piů emozionanti e importanti della sua intera carriera.
Ottimo lavoro di un cast in cui, oltre a un Banderas degno del premio come miglior attore, sono presenti tanti altri nomi di rilievo come Penélope Cruz, Leonardo Sbaraglia e Cecilia Roth.
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