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Pensioni: dalla Svizzera alla Svezia, chi rischia di più a causa…

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Pensioni: dalla Svizzera alla Svezia, chi rischia di più a causa dei tassi bassi

Quando tutto cambia, tutti devono adattarsi. Il quantitative easing avviato dalla Banca centrale europea e (l'acquisto di titoli di Stato e obbligazioni stampando nuova moneta) ha delineato uno scenario di mercato distorto e per alcuni versi contro intuitivo con cui tutti devono confrontarsi. In prima linea c'è il comparto delle assicurazioni sulla vita che a fronte di rendimenti garantiti ai sottoscrittori non può più contare sugli interessi offerti da titoli di Stato ed obbligazioni di alta qualità.

Nei giorni scorsi il Fondo monetario internazionale ha lanciato l'ennesimo allarme sottolineando come ad essere particolarmente esposti siano i settori “life insurance” di Germania e Svezia. In Germania, scrive l'Fmi, il ritorno garantito è in media del 3,2% a fronte di un rendimento del bund decennale di circa lo 0,3%. A livello europeo oltre la metà delle assicurazioni vita garantisce un rendimento più alto rispetto agli interessi pagati da un titolo decennale del paese in cui hanno sede. Il settore, secondo il Fondo, potrebbe entrare in una situazione di grave stress finanziario nel giro di 8/10 anni. Nonostante la volatilità degli ultimi giorni, con una crescita rilevante dei rendimenti dei titoli di Stato europei, una situazione protratta dei rendimenti bassi dei Bund e dei BTp ha conseguenze importanti per chi è chiamato ad erogare prestazioni.

Il nodo assicurazioni
Secondo quanto riportato ieri dall'agenzia Bloomberg, Zurich Insurance e Generali, due big del settore particolarmente conservativi, starebbero valutando investimenti nei corporate bond al di sotto dell' “investment grade” (con rating sotto la tripla B) per far fronte a questo scenario di rendimenti appiattiti. Qualsiasi serio problema per il sistema assicurativo diventa automaticamente un guaio per l'intero universo finanziario. Il comparto detiene infatti il 35% dei corporate bond europei e il 25% dei titoli di Stato con un'esposizione verso il solo settore privato europeo di 4 mila e 400 miliardi di euro. Lo “scenario giapponese”, ossia tassi bassi per un prolungato periodo di tempo, mette pressione anche sul comparto pensionistico.

I rischi in Svizzera...
Alcuni giorni fa ha fatto scalpore lo studio del professore dell'università di St Gallen Martin Eling, ripreso dal Financial Times, secondo cui il sistema pensionistico svizzero rischia la bancarotta nel giro di un decennio con un “buco” di 55 miliardi di franchi (circa 53 mld di euro) nel 2030. Anche in questo caso il problema risiede nel rendimento garantito che i fondi sono tenuti ad offrire per legge ai futuri pensionati. In Italia non esiste un obbligo del genere pertanto il sistema della previdenza complementare si trova in una situazione di sicurezza. Tuttavia il comparto si trova a dover fronteggiare le stesse problematiche difficoltà.

... e la previdenza complementare italiana
I titoli sovrani paesi euro compongono infatti la gran parte dei portafogli dei fondi pensione negoziali. Nel complesso si arriva al 69% ma sulle linee più conservative o garantite si raggiungono quote del 98% con scadenze per lo più medio- brevi, da 1 a 4/5 anni. Se i tassi scendono e i prezzi salgono quindi in questo momento i portafogli dei fondi diventano più ricchi. A causa dell'aumento dei valori non è da escludere che nell'immediato le linee più prudenti ottengano risultati migliori rispetto a quelle più aggressive. In prospettiva però le cose cambiano sia perché le elevate valutazioni potrebbero sgonfiarsi sia perché si potrà contare sempre di meno sul flusso cedolare. Delle modifiche nello stile di gestione e/o nelle scelte di investimento appaiano quindi indispensabili.

La vigilanza
Raffaele Capuano, direttore generale Covip (l'organo di vigilanza sui fondi pensioni) sottolinea come non esistano ostacoli normativi ad una maggiore diversificazione per asset class e come il sistema sia sufficientemente flessibile per recepire i cambiamenti necessari. “Già da tempo, ricorda Capuano, Covip ha posto all'attenzione dei fondi la necessità di una maggiore diversificazione dei portafogli. Il quantitative easing della Bce non fa altro che rendere più pressante la questione”. Quanto alle tempistiche Capuano ricorda come non esista un'urgenza, il problema non si pone ora ma in prospettiva. Una ridefinizione degli investimenti conclude Capuano avrebbe comunque anche il benefico effetto di convogliare maggiori risorse verso l'economia reale del paese.

I gestori
Se nei prossimi anni si mantenessero le attuali condizioni di mercato, man mano che i titoli in portafoglio andranno a sostituzione ottenere rendimenti paragonabili alla semplice rivalutazione del Tfr diventerà un'impresa sempre più ardua. Alessandro Gandolfi, responsabile per l'Italia di Pimco invita a non affidarsi troppo alle gestioni passive e statiche che potevano funzionare in uno scenario differente ma non in quello attuale. Secondo Gandolfi “è necessario spostarsi rapidamente a gestioni attive che consentano di ottenere quel plus in termini di rendimenti che può fare la differenza nel contesto attuale”.

“Sarà inevitabile, continua Gandolfi, assumersi qualche rischio in più, diversificare maggiormente i portafogli oltre a muoversi in maniera più dinamica all'interno delle diverse asset class” . “Dove fissare l'asticella nella scala rischio opportunità, conclude Gandolfi, è una decisione che spetta ai singoli fondi ma una modifica è necessarie”. Cambiare l'assetto delle gestioni non dovrebbe essere particolarmente problematico.

I fondi pensione
Maurizio Agazzi, direttore del fondo Cometa riservato ai lavoratori della meccanica, concorda sulla necessità di ridefinire l'approccio ai mercati. “In generale, ragiona Agazzi, investire in modo conservativo non ha molte giustificazioni in un'ottica previdenziale. Ecco perché come fondo Cometa stiamo valutando una ridefinizione complessiva della nostra offerta”. “Le linee garantite (dove confluiscono i Tfr con il meccanismo del silenzio /assenso e particolarmente conservative nelle forme di investimento, ndr) sono un anacronistico obbligo di legge che nessun gestore appare oggi in grado di soddisfare”. ll fondo dei lavoratori della chimica Fonchim sottolinea comunque come sinora “i bassi rendimenti cedolari non abbiano avuto impatti negativi sulla redditività dei portafogli previdenziali”.

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