Lo stop alla rivalutazione delle pensioni è incostituzionale. La norma che, per il 2012 e 2013, ha stabilito, «in considerazione della contingente situazione finanziaria», che sui trattamenti pensionistici di importo superiore a tre volte il minimo Inps (circa 1.500 euro lordi) scattasse il blocco della perequazione, ossia il meccanismo che adegua le pensione al costo della vita, è incostituzionale. Lo ha deciso la Consulta, bocciando l'art. 24 del decreto legge 201/2011 in materia di perequazione delle pensioni, ossia la cosiddetta norma Fornero contenuta nel ''Salva Italia'' varato dal governo Monti.
Bocciata norma Fornero, «buco» da 5 miliardi
L'impatto sui conti pubblici, stimato dall'Avvocatura dello Stato quando si tenne l'udienza pubblica, sarebbe di circa 1,8 miliardi per il 2012 e circa 3 miliardi per il 2013, per un totale di quasi 5 miliardi. Immediata la levata di scudi dei sindacati che hanno chiesto al governo di «sanare l’ingiustizia».
Palazzo Chigi: non facile, troveremo soluzione
«Stiamo verificando l'impatto che la sentenza della Consulta può avere sui conti pubblici, non sarà una prova facile ma non siamo molto preoccupati». Così fonti di Palazzo Chigi che sottolineano: «Siamo al governo per risolvere questioni complesse, quindi calma e gesso: studieremo la sentenza e troveremo la soluzione».
Morando: impatto rilevanti su conti pubblici
Entra più nel merito il viceministro dell'Economia Enrico Morando, per il quale «se si dichiara illegittima la mancata corresponsione dell'adeguamento, quei pensionati ora hanno diritto ad averlo. La conseguenza è che l'adeguamento va corrisposto». Morando ha ammesso che la sentenza «ha conseguenze rilevanti sul bilancio pubblico». Non solo. L’impatto potrebbe riguardare anche gli anni successivi. «Il problema non è quello degli interessi - ha detto Morando - ma il nodo è che quel blocco deve essere interamente superato, determinando, sembrerebbe, conseguenze di tipo strutturale sul bilancio che riguardano anche tutti gli anni dopo il 2013».
Blocco indicizzazione per circa 6 milioni di persone
Il blocco dell'indicizzazione delle pensioni bocciato dalla Consulta ha toccato una platea di circa 6 milioni di persone, ovvero quante sono quelle con un reddito da pensione superiore a 1.500 euro mensili lordi, secondo gli ultimi dati dell'Istat sulla previdenza. Si tratta di oltre il 36% del totale degli oltre 16,3 milioni di pensionati italiani.
Fornero: fu scelta governo, non mia
Il blocco della perequazione per le pensioni oltre tre volte il minimo «non fu scelta mia», si è subito difesa l'ex ministro del Lavoro, Elsa Fornero ricordando che fu una decisione «di tutto il Governo» presa per fare risparmi in tempi brevi. «Vengo rimproverata per molte cose - ha aggiunto Fornero - ma quella non fu una scelta mia, fu la cosa che mi costò di più». Il 4 dicembre 2011 Fornero, all’epoca ministro del Welfare, non riuscì a trattenere le lacrime mentre in diretta tv insieme alla squadra del governo Monti, illustrava nel dettaglio agli italiani quali e quanti sacrifici li attendono con la manovra appena varata per far uscire il Paese dalla crisi. E fu la parola “sacrificio” a rimanerle bloccata in gola, impedendole di proseguire la frase che stava pronunciando sul blocco delle pensioni.
Consulta: lesi interessi pensionati
Nella sentenza 70 depositata oggi, di cui è relatore il giudice Silvana Sciarra, si legge che «l'interesse dei pensionati, in particolar modo i titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata». Tale diritto, «costituzionalmente fondato, risulta irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio». Secondo la Consulta, le motivazioni indicate alla base del decreto sono blande e generiche, mentre l'esito che si produce per i pensionati è pesante. «Deve rammentarsi - spiega la sentenza - che, per le modalità con cui opera il meccanismo della perequazione, ogni eventuale perdita del potere di acquisto del trattamento, anche se limitata a periodi brevi, è, per sua natura, definitiva. Le successive rivalutazioni saranno, infatti, calcolate non sul valore reale originario, bensì sull'ultimo importo nominale, che dal mancato adeguamento è già stato intaccato».
Superati i limiti della ragionevolezza e proporzionalità
«La censura relativa al comma 25 dell'art. 24 del decreto legge n. 201 del 2011, se vagliata sotto i profili della proporzionalità e adeguatezza del trattamento pensionistico - dice ancora la sentenza - induce a ritenere che siano stati valicati i limiti di ragionevolezza e proporzionalità, con conseguente pregiudizio per il potere di acquisto del trattamento stesso e con irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attività».
Levata di scudi dei sindacati
Immediata la levata di scudi dei sindacati. «È una sentenza che finalmente fa giustizia. Adesso il Governo Renzi restituisca il maltolto a milioni di pensionati» dice il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti, in una nota dopo la pronuncia della Consulta sul blocco delle indicizzazioni. A lui fa eco il segretario generale dello Spi-Cgil Carla Cantone, per la quale «avevamo ragione noi. Il blocco della rivalutazione delle pensioni voluto dalla Fornero era profondamente ingiusto e perfino incostituzionale. Ora è bene sanare questa ingiustizia perché i pensionati meritano di vedere tutelata la propria pensione, così come abbiamo sempre sostenuto fin dal governo Monti».Anche il segretario confederale Cisl, Maurizio Petriccioli attacca: «La decisione della Corte Costituzionale conferma l'iniquità e l'inopportunità di intervenire sulla perequazione dei trattamenti pensionistici al costo della vita che ha come scopo quello di tutelare il potere di acquisto delle pensioni nel tempo e quindi di difendere diritti costituzionalmente protetti ».
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