
Andamento titoli
Vedi altroLe Borse e il petrolio non danno tregua. Il nuovo tonfo questa mattina dei mercati asiatici (con un calo superiore al 3% per Shanghai e Shenzen) e delle quotazioni del petrolio si riflette sul sentiment delle Borse europee, che archiviano un’altra seduta e un’altra settimana in pesante rosso. In netto ribasso anche Wall Street che dimentica così il rimbalzo di ieri.
Wall Street affonda con il petrolio e i timori sulla Cina. Il Dow Jones (15988.08 punti, -2.39%) e lo S&P 500 (1880.29 punti, -2.16%) chiudono ai minimi di agosto. Il Nasdaq chiude ai minimi da 14 mesi (4488.42, -2.74%). Negli Usa la produzione industriale a dicembre è scesa dello 0,4%, peggio delle attese. I prezzi alla produzione sono scesi dello 0,2%. Al netto della voce alimentari ed energia, i prezzi sono saliti dello 0,1%. Il dato e' in linea con le attese degli analisti.
Tra le peggiori c’è Piazza Affari con il FTSE MIB, penalizzato da energetici e bancari e con cali diffusi in tutti i settori, che chiude in picchiata: -3,07 per cento a 19.195 punti. Congelate dagli scambi nel corso della giornata Exor, Banca Mps e Finmeccanica. In precedenza erano andate in asta di volatilità anche Fca e Bper. Pesanti anche le altre banche con Ubi Banca, Unicredit cede il 2,9% e Intesa Sanpaolo il 2 per cento.
Negative pure le altre piazze europee. Si è vanificato dopo pochi minuti il tentativo di rimbalzo di Fca che aveva aperto in positivo dopo i buoni dati sulle immatricolazioni in Europa e come seduta tecnica in seguito ai forti cali di ieri di tutto il comparto dopo che allo scandalo Volkswagen si è unito quello della francese Renault, sotto indagine da parte delle autorità francesi per le emissioni. Il titolo ha ripreso a scendere bruscamente e ha chiuso in calo del 3,2 per cento.
L’euro viaggia sotto 1,09 dollari. Mentre sul mercato obbligazionario lo spread BTp-Bund resta stabile di poco sopra la soglia dei 100 punti base.
Ancora sotto pressione il greggio e dopo un avvio di giornata con il segno meno accelera ancora al ribasso col Brent che torna ancora una volta sotto i 30 dollari al barile. Nel dettaglio, in chiusura a New York il Wti cede 1,7 dollari a 29,42 dollari al barile (-5,8%), fa peggio il Brent che arretra di 1,8 dollari a 29 dollari (-6%). Dietro l’ennesimo scivolone c’è l’imminente fine delle sanzioni internazionali all’Iran, che dovrebbe essere annunciata nel fine settimana: la prima conseguenza sarà l’aumento dell’export iraniano di greggio, che sarà immesso su un mercato mondiale già afflitto da un eccesso di offerta.
Da molti mesi l'oro nero risente del contesto di eccesso di offerta che, tra quello che gli economisti considerano la fine di un «superciclo» delle materie prime, e il collegato rallentamento di molte economie emergenti, ha visto le quotazioni perdere oltre il 70 per cento rispetto ai picchi di metà 2014. A questo ora si aggiunge la stagionale ripresa delle scorte, che negli Stati uniti tendono ad aumentare nei primi quattro mesi dell'anno. Tuttavia stavolta avviene in un quadro in cui si è già alla quasi saturazione delle riserve. In pratica si rischia una situazione in cui non si sa dove stoccare il petrolio, problema che si evidenzia nell'accentuamento del «contango». Si tratta di quel fenomeno in base al quale una stessa merce, con un contratto future, costa maggiormente più avanti con il passare dei mesi, laddove solitamente dovrebbe accadere il contrario. Il Wti che in prima scadenza costa 29,47 dollari in consegna a gennaio 2017 richiede più di 37 dollari. E questo in buona misura a riflesso dei crescenti costi di stoccaggio.
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