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WALL STREET negativa

Piazza Affari sprofonda (-4,8%) con banche e petrolio. Mps crolla

Andamento titoli
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Tempesta perfetta sui mercati in una giornata nerissima. Per le Borse europee in generale e per Piazza Affari in particolare che, all’incertezza e alla volatilità generale che hanno colpito i listini, somma l’estrema debolezza delle azioni del comparto bancario. I dubbi sulla gestione dell’annoso problema dei crediti deteriorati (un fardello da 350 miliardi che pesa sui bilanci) ha alimentato, ancora una volta, un «sell-off» generalizzato sui titoli del credito. Male anche Wall Street, che ha contribuito ad affossare nel finale i listini europei. La Borsa americana - che a metà seduta perdeva il 3% - ha chiuso in territorio negativo: il Dow Jones perde l'1,56% a 15.766,95 punti, il Nasdaq cede lo 0,12% a 4.471,69 punti mentre lo S&P 500 lascia sul terreno l'1,2% a 1.859 punti. Il petrolio a New York chiude 26,55 dollari al barile (-6,71%).

A Piazza Affari, a perdere di più, come accaduto nei giorni scorsi, sono stati i titoli di due istituti in cui il problema della qualità del credito è più stringente: Mps e Carige. Due banche in cui il livello di incidenza di crediti «malati» si attesta al 31,8 e al 24,6% del totale degli attivi (contro una media italiana del 18%). Nella prima mezzora di scambi il titolo Mps non riesce a fare prezzo. Quando finalmente il titolo entra in contrattazioni il ribasso è pesantissimo. Le azioni chiudono gli scambi con un ribasso del 22% in una giornata caratterizzata da raffiche di sospensioni per eccesso di ribasso (14 titoli del Ftse Mib). Per Carige la perdita (-18%) è solo di poco inferiore.

L’avversione al rischio è pesante anche sul mercato obbligazionario. I bond bancari, in particolare quelli subordinati, registrano forti vendite. Sul mercato dei derivati i cds a un anno sui titoli subordinati Mps trattano a 2279 punti base. Il che equivale a dire che un investitore che voglia assicurarsi su 100mila euro di titoli subordinati a un anno della banca senese deve sborsarne più di 22mila. I cds sui bond subordinati della banca senese sono ai massimi storici.

In Borsa non soffrono solo Mps e Carige. È tutto il sistema nel suo complesso a perdere pesantemente terreno. Anche altre banche più «solide patrimonialmente» come Intesa Sanpaolo (-5,8%), Banco Popolare (-10,77%), Unicredit (-7,52%), Mediobanca (-4,01%) e Bper (-7,3%) hanno chiuso in forte calo. A fine seduta l’indice Ftse Mib di Piazza Affari, sceso ieri sotto i 18mila punti, mostra un ribasso del 4,83% con la peggior performance tra i principali listini europei.

In serata la Consob ha deciso di vietare temporaneamente le vendite allo scoperto sul titolo Banco Popolare. Il provvedimento sarà in vigore per l'intera seduta borsistica di domani 21 gennaio 2016.

Ieri e nelle scorse settimane i mercati globali sono stati interessati da una volatilità eccezionale che ha il suo fulcro nel generale timore di un rallentamento (se non una recessione) cinese. E degli effetti che ciò avrebbe sul resto del mondo. Le quotazioni delle materie prime, di cui la Cina è un vorace importatore, sono in prima linea. A partire dal petrolio. Il greggio ha sfondato al ribasso un’altra importante soglia: quella dei 27 dollari al barile.

Il tonfo, in atto da un anno e mezzo, è stato alimentato dal campanello d’allarme suonato dalla Iea, l’agenzia internazionale per l’energia, che ha avvertito che anche quest’anno il mercato sarà caratterizzato da forti squilibri. Con la fine delle sanzioni contro Teheran sul mercato si riverseranno milioni di barili di petrolio iraniano (il ministro dell’energia ha recentemente ordinato un aumento di produzione da 500mila barili al giorno) con l’effetto di aggravare i ben noti problemi di domanda-offerta. «Il calo dei prezzi del greggio è destinato a continuare» ha sentenziato Alex Weber numero uno di Ubs a Bloomberg Tv e lo stesso ha detto Tony Hayward, ceo del colosso minerario Glencore, società che a sua volta deve fare i conti con il crollo dei prezzi del metalli industriali.

Gli indici settoriali dell’Oil&Gas (-5,25%) e delle materie prime (-5,44%) hanno guidato le perdite in una giornata in cui nessun settore è riuscito a schivare la tempesta. A fine seduta il saldo degli indici europei è quello dei giorni peggiori con Francoforte in ribasso del 3,15%, Parigi del 3,84%, Madrid del 3,54% e Londra del 3,46 per cento.

La giornata dei listini continentali è stata preceduta da un’analoga pesante performance delle piazze asiatiche. La Borsa giapponese in particolare ha sofferto. Con il ribasso del 3,7% registrato dall'indice Nikkei, la Borsa di Tokyo è entrata in un “Bear Market”, con una correzione superiore al 20% dai picchi dello scorso giugno. La piazza nipponica, che aveva comparativamente brillato l'anno scorso guadagnando di oltre il 9% - con il Nikkei ai massimi di chiusura annuale da 19 anni oltre quota 19mila - primeggia in negativo da inizio 2016 ed è tornata ai minimi dalla fine di ottobre 2014: proprio il momento in cui la Banca del Giappone (BoJ) stupì positivamente i mercati con un “raddoppio” della sua politica di allentamento monetario quantitativo e qualitativo. Ora la BoJ finisce sotto pressione per introdurre nuove misure espansive già il prossimo 29 gennaio, mentre ieri la Dieta ha approvato una minimanovra di stimoli fiscali all'economia da oltre 28 miliardi di dollari. Pesa sull'azionario nipponico anche la tendenza al rafforzamento dello yen (considerato bene-rifugio in tempi di turbolenze), salito ai massimi da un anno sul dollaro sulla soglia di un cambio a 116 e in avanzata anche sull'euro nelle vicinanze di quota 127.

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