Comunque vada a finire, sarà una giornata storica. Perché alle assemblee della Popolare di Vicenza non si erano mai viste fino a 10mila persone in una volta sola: in tanti, oggi, si sono prenotati - deleghe comprese - per l’assemblea chiamata a decidere la trasformazione in Società per azioni, l’aumento da 1,75 miliardi, la quotazione in borsa. Non è detto che alla fine l’affluenza sia così alta, visto che il clima - meteorologico e non - non è dei migliori. D’altra parte, ai soci tocca bere un calice amaro, amarissimo viste le inevitabili conseguenze sul valore del titolo. Anche perchè l’alternativa che si prospetta, in caso di un successo del “no”, è quella dell’intervento della Banca centrale europea: in una lettera, inviata in settimana e che oggi sarà scandita dal presidente Stefano Dolcetta aprendo i lavori, la Vigilanza ha scritto che se i soci non approveranno i tre punti all’ordine del giorno si riserverà di intervenire. Il “come” non è specificato, ma considerato che la banca è sotto i requisiti minimi patrimoniali da mesi, la prospettiva della risoluzione con relativo commissariamento è da considerarsi dietro l’angolo.
«Non c’è nessun piano B», ha detto ieri il consigliere delegato Francesco Iorio a Il Sole 24 Ore. In pratica, non c’è spazio per chiedere a Francoforte anche solo una dilazione dei tempi o una terapia alternativa, possibilimente meno dolorosa: la Spa serve subito, così come il miliardo e mezzo (più i 250 milioni di brownshoe) di capitale e lo sbarco a Piazza affari, fondamentale per garantire la liquidità del titolo, fare un prezzo e valutare possibili aggregazioni. Che oggi non sono sul tavolo, ma più che altro perché mancano gli elementi per poterne ragionare compiutamente.
Il 19 dicembre, a 50 chilometri da Vicenza, i soci di Veneto Banca si erano trovati di fronte a un bivio analogo, i sacrifici certi o l’incerto, e alla fine il 97,1% degli 11.500 soci presenti (deleghe comprese) aveva detto sì. Il senso di responsabilità invocato da Iorio probabilmente è destinato a prevalere anche oggi, ma non è certo che l’esito sia altrettanto plebiscitario: lo shock, per i 120mila soci della Popolare vicentina, è più recente e per certi aspetti anche più pesante rispetto a quello dei cugini di Montebelluna. Ci sono le inchieste delle procure, che oltre al falso in bilancio potrebbero allargarsi all’associazione per delinquere, ma anche i danni patrimoniali subiti dai soci: basta pensare che la metà dell’esercito dei 120mila è entrata negli ultimi 5 anni, cioè quando il titolo ormai era valutato oltre i 60 euro, periodo in cui la banca ha raccolto 1,8 miliardi con tre aumenti e due convertibili: oggi, sulla carta, il titolo vale il 90% in meno, e quasi certamente si deprezzerà ancora in fase di quotazione. Investimenti bruciati, e spesso finanziati dalla stessa banca: motivo per cui la Bce, prima con le ispezioni che hanno fatto seguito al Comprehensive assessment dell’autunno 2014 e poi con le segnalazioni del nuovo management, ha imposto di congelare 1,1 miliardi di capitale, dal momento che si trattava di azioni acquistate con soldi prestati dalla popolare ai suoi soci.
L’appuntamento, per le 9, è alla Perlini di Gambellara, frazione Torri di Confine. Storicamente il confine era quello tra Verona e Vicenza, che di qui sono perfettamente equidistanti e che proprio dentro ai capannoni Perlini - a due passi dalla sede delle cantine Zonin - due anni fa hanno celebrato l’assemblea congiunta delle proprie associazioni territoriali di Confindustria, un appuntamento storico “benedetto” dal premier Matteo Renzi. Oggi il confine è tra la popolare e la Spa, tra il passato e il mercato.
Non è neanche un caso, forse, che a sedere sul palco davanti all’assemblea dei soci oggi siano solo tre figure della banca: il presidente Stefano Dolcetta, l’amministratore delegato Francesco Iorio e il notaio. Molti dei consiglieri dell’attuale board - che in gran parte provengono dal vecchio Cda presieduto da Zonin - hanno scelto di non presentarsi. Una scelta di opportunità, dettata dalla volontà di evitare di surriscaldare già animi già tesi. Ma anche dal desiderio del management di evidenziare una discontinuità netta rispetto alla precedente gestione.
Del resto, se si guarda al futuro della banca vicentina, la road map appare di fatto già tracciata. Una volta approvato il pacchetto Spa-aumento di capitale-Ipo, l’istituto dovrà convocare una nuova assemblea per l’approvazione del bilancio 2015 (la data che circola ufficiosamente è quella del 26 marzo). A quel punto, potrà scattare l’operazione di aumento di capitale da 1,75 miliardi di euro - che è pre-garantito da UniCredit - e dell’approdo in Borsa, che è atteso verso la seconda metà di aprile. Se tutto filerà liscio,entro fine giugno la banca dovrà convocare una nuova assemblea degli azionisti, cui toccherà la nomina di un nuovo Consiglio di amministrazione, visto che l’attuale board si presenterà dimissionario. Sarà la prima assemblea della nuova Popolare Vicenza, la prima in cui - se oggi i soci voteranno a favore dell’abbandono del voto capitario - non si conteranno più le teste, ma si peseranno le quote.
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