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DOMENICA SUL SOLE : GLI SCENARI dopo la svolta

Pop. Vicenza: dopo fischi e contestazioni, il sì dei soci a Spa, aumento e Borsa

Via libera dei soci alla trasformazione in Spa, all’aumento di capitale e alla Borsa. L’81,9% dei soci ha approvato il primo punto all’ordine del giorno, gli altri due sono passati all’87%. Il voto è arrivato dopo 4 ore di intenso dibattito, in un clima da stadio, tra fischi, applausi e contestazioni agli amministratori attuali (e passati).

L’assemblea della Popolare di Vicenza, chiamata a decidere sulla trasformazione in Spa, sull’aumento e la quotazione si era aperta alle 9 a Gambellara, nei capannoni della Perlini equipment. Ad aprire i lavori il presidente Stefano Dolcetta, accanto a lui il ceo Francesco Iorio e il notaio Piergaetano Marchetti. Assente, invece, gran parte del cda: come anticipato da Il Sole 24 Ore in edicola oggi, il board (in scadenza ma prorogato fino a giugno) ha scelto di disertare l’appuntamento per motivi di opportunità, dal momento che la maggioranza dei consiglieri era già in carica durante la gestione Sorato-Zonin, oggetto di inchieste e della censura della Vigilanza. Molti fischi e contestazioni da parte dei quasi 5800 soci presenti (alle fine l’affluenza finale sarà 11mila persone, deleghe comprese) rivolti all'indirizzo dei vecchi vertici.

Il presidente Dolcetta: senza il sì, il rischio è il bail-in
«Ci troviamo di fronte a una scelta non solo morale ma anche dalle conseguenze giuridiche», ha detto in apertura Dolcetta, prima di dare lettura della missiva inviata dalla Banca centrale europea la settimana scorsa: «I tutti i punti all’ordine del giorno sono diverse facce della stessa medaglia: se non saranno tutti approvati andremo incontro a una perdita di valore non solo delle nostre azioni ma anche degli strumenti di debito, come già accaduto per altre banche in Italia», ha dichiarato il presidente, facendo chiaramente riferimento al salvataggio di Banca Marche, Carife, Etruria e CariChieti, con la cancellazione dei bond subordinati e al potenziale rischio di bail-in.

L’a.d. Iorio: votare no significa regalare la banca
Dopo Dolcetta, l’intervento di Iorio, 17 minuti interrotti a tratti da fischi e a tratti da applausi: «Difficile accettare la situazione che si è venuta a creare. Capisco il senso di tradimento che colpisce tutti voi, di cui mi faccio carico: votare no significherebbe regalare questa banca perché avremmo un valore di realizzo pari a zero». L’a.d. ha anche ricordato che «ridurre gli attivi della banca sotto 8 miliardi (soglia sopra la quale le banche popolari sono obbligate a trasformarsi in Spa, ndr) non sarebbe tecnicamente perseguibile, significherebbe ridurre drasticamente gli impieghi sul territorio».

«Senza il sì, scenari che non voglio ipotizzare»
Il sì alla trasformazione in Spa, aumento di capitale e alla quotazione in Borsa di Bpvi, è fondamentale «nel processo di risanamento» altrimenti «per questa banca si aprono scenari che non voglio neanche ipotizzare, perché non permetterebbero nessuna ripartenza né ripresa di quel valore che oggi è stato abbattuto». Iorio ha quindi escluso categoricamente le altre ipotesi possibili o piani B. «Dobbiamo anche approvare un nuovo statuto - ha detto il manager - Ci sarà la decadenza di tutti gli organi sociali entro giugno. Il nuovo cda vedrà una riduzione dei consiglieri da 18 a 13 e la presenza nel cda sarà possibile solo per persone che hanno requisiti di conoscenza del credito di altissimo livello».

«I fondi sono un’opportunità non un rischio».
Nel corso del suo intervento di risposta ai soci, Iorio ha voluto ribadire con forza i punti espressi in apertura, ricordando che l’aumento di capitale da 1,75 miliardi è «indispensabile», e che l’ingresso dei fondi è «un’opportunità». Il manager ha anche avvertito che con un’eventuale vittoria del no «lunedì non avremo ancora una banca, commissario o meno».

L’ondata di interventi dei soci: 123 richieste
L’assemblea è stata contrassegnata da un’ondata di interventi da parte dei soci. Si sono iscritte a parlare 124 persone, a cui sono stati concessi due minuti a testa, anzichè i tre inizialmente previsti, per contenere i tempi dei lavori assembleari

La rabbia dei soci
Quasi tutti gli interventi dei soci si sono schierati per il fronte del “no” alle proposte del Cda. «Vogliamo che venga chiesto il sequestro conservativo o cautelativo e che i vecchi membri di questo cda abbiano il rispetto di dimettersi», ha detto il socio Alessandro Veggian dal palco. «Avete azzerato i nostri risparmi e la nostra dignità», ha incalzato la socia Annarita Toniollo. «Ci chiedono ancora fiducia, ma come si fa? Alzi la mano chi di voi ha letto la lettera della Bce, chi ha avuto modo di vedere il libro soci, chi ha ricevuto copia del piano industriale prima di questa assemblea!», ha aggiunto Luca Canale. «Un miliardo e 400 milioni di passivo e vogliamo andare in Borsa? Come si fa a percorrere una autostrada con un’auto scassata?», si è chiesta Silvia Segale.

Numerosi gli interventi che hanno ribadito l’interesse per piani alternativi alla quotazione in Borsa, come lo smembramento della Banca per riportarla sotto gli 8 miliardi di capitale. Chi voterà per il “sì”, parla di «dimenticare il recente passato e ricominciare con fiducia, visto che l’alternativa sarebbe il commissariamento», ha detto Silvano Giuliato, che faceva notare che «il vero problema - ha detto Pietro Magadino - è l’aumento di capitale, che deve essere sottoscritto da noi soci, per non svendere la banca agli speculatori esterni e rimanere proprietari dell’istituto». A favore della Spa, dell’aumento e della Borsa, invece, si sono schierati i dipendenti di Popolare di Vicenza. A dirlo è stato Giuliano Xausa, segretario nazionale del sindacato e dipendente dell'istituto. «Come gli oltre 2mila colleghi soci ho acquistato le ultime azioni nel 2014, la comunicazione interna ci diceva che la banca era solida. I dipendenti sono vittime, non complici», ha aggiunto. «Dolcetta e Iorio, portate questo bancane fuori da queste acque tempestose, ma nella salvaguardia di dipendenti, soci e territorio», ha concluso, chiedendo che «il cda se ne vada» e che «sia intrapresa l'azione di responsabilità».

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