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Borse, Wall Street in rialzo sull’effetto Yellen. Europa…

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LA GIORNATA DEI MERCATI

Borse, Wall Street in rialzo sull’effetto Yellen. Europa negativa. Euro oltre 1,13

Wall Street chiude la seduta in rialzo grazie al proseguimento dell'effetto Yellen, al rally del petrolio, al traino del settore industriale e alla volata del titolo FedEx (protagonista della giornata migliore dal 2009 grazie a una trimestrale sopra le stime). Il Dow Jones ha così riportato in positivo il bilancio da inizio anno recuperando quasi duemila punti dai minimi intraday del trimestre in corso toccati il 20 gennaio scorso. Gli investitori continuano a brindare al fatto che la banca centrale americana ieri abbia fatto capire di non avere alcuna fretta di alzare i tassi. E infatti i membri del suo braccio di politica monetaria prevedono nel 2016 due strette e non più quattro come calcolato lo scorso dicembre. Complici anche le misure di stimolo lanciate la settimana scorsa dalla Banca centrale europea, gli investitori scommettono su asset rischiosi. Resta da capire quanto durerà questo trend visto che l'economia globale stenta a crescere. In attesa delle operazioni di compensazione, il Dow Jones ha guadagnato 154,64 punti, lo 0,9%, a quota 17.480,40 ma nel durante era arrivato a guadagnarne 203. Per l'indice delle 30 blue chip e' stato il quinto giorno di fila in positivo. L'S&P 500 e' salito di 13,35 punti, lo 0,66%, a quota 2.040. Il Nasdaq ha aggiunto 11 punti, lo 0,23%, a quota 4.774,98.

Borse europee tutte in netto ribasso all’indomani della decisione della Fed di lasciare i tassi invariati (qui l'andamento degli indici). È soprattutto il settore bancario a perdere terreno. Le vendite sono sostenute in tutta Europa (qui il grafico dell’indice Stoxx bancario) e in particolare in Italia (qui il grafico dell’indice Ftse Italia Banche). I ribassi sul settore bancario controbilanciano i rialzi che hanno interessato il settore Oil&Gas (qui il grafico dell’indice Stoxx energia) e quello minerario (qui l’indice Stoxx Materie Prime) sostenuti dalla ripresa del prezzo del petrolio (qui le quotazioni di Brent e Wti) balzato oltre 41 dollari sulle speranze di un possibile accordo per tagliare la produzione al vertice di Doha, in Qatar, tra i Paesi produttori Opec e quelli fuori dal cartello.

Gli investitori fanno i conti con la decisione della Federal Reserve di mantenere il costo del denaro invariato e con l’annuncio che i ritocchi all’insù del costo del denaro entro la fine dell’anno saranno due e non quattro come invece comunicato a dicembre.

La decisione ha avuto nette ripercussioni sul mercato valutario. Il dollaro infatti si è nettamente deprezzato rispetto alle sue principali controparti come lo yen, il cui rafforzamento ha portato la Borsa di Tokyo a chiudere in calo dello 0,2%, o l’euro risalito oltre quota 1,12 (qui le quotazioni del cambio in tempo reale). La moneta unica è ai massimi da un mese e sopra i livelli raggiunti giovedì scorso dopo la mossa a sorpresa della Bce.

In questo senso peraltro si potrebbe leggere la debolezza delle banche dato che, se le pressioni deflazionistiche dovessero intensificarsi per esempio attraverso il canale valutario, la Bce potrebbe vedersi costretta ad intervire ancora sui tassi. Una decisione che per le banche è fumo negli occhi visti i problemi di redditività derivanti dal contesto generale di tassi negativi. Il presidente Mario Draghi ha escluso di voler intervenire ancora sul costo del denaro al direttivo Bce di settimana scorsa ma è chiaro che se il contesto si dovesse fare particolarmente difficile potrebbe essere costretto a rivedere le proprie posizioni. È peraltro probabile che gli investitori, con l’ondata di vendite di oggi, abbiano voluto monetizzare il rally registrato dalle azioni delle banche nell’ultima settimana (+3% la performance dell’indice settoriale europeo e +6% quello italiano).

La mossa della Fed ha ripercussioni anche sui rendimenti dei titoli di Stato. Il calo dei tassi dei Treasury americani innescato dalla decisione dei banchieri centrali ha avuto infatti effetti a cascata sui rendimenti dei Bund (qui il grafico del titolo decennale tedesco) molto gettonato al pari di tutti gli altri titoli governativi dell’area euro (qui i principali tassi governativi in Europa).

La frenata delle Borse e del settore bancario peraltro fa pensare che, nonostante una iniziale reazione positiva, gli investitori stiano iniziando a soppesare meglio il messaggio della banca centrale Usa. «La Fed si trova in un vicolo cieco - sostiene Didier Saint-Georges, managing director e membro del comitato investimenti di Carmignac - dal momento che nessuna politica monetaria disponibile è ottimale. Normalmente l'inflazione “core” (cioè depurata delle componenti più volatili come cibo ed energia ndr.) e i livelli di disoccupazione dovrebbero portare Janet Yellen a continuare la stretta sulla politica monetaria per non cadere dietro la curva. Ma i tempi non sono normali: l'economia americana sta iniziando a mostrare segni di rallentamento, rimane indebitata, fragile, in particolare per un dollaro più forte e una più debole economia cinese; le pressioni deflazionistiche globali rimangono forti. I mercati potrebbero ancora trovare qualche conforto nelle posizioni dovish della Fed, ma dovrebbero aprire gli occhi alla realtà economica retrostante».

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