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Perché Soros punta sull’oro e vende il 37% delle sue azioni

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da wall street al lingotto

Perché Soros punta sull’oro e vende il 37% delle sue azioni

I guru della finanza non vanno più d’accordo sull’oro e forse neppure sulle sorti dell’economia mondiale. John Paulson nel primo trimestre ha continuato a ridurre l’esposizione al metallo, di cui è stato a lungo uno dei fans più accaniti. George Soros per la prima volta da tre anni è invece tornato a scommettere sul lingotto, come parte di una strategia più vasta che sembra improntata a un forte pessimismo.

Il patrimonio gestito della Soros Fund Management è calato del 37% nel primo trimestre, a 3,5 miliardi di dollari, soprattutto per effetto della chiusura di posizioni, e sono comparse scommesse ribassiste sui listini azionari.

Da tempo George Soros denuncia i rischi derivanti dalla Cina, che ha dilatato eccessivamente i debiti per sviluppare la sua economia. In gennaio aveva dichiarato di considerare un hard landing «praticamente inevitabile» per Pechino. Adesso, a giudicare dalle comunicazioni alla Sec della sua società di fondi, sembra essere passato all’azione. La Soros Fund Management è in fuga dai listini azionari: non solo è calato il gestito, ma tra gli asset hanno fatto capolino opzioni ribassiste su 2,1 milioni di quote dell’Spd r 500 Etf Trust, che ricalca l’andamento dell’indice S&P 500, per un valore nominale di 431 milioni di dollari al 31 marzo.

La società del miliardario di origine ungherese in compenso è tornata a investire nell’Spdr Gold Trust, il maggiore Etf sull’oro, di cui nel 2013 aveva liquidato tutte le quote: in portafoglio ora ne sono comparse 1,05 milioni, il doppio di quelle cedute tre anni fa, per un valore di 123,5 milioni di dollari. Non solo. Soros è diventato anche azionista di Barrick Gold, il maggiore produtture aurifero mondiale, con una quota dell’1,7%, da 264 milioni. Si tratta del singolo maggiore investimento quotato negli Usa e appare ancora più rilevante alla luce del ritiro dalle Borse.

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Mentre Soros tornava sull’oro, la Paulson & Co di John Paulson stava d’altra parte continuando a liquidare quote dell’Spdr Gold Trust, tanto da scivolare al terzo posto tra i sottoscrittori, dopo BlackRock e First Eagle Investment. Le quote sono state ridotte a 4,8 milioni, pari all’1,67% del fondo, dopo un taglio del 17% che ha seguito uno del 37% nel trimestre precedente. Anche la partecipazione in AngloGold Ashanti è stata ridimensionata.

Paulson ha bisogno dell’Spdr Gold Trust per la sua linea di fondi denominati in oro. Ma è stato anche un grande sostenitore del metallo dal 2009, convinto che avrebbe beneficiato degli stimoli monetari della Fed. La sua scommessa ha pagato più che bene: l’oro ha guadagnato il 70% tra dicembre 2008 e giugno 2011 e Paulsono nel solo 2010 si è messo in tasca una plusvalenza di 5 miliardi di dollari, un colpo addirittura superiore a quello che l’aveva reso famoso nel 2007, quando aveva guadagnato 4 miliardi puntando contro la bolla immobiliare statunitense.

Gli aggiustamenti in portafoglio, emersi dalle comunicazioni periodiche dei fondi alla Sec, sono avvenuti durante un trimestre eccezionale per il metallo giallo:  il prezzo, che in dicembre era sceso ai minimi da 5 anni, ha recuperato il 17% tra gennaio e marzo, la migliore performance dal 1986. La domanda - trainata proprio dagli investimenti in Occidente - è salita del 21% a 1.290 tonnellate secondo il World Gold Council, un record per il primo trimestre (si veda il Sole 24 Ore del 13 maggio).

Il rally dell’oro è proseguito anche nei mesi successivi, ma dopo un picco oltre 1.300 dollari l’oncia all’inizio di maggio le quotazioni hanno ripiegato intorno a 1.270 $. Paulson potrebbe essersi convinto che la tendenza rialzista non durerà. A rilanciare le quotazioni in effetti sono stati quasi esclusivamente gli investimenti, che - a meno di ulteriori fasi di instabilità sui mercati - potrebbero sgonfiarsi, a maggior ragione se la Fed finalmente rialzerà i tassi di interesse. Dopo i 30 milioni di once accumulati dagli Etf nei primi 4 mesi dell’anno, servirebbero acquisti netti per altri 12-13 milioni di once per portare il prezzo dell’oro a 1.400 $ secondo Tom Kendall di Icbc Standard Bank, che tuttavia si chiede: «È realistico aspettarsi che il patrimonio degli Etf torni a 65-70 milioni di once senza altre mosse rilevanti di politica monetaria in Occidente?».

Nemmeno Soros è comunque isolato nella sua riscoperta dell’oro. Dalle comunicazioni alla Sec emerge che anche Eton Park Capital Management e Jana Partners hanno investito nell’Spdr Gold Trust nel primo trimestre. Ma a far riflettere è soprattutto la scommessa su Barrick. La società aurifera - che ha ridotto di un terzo i debiti, tagliato all’osso i costi e svalutato asset per miliardi di dollari - ha raddoppiato di valore in Borsa nel primo trimestre e gudagnato un ulteriore 39% dopo il 31 marzo. Analoga pulizia di bilancio negli ultimi 4 anni l’hanno fatta anche molti concorrenti e l’intero settore ha corso ben più dell’oro nel 2016. Riuscirà a fare ancora meglio? 

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