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Alla vigilia dell’Opec petrolio in equilibrio intorno a 50 dollari

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vertice a vienna

Alla vigilia dell’Opec petrolio in equilibrio intorno a 50 dollari

  • –di Sissi Bellomo

Sono lontani i tempi in cui le ipotesi sulle possibili mosse dell’Opec facevano discutere gli analisti e sobbalzare il mercato. In attesa del vertice di domani a Vienna, il petrolio continua a muoversi poco, intorno a 50 dollari al barile: un livello dove le quotazioni sembrano aver ritrovato equilibrio, dopo l’eccezionale recupero che le ha risollevate di oltre l’80% dai minimi da 12 anni, infilando quattro mesi consecutivi di rialzo, una serie positiva che non si vedeva dal 2011.

L’ANDAMENTO DEL PETROLIO
Quotazioni Wti da inizio anno

Dall’Opec, che non ha nemmeno più un tetto di produzione, nessuno si aspetta nulla. Un taglio è un’eventualità davvero remota, a maggior ragione dopo il rally che finalmente - anche se in modo tardivo - sembra dimostrare l’efficacia della dolorosa strategia saudita: l’offerta di greggio in effetti ha iniziato a calare, benché non solo a causa dei prezzi bassi, ma anche per una lunga serie di difficoltà produttive che, dal Canada alla Nigeria, hanno tolto dal mercato quasi 4 milioni di barili al giorno.

«Siamo ottimisti, perché il mercato sta correggendo al rialzo», ha dichiarato il ministro degli Emirati Arabi Uniti Suhail al-Mazroui, rompendo per primo il silenzio dopo l’arrivo nella capitale austriaca.

Dall’orizzonte dell’Opec sembra scomparso anche il piano per congelare le estrazioni di petrolio, che aveva tenuto il mercato in fibrillazione per mesi prima del clamoroso naufragio a metà aprile delle trattative di Doha. L’Iran, ora che ha recuperato i livelli produttivi pre-sanzioni, ha ritirato la disponibilità a partecipare al piano e la Russia, che a parole si proclamava pronta a collaborare con l’Opec, adesso sostiene che è inutile vista la risalita dei prezzi. Il ministro dell’Energia russo, Alexander Novak, peraltro non è stato nemmeno invitato al vertice di Vienna (anche se il giorno dopo incontrerà a Mosca il suo omologo qatarino Mohamed al-Sada).

Il copione del vertice di domani non è comunque già scritto. L’attenzione di tutti si concentra sul debutto del nuovo ministro saudita, che dopo un quarto di secolo ha spodestato Ali al-Naimi, un’icona del mondo del petrolio. Khalid al-Falih si trova già da lunedì nella capitale austriaca, dove è stato tra i primi ad arrivare, ed è stato visto al quartier generale dell’Opec: una sollecitudine interpretata come un segnale di attenzione verso l’organismo, che sarebbe davvero condannato al tramonto in caso di disimpegno dei sauditi.

Il rischio è concreto. Da quando l’Arabia Saudita ha concentrato le politiche energetiche (e non solo quelle) nella mani del principe Mohammed bin Salman, l’Opec non è più centrale per le sue strategie. Riyadh ha varato un piano ambizioso per attenuare la dipendenza dal petrolio entro 15 anni e lo stesso al-Falih è ministro dell’Energia, dell’industria e delle risorse minerarie, non solo ministro del Petrolio come al-Naimi. Per i sauditi, osserva Ed Morse di Citigroup, «il petrolio è diventato strumento delle politiche internazionali e di quelle interne». «Al Naimi ha passato molti anni a lavorare in modo collaborativo con l’Opec - aggiunge Gary Ross di Pira Energy - Con la nuova politica, i sauditi vengono prima».

Se ci sarà qualche sorpresa dal vertice di domani, più che un taglio potrebbe essere un esplicito aumento della produzione di petrolio (cosa che del resto l’Iran e i Paesi del Golfo Persico stanno già facendo da mesi). Il principe bin Salman aveva d’altra parte dichiarato che Riyadh è in grado di mettere sul mercato un milione di barili al giorno in più, rispetto agli attuali 10,2 mbg, nel giro di un mese.

Almeno in parte l’Opec potrebbe comunque riuscire a rammendare la sua immagine malconcia, riuscendo finalmente a nominare un nuovo segretario generale, al posto del 76enne libico Abdallah El Badri, che è scaduto nell’incarico dal 2012 ma non è mai stato sostituito per l’impossibilità di accordarsi sul nome del successore.

Si dice che all’ultimo vertice, lo scorso dicembre, i ministri dell’Organizzazione avessero dedicato oltre 3 ore di discussione al tentativo di risolvere almeno questa impasse. Alla fine si erano arresi anche su questo punto, come su tutti gli altri. Stavolta potrebbe andare meglio. La scelta infatti non è più tra un candidato iraniano, un saudita e un iracheno, terzetto che dal punto di vista politico faceva scintille, ma c’è anche il nigeriano Mohammed Barkindo - ex ceo della Nigerian National Petroleum e veterano dell’Opec, di cui fu segretario generale ad interim nel 2006, prima dell’insediamento di El Badri - che potrebbe essere percepito come neutrale, mettendo tutti d’accordo.

Per ogni decisione tuttavia l’Opec richiede un voto unanime. E tanto per complicare le cose adesso ci sono anche un candidato venezuelano, Ali Rodriguez, e uno indonesiano, Mahendra Siregar.

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