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Bce, in Italia 87 miliardi di obbligazioni acquistabili

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il nuovo QE

Bce, in Italia 87 miliardi di obbligazioni acquistabili

La manna dal cielo arriva per pochi. Per i big. Con la speranza, però, che si estenda indirettamente anche alle piccole e medie imprese. Sono infatti solo 26 le aziende italiane che sul mercato hanno già oggi obbligazioni con le caratteristiche necessarie per essere acquistate dalla Bce. Si tratta di alcuni grandi gruppi della Penisola (da Terna ad Enel, da Telecom Italia a Hera, da Acea a Luxottica come si vede nel grafico) che attualmente hanno obbligazioni acquistabili dall’Eurotower per un importo intorno a 87 miliardi di euro. Ovvio che la Bce non le comprerà tutte. Ma, in linea teorica secondo i calcoli fatti per il Sole 24 Ore da alcune primarie banche italiane ed internazionali, questo è il bacino attuale di corporate bond italiani su cui Mario Draghi potrà potenzialmente operare in Italia.

Ora che la Banca centrale europea inizia a comprare obbligazioni emesse da aziende, oltre ai titoli di Stato, non resta che porsi alcune domande: che impatto avrà questa novità di politica monetaria sull’economia reale italiana? Si avvantaggeranno solo i grandi gruppi oppure i benefici, almeno indirettamente, arriveranno a tutti? Cosa cambierà nella gestione finanziaria delle aziende? E nell’atteggiamento degli investitori? Insomma: questa volta i benefici arriveranno all’economia reale o resteranno sui mercati finanziari? Queste sono le domande che (tenendo comunque presente che l’obiettivo della Bce è di stampare moneta e di aumentare la liquidità per combattere la deflazione) è giusto porsi. Proviamo a rispondere.

EFFETTO BCE SUGLI SPREAD DEI BOND AZIENDALI EUROPEI
Indice iBoxx. Non financial corporate investment grade. Spread sul tasso swap

Effetti sulle grandi imprese

Per i big italiani l’impatto di questa nuova manovra della Bce è senza dubbio positivo. Da quando Draghi ha annunciato l’intenzione di comprare corporate bond, il 10 marzo scorso, i rendimenti medi delle obbligazioni aziendali con rating superiori a «BBB-» sono scesi bruscamente in tutta Europa: se il 9 marzo questi titoli erano in media costretti ad offrire rendimenti pari a 1,69 punti percentuali sopra il tasso swap, ora possono pagare 1,33 punti percentuali di spread. Questo significa che le imprese grandi, quelle che possono accedere al mercato delle obbligazioni, possono oggi indebitarsi risparmiando interessi. E le previsioni - per esempio quelle di Marco Valli, economista di UniCredit - sono per un’ulteriore riduzione.

Questo sta aiutando le grandi aziende a gestire il proprio debito in maniera sempre più efficiente. Sempre più big europei, sfruttando proprio la finestra di opportunità aperta dalla Bce con questa operazione, stanno per esempio emettendo nuove obbligazioni (con tassi bassi e durate più lunghe) per ricomprare vecchi bond (a tassi alti e più brevi): fino ad oggi - secondo i dati di Societé Générale - l’hanno fatto 11 gruppi europei, tra i quali figura l’italiana Enel. «Queste operazioni permettono alle imprese di sfruttare l’attuale livello basso dei tassi d’interesse per ridurre il costo e allungare la durata del debito - osserva Antonio Guadagnino di Societé Générale -. E permettono loro anche di gestire al meglio la liquidità corrente». Tutto questo è positivo. Ma fin che questa maggiore disponibilità di finanziamenti a basso costo non si tradurrà in investimenti veri da parte delle grandi imprese, è ovvio che l’esercizio - sebbene comunque favorevole - rischia di produrre solo metà effetto. E di non portare vero sviluppo per tutti.

Effetti sulle Pmi

Se sui big l’impatto della manovra della Bce è ovvio, meno scontato è l’effetto sulle piccole, piccolissime e medie imprese. Quelle che sul mercato dei bond non ci possono andare. Quelle che il credito bancario ancora lo vedono con il binocolo: stima una recente indagine di Cna e Kpmg, che alle banche non conviene erogare crediti di importo inferiore ai 30mila euro, perché i costi superano i ricavi nell’era dei tassi a zero. Ebbene: la manovra della Bce arriverà, almeno indirettamente anche a loro?

Le premesse per essere fiduciosi, secondo alcuni, ci potrebbero essere. «Il programma della Bce sui corporate bond potrebbe portare forti benefici anche alle imprese più piccole - osserva il chief eurozone economisti di UniCredit Marco Valli -. Non solo per l’effetto generale di abbassamento dei tassi, ma anche per motivi indiretti. Se le grandi imprese troveranno sempre più conveniente finanziarsi sul mercato dei bond, le banche avranno più risorse per le Pmi». Risorse, continua Valli, che aumentano potenzialmente anche per via dei finanziamenti ultra-agevolati (chiamati Tltro) che la Bce avvierà presto a favore delle banche.

Questa è la speranza. Ma nulla più di una speranza. Innanzitutto perché le banche hanno sempre più vincoli (imposti in gran parte dalla stessa Bce), che rendono l’erogazione di credito soprattutto alle piccole imprese molto costoso in termini di capitale. Inoltre perché la montagna di crediti deteriorati (360 miliardi lordi in Italia) lega le mani agli istituti di credito. Infine perché al sistema bancario non bastano le risorse (che già abbondano): serve capitale e convenienza economica a erogare credito anche ai più piccoli imprenditori. Morale: fin che il sistema economico italiano resta così bancocentrico e finché le banche non tornano in pieno a erogare credito, il rischio è che per le Pmi arrivino ancora una volta solo le briciole.

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