Finanza & Mercati

Uragano Brexit sui mercati: in una settimana perdita del 2,4%

  • Abbonati
  • Accedi
L’approfondimento

Uragano Brexit sui mercati: in una settimana perdita del 2,4%

Il conto alla rovescia per il referendum sulla Brexit è partito. Mancano meno di due settimane a giovedì 23 giugno, giorno in cui il Regno Unito va alle urne per decidere se intende rimanere tra i 28 Paesi che fanno parte dell’Unione europea, oppure rompere gli accordi rievocando il 1992 quando uscì di forza dal Sistema monetario europeo abbandonando quel sistema di cambi semi-rigido. In questo caso non è in ballo direttamente la valuta (l’Inghilterra è nell’Ue ma non nell’euro) ma l’impianto degli accordi che i Paesi membri dell’Ue condividono.

Impianto che qualora saltasse avrebbe comunque ripercussioni sulla sterlina. Non a caso la divisa britannica è sotto pressione da inizio anno avendo perso il 7% nei confronti dell’euro e il 3% sul dollaro. Nella seduta di venerdì la volatilità implicita sulla sterlina è balzata del 23,7%, i livelli più alti da gennaio 2009. Nell’ultima seduta la sterlina ha ceduto l’1,4% sul biglietto verde, segnando il calo intraday più consistente degli ultimi quattro mesi, accentuandolo dopo un sondaggio che indicava un recupero di 10 punti del fronte “Leave” capitanato dall’ex sindaco di Londra Boris Johnson, con il 55% degli elettori favorevoli all’uscita dalla Ue.

A favore della Brexit giocano anche i due grandi eventi che si consumano in questi giorni: l’ondata di orgoglio patriottico per le celebrazioni del 90esimo compleanno della regina Elisabetta (e il 95esimo del principe Filippo) e l’inizio dell’avventura della nazionale di calcio inglese a Euro 2016. «Va considerato che i reali non si sono espressi- spiega Gianluca Beccaria, analista di Directa Sim -. E se si arriva al testa a testa fino alla fine non è da escludere una presa di posizione indiretta della famiglia reale che potrebbe inviare un messaggio implicito a favore della permanenza». Il valzer delle dichiarazioni di peso è partito nei giorni scorsi. Ieri ha parlato Jacob J. Lew, ministro del Tesoro degli Usa: «Vedo solo conseguenze economiche negative da un eventuale voto per Brexit».

In ogni caso l’incertezza potrebbe continuare a farla da padrone sui mercati anche domani alla riapertura delle Borse, che cominciano a ritenere possibile la Brexit. Venerdì l’indice Ftse-100 della City ha subito il calo peggiore (-1,86%) dall’inizio della campagna referendaria. Forte pressione anche sui listini europei che nell’ultima settimana hanno perso il 2,8%, colpiti dal settore bancario (già sotto pressione per crediti deteriorati e aumenti di capitale; a Piazza Affari poi tiene anche banco il riassetto di UniCredit). Settore che peraltro sarebbe tra i primi a risentire della confusione iniziale che scaturirebbe da una rottura tra la Gran Bretagna e la Ue. Rottura che avrebbe strascichi lunghi considerato che l’articolo 50 del Trattato di Lisbona prevede che uno stato membro, prima di uscire dalla Ue, contratti per due anni, rinnovabili, le nuove condizioni con Bruxelles. «I mercati hanno paura dell’ignoto e la Brexit porrebbe molti punti interrogativi - sottolinea Davide Biocchi, vincitore del premio Top trader di Borsa Italiana -. In questo momento sono fragili con volumi molto bassi. Ma basta che salgono un po’, come accaduto venerdì, per mandare le Borse in tilt. Fino al referendum la volatilità aumenterà».

Nel dubbio gli investitori si stanno riposizionando sui beni rifugio. Nell’ultima settimana il tasso del Bund a 10 anni è scivolato a 0,017%, il decennale giapponese a -0,155%. In questo clima da avversione al rischio, forti acquisti anche sull’oro che ha toccato quota 1.274 dollari l’oncia. Da inizio anno per il bene rifugio per eccellenza (perché protegge dall’inflazione) siamo a +20%. Nonostante dell’inflazione non si veda neppure l’ombra.

© Riproduzione riservata