A parte il Monte dei Paschi, ampiamente sottosoglia ma già d’accordo con la Vigilanza per ritornarci sopra con una terapia d’urto, le italiane escono a testa alta dagli stress test 2016. Il risultato era nell’aria e ieri alle 22 è stato puntualmente confermato dall’Eba: Intesa Sanpaolo figura tra le prime della classe in Europa e unica tra i big a essere sopra la soglia Srep, Banco Popolare e Ubi nella fascia alta e UniCredit più indietro ma comunque con un Common equity tier 1 al di sopra del 5,5% considerato “di sicurezza” nello scenario sotto stress.
Perché questo, di fatto, era il numero più atteso tra le centinaia di indicatori forniti per ognuna delle 51 banche esaminate. Come noto, lo stress test era una prova sotto sforzo prospettica, teorica e senza automatiche richieste di ricapitalizzazione da parte della Vigilanza (cioè la Bce), ma l’attenzione era rivolta alla capacità di resistenza a fine 2018 del capitale di vigilanza - sottoforma di Cet1 - a uno scenario di shock, cioè il combinato disposto - si spera ipotetico - del crollo del Pil, e con esso del mercato immobiliare, della fiducia dei risparmiatori e di altre variabili.
Eccezion fatta per il Monte, le quattro banche italiane si sono tenute ben lontane dal famigerato 5,5%. Intesa Sanpaolo, come detto, ne esce a testa alta con un Cet1 transitional al 10,24% nello scenario avverso al 2018. È ovviamente inferiore al 12,98% riportato al 31 dicembre scorso, ma quasi il doppio della soglia critica del 5,5% e anche superiore al 9,5% attualmente in vigore come requisito Srep: nella sostanza, è come un atleta capace a fine maratona di un elettrocardiogramma superiore ai livelli minimi richiesti a riposo. Intesa tra i primi 15 grandi gruppi europei è l’unico che si vede sopra soglia Srep nello scenario avverso. E ovviamente è più che confortante anche il Cet1 nello scenario base (12,83%), cioè quello conforme alle previsioni della Commissione europea.
Dopo Intesa segue il Banco Popolare. Partendo dai dati al 31 dicembre 2015, con Cet1 al 13,15%, e quindi al netto dell’aumento di capitale (effettuato nel 2016), il Cet1 scende al 9,05% sotto shock e al 14,61% nello scenario base: «La resilienza e la solidità dimostrata dal Banco Popolare sotto le condizioni imposte dagli scenari dello stress test 2016 sono confermate», sottolinea il gruppo in una nota. Da notare che attualmente la soglia Srep è dl 9,55%. Poi c’è Ubi: per la ex popolare, che al 31 dicembre partiva da un Cet1 fully loaded dell’12,08% e da una soglia Srep del 9,25%, lo scenario avverso impatta di 323 punti base e porta il Cet1 all’8,85%, mentre in quello base sale al 13,01%.
Infine, UniCredit. Il gruppo ora guidato da Jean Pierre Mustier vedeva un Cetl al 31 dicembre del 10,59% e una soglia Srep del 9,75%: la prova sotto sforzo vede scendere l’indicatore di 347 punti al 7,12%, nello scenario base sale all’11,57%. Immediata la nota del gruppo: «Sulla base dei risultati dell’esercizio, che costituiranno un riferimento rilevante per il processo di revisione prudenziale 2016 - si legge - UniCredit lavorerà con la Bce per capire fino a che punto azioni manageriali credibili possano compensare parte dell’impatto dello scenario avverso, per valutare l’impatto dei risultati su piani di capitale forward looking di UniCredit e la sua capacità di soddisfare le necessità di fondi propri e per determinare se siano necessarie ulteriori misure o modifiche del piano di capitale di UniCredit».
La partita degli stress test ha interessato peraltro anche la restante 80ina di banche sotto la Vigilanza Ssm (tra cui una decina di italiane), su cui la Bce ha condotto in autonomia un esame “semplificato” one-to-one, i cui risultati – di cui gli istituti sono da giorni già a conoscenza - in teoria non sono di diffusione obbligatoria. È facoltà, però, darne comunicazione da parte dei singoli, ed è così che Mediobanca ieri sera ha subito provveduto ad alzare il velo sui suoi risultati, definiti «ottimi»: nello scenario avverso al 2018, l’impatto sul Cet1 è di 94 punti base, con il coefficiente phase-in che passerebbe dal 12.40% (dicembre 2015) all’11.46% (dicembre 2018), livello «largamente superiore» al requisito Srep attualmente pari all’8.75%. Per quanto riguarda le altre, secondo quanto risulta Bpm si troverebbe vicina ai prossimi partner del Banco, e non distante figurerebbe Bper; male le due venete, anche se i risultati sono pochi rilevanti visto che calcolati al netto degli aumenti.
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