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Dopo il caso Coop Centro Italia-Mps: ecco la finanza «ardita»…

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svalutazioni per 814 milioni in 5 anni

Dopo il caso Coop Centro Italia-Mps: ecco la finanza «ardita» delle Coop italiane

(Imagoeconomica)
(Imagoeconomica)

Ora che il disastro è di fatto compiuto, si chiedono i danni. In prima fila nella richiesta di ristoro nei confronti di Mps, spunta la Coop Centro Italia che ha chiamato in giudizio la banca e la Consob reclamando danni per 137 milioni per il suo investimento nella banca senese. Investimento che, come è noto, per tutti gli azionisti è stato di fatto bruciato. E che quell'investimento sia stato gravoso lo dicono i numeri. Buona parte delle perdite per 100 milioni cumulate dalla Cooperativa dal 2012 al 2014 sono frutto delle svalutazioni proprio delle azioni Mps. Solo nel 2014 le azioni della banca senese in portafoglio sono state svalutate per 67 milioni. E in totale dal 2012 al 2014 le rettifiche finanziarie hanno superato i 140 milioni, azzerando di fatto la redditività industriale.

Ma quel che non si dice nella richiesta danni è che Coop Centro Italia non era solo azionista di Mps, è stata per molto tempo anche debitrice della banca. Una sorta di doppio ruolo azionista e cliente che si è visto ahimè in molte situazioni di crisi bancarie dove gli interessi del socio e del cliente si sovrapponevano in un dubbio gioco di interessi confliggenti. La Cooperativa nel 2014 aveva in corso mutui con Mps Capital Service per 13 milioni, con scadenza 2020. E altri 32 milioni di mutuo con Banca Toscana (sempre del gruppo Mps), con scadenza al 2018. Nel corso del 2015, come si legge nel bilancio, la Coop Centro Italia rimborsa anticipatamente il mutuo da 32 milioni, ma tra i debiti spunta un nuovo mutuo fresco fresco con Mps capital service da 65 milioni. A fine 2015, quindi, tra vecchi e nuovi prestiti l'esposizione verso la banca senese complessiva ammonta a 78 milioni. È quasi la metà dell'intera esposizione bancaria della cooperativa.

Vien da chiedersi se il dazio amaro pagato dall'ingresso nel capitale della banca come azionista sia stato in parte compensato da tassi di favore sui mutui. Non sarà capitato certamente ma quel ruolo scomodo di socio e importante cliente non è da sottovalutare. Ma non c'è solo Mps tra gli investimenti azzardati della Cooperativa. La società è pure socio della Banca Popolare di Spoleto, finita commissariata e infine acquisita dal Banco di Desio. Anche quell'investimento ha prodotto perdite per la catena di supermercati.

Non un caso isolato, ma la regola
L'incidente di Coop Centro Italia non è né un caso isolato, né un'eccezione. Rappresenta la regola per il sistema delle cooperative italiane, che fanno della finanza un business parallelo a quello tipico del loro mandato naturale, quello delle catene di supermercati. Basti ricordare l'altro caso che si è rivelato fonte di gravissime perdite per la più grande delle Coop italiane. La Unicoop di Firenze, storico socio di Mps per anni, ha immolato sull'altare della banca di Siena la bellezza di oltre 200 milioni di perdite prima di uscire dall'azionariato. E poi, il buco da 54 milioni per la svalutazione delle azioni di Banca Carige detenute da Coop Liguria.

Del resto è l'intero sistema delle Cooperative di consumo italiano ad aver scelto la strada della finanza, spesse volte arrischiata o meglio indotta da intrecci politico-corporativi come proprio modus vivendi. Più che supermercati grandi holding finanziarie. Lo dicono i numeri. Il sistema Coop, un colosso da 11 miliardi di fatturato, finanziato con oltre 10 miliardi dai soci clienti tramite il prestito-soci, che di fatto fa da banca all'universo cooperativo, da anni è in difficoltà nel suo business caratteristico. Gestire i supermercati è un'attività che non fa guadagnare.

Come documenta R&S Mediobanca il margine operativo netto (cioè la gestione tipica) viaggia almeno dal 2010 a percentuali sul fatturato vicine a zero. Quel poco più del 2% di utili netti sul fatturato che il sistema produce non vengono dalla gestione dei supermercati, ma dalla finanza.

Senza investimenti quindi le Coop non sarebbero remunerative. E però non sarebbe questo il loro mestiere. Inoltre, peccato che molti di questi investimenti si siano rivelati dei boomerang come nel caso di Mps o Carige. Buon per i banchieri delle Coop avere ritorni da titoli di Stato e altre obbligazioni. Ma a guardar bene si potrebbe fare di più con meno rischio.

Negli ultimi 5 anni, come ancora documenta R&S Mediobanca, l'intero sistema delle Coop ha realizzato proventi dalla finanza per oltre un miliardo, ma ha subito svalutazioni (perdite) sempre dalla finanza per ben 814 milioni. Il saldo positivo è quindi alla fine ben poca cosa. Bastava investire in un fondo bilanciato, anziché in banche politicamente contigue, per avere ritorni ben più elevati e con meno rischio.

O bisognerebbe piuttosto rendere più remunerativa la gestione dei supermercati. La finanza, anche quella ardita, non servirebbe più a far quadrare i conti.

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