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Mediaset accelera sulla lite con Vivendi su Premium

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Mediaset accelera sulla lite con Vivendi su Premium

Mediaset valuta la richiesta di procedura d'urgenza ex articolo 700 per il contenzioso con Vivendi su Premium, la pay-tv che i francesi non vogliono più comprare. L'obiettivo è quello di ottenere una prima udienza in autunno, rispetto alla data del 17 febbraio 2017, già assegnata in via ordinaria e, negli auspici del Biscione, di precostituire così uno scenario in cui sia plausibile arrivare a sentenza di primo grado nel giro di sei mesi.
Uno scenario di guerra (legale) che ha valenza anche cautelativa per il gruppo televisivo della famiglia Berlusconi, dato che si avvicina la scadenza del 30 settembre alla quale, secondo i francesi, il contratto di compravendita su Premium non sarebbe più valido, mentre per gli italiani sì – insomma, un contenzioso nel contenzioso – quando ancora non si profila una soluzione concreta per risolvere la situazione.

Non è escluso neppure che, sempre in quest'ottica, Mediaset possa avviare qualche azione anche in Francia, visto che Vivendi è un gruppo quotato in Borsa che, nella rivendicazione dell'emittente di Cologno Monzese, non sta onorando un contratto che invece è vincolante. Nel frattempo, da quando sono emerse pubblicamente le difficoltà sul fronte Premium, il titolo Mediaset ha ceduto terreno in Borsa con un calo dell’8,67% dal 26 luglio scorso che ha evidenziato una sottoperformance sia rispetto all’indice FtseMib di Piazza Affari (+3,6% nello stesso periodo), sia rispetto all’indice Stoxx dei media europei(+2,55%).

Ciononostante ambienti parigini riferiscono che comunque i contatti non sono stati interrotti sul fronte Mediaset Premium. Non si capisce se in forma diretta o mediata visto che - a quanto risulta – sia Mediobanca sia Tarak Ben Ammar, che era stato il sensale dell'accordo ora messo in discussione, si starebbero spendendo in un tentativo di ricomposizione, anche se i ragionamenti in corso sarebbero ancora in uno stadio preliminare e un accordo, dunque, non a immediata portata di mano.

Sulla carta, un'ipotesi per uscire dall’impasse sarebbe quella di coinvolgere un terzo soggetto nell'azionariato di Premium – ancora in rosso, con la prospettiva di break-even solo nel 2018 (anche questa oggetto di contestazione da parte francese) - di modo che la pay-tv non debba essere consolidata da nessuno, né più da Mediaset, ma nemmeno da Vivendi. A logica, la pista porterebbe a Telecom Italia (già partecipata da Vivendi con una quota che sfiora il 25%), la quale però non pare per nulla interessata, come ha chiarito senza mezzi termini l'amministratore delegato del gruppo telefonico, Flavio Cattaneo, negli ultimi incontri con la stampa, dato che accordi commerciali per la distribuzione dei contenuti di Mediaset Premium già ci sono e, nell'ottica dell'incumbent delle tlc, tanto basta.

Mediaset spera ancora in un ripensamento dei francesi, che invece di imbarcarsi in un contenzioso con richieste di danni miliardari possano decidere di onorare il contratto così come impostato originariamente. Operazione che prevedeva uno scambio azionario del 3,5% reciproco tra Vivendi e Mediaset, valutando Premium, per differenza, 760 milioni. Ma gli analisti a questo punto avanzano dubbi sul fatto che si possano cancellare con un colpo di spugna le discussioni degli ultimi mesi, anche perchè nel frattempo (il 9 giugno scorso) l’Antitrust francese ha bocciato la proposta di Canal Plus (la pay-tv di Vivendi che di suo sul mercato domestico è in profondo rosso) di rilevare Bein sports, il gruppo del Qatar che detiene diritti del calcio in Francia, costringendo in qualche modo la media company guidata da Arnaud de Puyfontaine a ripensare le sue strategie.

Secondo indiscrezioni diffuse, che però non trovano conferme ufficiali, ci sarebbe anche un non perfetto allineamento tra il presidente di Vivendi, Vincent Bolloré, che ha condotto le trattative con la famiglia Berlusconi e il team operativo che ha poi lavorato sul dossier Premium. Il rischio, con le criticità sollevate dai consulenti dei francesi nella fase di esame post conclusione dell’intesa, sarebbe quello di dover procedere a una svalutazione dell’asset non appena entrato nel perimetro di consolidamento, dopo che Vivendi ha difeso il prezzo di carico dell’altra importante partecipata italiana, Telecom, definendone la perdita di valore, in termini di quotazioni borsistiche, “non duratura”.

Se, dunque, non si dovesse arrivare a una soluzione industriale condivisa potrebbe anche farsi avanti l’ipotesi di un accordo extragiudiziale - che qualcuno (ma non se ne conosce la patermità) avrebbe anche ventilato - per annullare il contratto di compravendita a fronte di una “break up fee” per compensare il mancato acquisto (un precedente è il caso Gm-Fiat). In questo scenario non sarebbe da escludere il ritorno in campo di Sky - che finora non risulta però essere tornata alla carica - per unificare sotto la stessa proprietà (Antitrust permettendo)la pay-tv in Italia. Ubs, in un report di inizio settimana, caldeggia questa ipotesi che presenterebbe, a giudizio degli analisti della banca elvetica, indubbi vantaggi per entrambi i gruppi. Contatti tra la famiglia Murdoch e la famiglia Berlusconi c’erano stati nel recente passato, ma non si era trovato l’accordo sul prezzo. Mediaset valutava Premium 1,1 miliardi, Sky non avrebbe voluto pagare più di 600 milioni. Se però, dal divorzio pre-nozze con Vivendi, Mediaset ricavasse qualche forma di risarcimento monetario i prezzi di domanda e offerta potrebbero avvicinarsi.

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