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Ecco perché le banche centrali sono ostaggio dei mercati

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Lo scenario

Ecco perché le banche centrali sono ostaggio dei mercati

I mercati azionari sono tornati in modalità “bad news is good news”. Ovvero sono tornati a salire quando dall’economia arrivano notizie cattive (rallentamento della crescita, diminuzione dell’inflazione, fiducia dei consumatori in calo, indice Pmi sotto la soglia di espansione, ecc.). Secondo questa modalità le cattive notizie economiche sono foriere di nuovi interventi espansivi da parte delle banche centrali. Interventi che non sono altro che nuova liquidità che va a finire sui mercati obbligazionari (sia di titoli governativi che di titoli aziendali) con l’effetto di ridurre i rendimenti dei bond (sia nella parte breve che in quella lunga della curva dei rendimenti). Il calo dei rendimenti dei bond spinge poi i gestori alla ricerca di rendimenti e a direzionare i capitali su asset più remunerativi più rischiosi come le azioni.

Si spiega in questo modo perché Wall Street viaggi oggi sui massimi storici con l’indice S&P 500 che ha quasi triplicato il suo valore dal 2009, da quando la Federal Reserve ha avviato per prima il programma di acquisto titoli (conosciuto anche come quantitative easing). Dal 2009 sono in netto rialzo anche le Borse europee (+80%) nonostante la Bce abbia avviato solo nel 2015 il programma espansivo.

Il punto è che le banche centrali, a suon di misure espansive, sembrano oggi entrate in un vicolo cieco. L’uscita sarebbe quella di poter tornare alla normalità, cioè di poter portare il costo del denaro intorno al 2-3 per cento. Invece oggi i tassi sono pressoché a 0 (-0,1% in Giappone, 0 per l’Eurozona, 0,25% in Inghilterra e 0,25%-0,5% negli Usa) e si fa davvero fatica a riportarli in su.

In Giappone e Gran Bretagna si parla addirittura di nuovi tagli. L’unica banca centrale che sta provando a normalizzare i tassi è quella che per prima li ha azzerati e per prima ha iniziato a inondare i mercati di liquidità, creando quel vicolo pericoloso che oggi sembra diventato cieco.

Ma la Fed (e a ruota anche le altre banche centrali) sembra ostaggio dei mercati, più che una gamba in grado di sostenerli nei momenti di difficoltà. Quest’anno avrebbe dovuto alzare i tassi quattro volte (secondo le previsioni del governatore Janet Yellen) e invece al momento siamo ancora a 0. Le previsioni indicano che ci sono al momento il 55%di possibilità di un rialzo a dicembre. Ma si tratta di previsioni che lasciano il tempo che trovano e peraltro già in passato fin troppe volte agevomente smentite dalla realtà.

«La verità è che è impossibile stimare oggi le probabilità di un rialzo dei tassi a dicembre negli Usa perché non si conosce ancora chi sarà il nuovo presidente (a novembre ci saranno le elezioni per la Casa Bianca, ndr) - spiega un analista finanziario -. Quindi quel 55% in realtà non vuole dire granché e potrebbe sgretolarsi in poche ore dopo le elezioni».

La sensazione è che la Fed abbia già perso il momento storicamente più propizio per procedere seriamente verso la stretta. «Con il rinvio di settembre la Fed potrebbe aver perso il momento migliore per un rialzo - commenta Gianluca Beccaria, analista di Directa Sim -. Se non ha alzato i tassi ora che la disoccupazione è al 4,8% sarà sempre più difficile farlo in futuro quando il Pil dovrebbe crescere meno». In effetti le previsioni sull’andamento dell’economia americana indicano un rallentamento della crescita ( le società hanno previsto un calo del 2% degli utili nel trimestre in corso).

«La Fed fa fatica ad alzare i tassi perché è ormai ostaggio dei mercati - continua Beccaria -. E di questo le prove non mancano. Solo nel 2016 ci sono stati due fortissimi segnali in questa direzione. A inizio anno fino a metà febbraio ci sono state violentissime vendite, proprio dopo che la Fed aveva ipotizzato quattro rialzi. E poi a inizio settembre quando sono bastate le parole da “falco” di uno dei membri della Fed, David Rosenberg, per far scendere Wall Street in una sola giornata del 2,7 per cento. Un ribasso molto violento per una Borsa che ci ha abituato in questi mesi a fluttuazioni bassissime, paragonabili a quelle di un mercato obbligazionario».

Ergo, non appena la Fed paventa l’ipotesi di una stretta sui mercati ci sono forze che rispondono in modo violento. Lanciando alla Fed una sorta di “minaccia”. Finora la Fed ha sempre ceduto a queste “minacce” rimangiandosi parole e dichiarazioni orientate al rialzo dei tassi. Non si sa fino a quando durerà questo tira e molla tra Fed e mercati. Quel che è certo è che il solo fatto che i mercati siano oggi in grado di spaventare la Fed attraverso un’azione di trading concertata e finanziariamente violenta indica che la Fed, e a catena anche le altre banche centrali, non è più libera di decidere. Come accade, appunto, a chi è in ostaggio.

twitter.com/vitolops

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