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Milano, Porta Vittoria fallisce sotto 400 milioni di debiti

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Il nuovo crack di danilo coppola

Milano, Porta Vittoria fallisce sotto 400 milioni di debiti

(Agf)
(Agf)

Un nuovo (forse l’ultimo?) capitolo della lunga saga di Danilo Coppola, l’ex immobiliarista rampante dei primi anni Duemila, uno degli ultimi “furbetti del quartierino” -,secondo l’ormai celebre definizione di Stefano Ricucci - rimasti sulla scena si è chiuso. Con l’ennesimo crac da 400 milioni di debiti.

Ieri il tribunale di Milano ha infatti dichiarato il fallimento di Porta Vittoria spa, la società riconducibile a Coppola, nel frattempo arrestato a Milano lo scorso maggio e ora da poche settimane ai domiciliari (per motivi di salute), revocando l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, come era stato richiesto dai pm di Milano Giordano Baggio e Mauro Clerici.

La decisione è arrivata dopo che i giudici si erano riservati al termine dell'udienza del 15 settembre scorso. La società avrebbe un passivo di circa 400 milioni di euro a fronte di un patrimonio netto ormai negativo per oltre 100 milioni da tempo. Porta Vittoria spa si sta occupando dello sviluppo immobiliare della zona a est del centro di Milano con un progetto da 142mila metri quadrati che comprende abitazioni, uffici, spazi commerciali e un albergo. Tutto in gran parte già edificato.

L’ammissione al concordato preventivo era stata decisa nell’aprile scorso con il tribunale che di fatto in questo modo all’epoca aveva respinto le istanze di fallimento depositate della procura e dei principali creditori che sono il Banco Popolare, la Colombo costruzioni e la Ipi.

La proposta di concordato da parte dei legali di Porta Vittoria spa era stata depositata in tribunale l’8 gennaio 2016, dopo una domanda di pre-concordato del 4 settembre 2015. I giudici avevano ammesso la società alla procedura nell’aprile scorso, quando già pendevano l’istanza di fallimento dei pm Baggio e Clerici e dei principali creditori: il Banco Popolare (esposto per circa 218 milioni), la Colombo Costruzioni (per circa 39 ) e il gruppo Ipi, di cui in passato era stato azionista lo stesso Coppola. Dopo le istanze di fallimento, tuttavia, era ripartito un dialogo tra la società e i suoi creditori, tanto che è stata tentata anche la strada della ristrutturazione del debito ex articolo 182 bis. Una soluzione che si era rivelata percorribile, per esempio, nel caso della Risanamento dell'immobiliarista Luigi Zunino.

I magistrati hanno poi presentato istanza di revoca dell’ammissione alla procedura di concordato preventivo e i giudici della seconda sezione civile del tribunale di Milano, la sezione fallimentare, l’hanno accolta, decretando ieri il fallimento definitivo della società. E proprio il dissesto finanziario di Porta Vittoria spa rientrava già nel fascicolo di indagine della procura di Milano che ha portato all'arresto di Danilo Coppola il 25 maggio scorso per le accuse di bancarotta e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. L’accusa di bancarotta per l’immobiliarista riguarda anche i fallimenti di Gruppo Immobiliare 2004 e Mib Prima. Coppola, che dal primo settembre si trova agli arresti domiciliari, sarà processato con rito immediato a partire dal 17 novembre prossimo, davanti ai giudici della seconda sezione penale del tribunale di Milano, anche se vorrebbe tentare di chiudere la vicenda prima di andare in aula con un patteggiamento.

Fine corsa quindi per l’imprenditore romano più volte salito agli onori delle cronache giudiziarie e finito agli arresti nel lontano 2007, sempre con l’accusa di bancarotta. Quella del concordato sul progetto immobiliare milanese di Porta Vittoria strappato da Coppola questa primavera è stata quindi una vittoria di Pirro. Più una sorta di presa di tempo per tenere lontani i creditori che un piano credibile per ultimare i lavori, procedere alle vendite e così ristorare la massa dei creditori in attesa del rientro dei loro esborsi. Lo si evince dai documenti in possesso de Il Sole24ore che dimostrano come il piano per concludere il progetto non fosse in realtà mai partito effettivamente. Per poter fare ripartire i lavori e completare l’opera (bonificando l’area attigua a quella già edificata) e dare il via alle vendite e con gli incassi pagare i creditori serviva una finanza ponte da 5,5 milioni. A denunciare il ritardo è stato il collegio dei tre curatori: della finanza ponte arrivano solo 2 milioni, anziché i 5,5 attesi. La ragione? Due le ipotesi. La prima: Porta Vittoria Spa non avrebbe fornito a Banca Arner tempestivamente le controgaranzie necessarie. La seconda: dopo l’arresto di Coppola il 25 maggio scorso, la banca svizzera si sarebbe elegantemente “sfilata” dall’affare. Non solo. A fine giugno la società non aveva ancora acquisito il possesso del cantiere e stipulato il contratto di appalto con la Cvl di Legnano.

E infine fatto ancor più grave, la società non ha mai fornito al Comune di Milano le garanzie fidejussorie per 12,5 milioni di euro a copertura delle opere standard del progetto. Ora la parola ai curatori. Ritardi e omissioni tali da pregiudicare la tempistica del piano concordatario. E da rendere del tutto aleatorie le promesse di poter finire i lavori e dare il via alle vendite all’inizio del 2017. È in queste condizioni con una massa debitoria complessiva lievitata fino a ieri a oltre 460 milioni e un attivo “sulla carta”, dato che il progetto non è ultimato di soli 360 milioni, che i giudici hanno detto stop. Fine corsa(l’ennesima) per le ambizioni di Coppola.

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