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Borse asiatiche ko con Tokyo a -5,4%, fuga verso i beni rifugio

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La giornata dei mercati

Borse asiatiche ko con Tokyo a -5,4%, fuga verso i beni rifugio

TOKYO - Terremoto sulle Borse asiatiche e sui mercati valutari per la prospettiva di una presidenza Trump, con oscillazioni molte violente e l'avvio di una fuga degli investitori verso asset-rifugio come oro (+3,36% a 1.318,47 dollari) e yen. Dollaro in discesa, con l’euro che risale a 1,229 (+1,84%) in apertura. Europa verso tonfo: future Eurostoxx 50 a -4%. Future Usa in forte calo: -5%. La suspense sull'esito delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti fa sì che a un iniziale sollievo per le effimere indicazioni su un leggero vantaggio di Hillary Clinton sia seguito il diffondersi di una atmosfera di panico tra gli investitori in vista di uno scenario di protratta instabilità politica, economica e finanziaria.

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La Borsa di Tokyo ha guidato i tonfi in Asia dei mercati azionari, chiudendo con l'indice Nikkei in picchiata del 5,36% (- 919,84 punti) a 16,.251,54 punti, dopo aver iniziato le contrattazioni in rialzo dell'1,5% quando ancora sembrava in vantaggio la Clinton. Trend analogo, anche se meno esasperato, nelle altre piazze azionarie asiatiche, con la Borsa australiana in perdita del 2,1% e quella sudcoreana in diminuzione di circa il 3%. Nella fase finale delle contrattazioni Hong Kong perde circa il 3,5% mentre le piazze cinesi cercano di contenere il rosso sotto l'1 per cento.

È una replica più drammatica di quanto successo nelle ultime settimane e nei giorni scorsi, quando l'indice Nikkei ha oscillato a volte con una certa violenza, piegando al ribasso ogni volta che le chanches di vittoria di Donald Trump apparivano in aumento. Una dinamica legata alle escursioni in senso contrario dello yen, che e' considerato un bene rifugio e tende a rafforzarsi alla prospettiva di un aumento delle turbolenze sui mercati finanziari internazionali. Oggi lo yen ha iniziato debole, a un cambio di 105,25 sul dollaro (minimo da fine ottobre), ma poi si e' improvvisamente rafforzato di quasi il 3% fin sotto la soglia di 101. Tanto che gia' in tarda mattinata lo stesso portavoce del governo giapponese, Yoshihide Suga, ha minacciato interventi sul mercati dei cambi se lo yen dovesse apprezzarsi in modo troppo rapido e forte: torna, insomma, l'”interventismo verbale” delle autorità di Tokyo, che potrebbe preludere anche a eventuali e controverse mosse dirette. Un vertice straordinario tra il Ministro delle Finanze Taro Aso e il governatore della banca centrale Haruhiko Kuroda è iniziato in coincidenza con la chiusura della Borsa. Intanto il dollaro, anche se relativamente debole nei confronti di altre principali valute (a partire dall'euro), è balzato di oltre il 7% sul peso messicano. In calo, invece, I prezzi petroliferi (Wti a 44 dollari), mentre l'oro spot e' balzato fin del 4%.

Timori su yen e tpp
Proprio le incertezze sulle future politiche economiche Usa in caso di affermazione di Trump - che ha espresso un atteggiamento più protezionista sul fronte commerciale e tendenzialmente favorevole a un dollaro più debole - inducono vari analisti a pronosticare un forte apprezzamento dello yen, che avrebbe effetti depressivi sul mercato azionario nipponico se il tycoon dovesse prevalere. Per contro, una vittoria della Clinton e' giudicata dai più favorevole a un supporto tecnico-politico per il biglietto verde e, più in generale, appare tendenzialmente stabilizzante per i mercati, visto che non dovrebbero esserci novità e sorprese sostanziali quando Obama lascerà la Casa Bianca. Senza shock, l'economia Usa viene considerata in grado di proseguire la sua ripresa consentendo alla Fed di procedere all'atteso rialzo dei tassi, che dovrebbe avere tra gli effetti collaterali un indebolimento dello yen gradito alla Corporate Japan. Il trend di apprezzamento dello yen rispetto a un anno fa si sta riflettendo negativamente sugli utili delle grandi imprese giapponesi, penalizzando in particolare le società esportatrici (da ultimo, ieri Toyota ha annunciato un quasi dimezzamento degli utili nell'ultimo trimestre). Ecco allora che oltre il 70% dei direttori finanziari di aziende giapponesi considera l'eventuale elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti come la principale “minaccia” sul breve termine per l'economia statunitense e, per estensione, per i mercati finanziari internazionali e per la Corporate Japan: e' il risultato di un sondaggio condotto da Deloitte Tohmatsu tra oltre un centinaio di Cfo di societa' nipponiche, per lo più quotate. Il 72% degli interpellati vede come un rischio per l'economia Usa la possibilità che Trump voglia introdurre drastiche misure di cambiamento nelle politiche economiche.

Circa la metà dei direttori finanziari nipponici, inoltre, esprime timori per le politiche commerciali di una presidenza Trump, dopo che il candidato si e' schierato decisamente contro la Trans-Pacific Partnership (Tpp: accordo di libero scambio tra 12 Paesi della regione Asia-Pacifico). Non e' un caso che il governo Abe abbia cercato a tutti i costi di far passare la ratifica della Tpp prima del risultato delle elezioni Usa, in modo da creare un punto fermo contro eventuali richieste di modifica (in campagna elettorale anche la Clinton si e' espressa in termini molto problematici sull'attuale testo della Tpp). Ma - dopo un accelerato passaggio in commissione parlamentare - il voto di ieri alla Dieta sulla Tpp e' stato rinviato per l'ostruzionismo dell'opposizione, ai ferri corti con il ministro dell'Agricoltura Yamamoto dopo alcune sue gaffes.

Sale il surplus giapponese.
Oggi e' stato anche reso noto che nel semestre aprile-settembre il surplus delle partite correnti in Giappone risulta ai massimi dal 2007, ossia dalla vigilia della crisi finanziaria globale. Lo indicano i dati rilasciati stamane dal Ministero delle Finanze di Tokyo, secondo cui il surplus semestrale ha raggiunto i 10.360 miliardi di yen (ben 99 miliardi di dollari circa), con un aumento del 20,5% sullo stesso periodo dell'anno precedente. Il surplus commerciale nel semestre e' stato di 2.995 miliardi di yen, nonostante un calo del 10,9% dell'export. L'import e' infatti crollato del 19,8% per lo più a causa del calo dei prezzi petroliferi (-37% il valore dell'import di greggio).
Il surplus delle partite correnti giapponese a settembre si e' attestato a 1.821 miliardi di yen, il massimo per questo mese dal 2010. Una dinamica legata soprattutto al declino del 17,5% delle importazioni connesso ai prezzi più bassi del petrolio, che ha contribuito in modo decisivo a generale un surplus commerciale di 642,4 miliardi di yen (9 volte superiore a quello di un anno fa). Tuttavia lo yen più forte ha compresso del 10% l'income surplus (i guadagni dagli investimenti effettuati all'estero) a 1.507 miliardi di yen (-14,1% a 9.259 miliardi di yen su base semestrale).

Previsioni da rifare. Un altro segnale relativamente positivo arriva dall'indice composito degli indicatori coincidenti (un barometro dello stato corrente dell'economia): a settembre e' salito di 0,2 punti, specie grazie a un aumento dell'export di beni durevoli verso il Nord America. Tuttavia l'indice degli indicatori-guida (che tende a pronosticare le condizioni economiche dei prossimi mesi) e' in calo di 0,4 punti.
Ma questi dati hanno ormai un valore relativo. La prospettiva di una forte instabilita' dei mercati finanziari internazionale e di uno yen piu' forte appare destinata a pesare sulle aziende giapponesi. Basti pensare che solo ieri Toyota aveva rivista al rialzo le sue proiezioni sull'utile di fine esercizio in quando aveva ipotizzato uno yen legermente piu' debole rispetto al precedente scenario. Trump presidente rimette tutto in discussione, prima ancora di entrare alla Casa Bianca.

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