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Ciclone Trump, è lui il presidente. A Wall Street i listini accelerano. Obama parla alla nazione

NEW YORK - Donald Trump è il quarantaciquesimo presidente degli Stati Uniti. L'imprenditore miliardario ha vinto una delle battaglie elettorali più difficili e controverse che gli Stati Uniti abbiano mai conosciuto. Hillary Clinton, la candidata democratica sulla cui vittoria tutti i sondaggi scommettevano, ha chiamato il vincitore e ammesso la sua sconfitta nel cuore della notte americana.

«Ho appena ricevuto una telefonata da Hillary Clinton, vorrei farle le mie congratulazioni, ha combattuto con tutta se stessa. Ha lavorato sodo e le dobbiamo una grande gratitudine». Queste le prime parole del neo-presidente eletto. Seguite da un appello all'unità, a ricomporre divisioni e ferite, più rassicuranti per gli americani dei toni accesi della campagna elettorale. «Prometto che sarò il presidente di tutti gli americani», ha aggiunto dall’Hotel Hilton di New York, quartier generale dei Repubblicani.

Mentre i primi commenti preoccupati cominciavano ad arrivare dalle cancellerie europee, in primis dalla Germania, Trump ha anche cercato di rassicurare gli alleati dicendo: «Con il mondo cercheremo alleanze, non conflitti. Gli Stati Uniti andranno d’accordo con tutti coloro che vorranno andare d’accordo con noi». E ha ribadito: «Mi metterò subito al lavoro per il popolo americano. Voglio dire alla comunità internazionale che se metteremo gli interessi dell’America dinanzi ci comporteremo in maniera giusta con le altre nazioni».

Il messaggio di Obama
«Una transizione di potere pacifica è il marchio della nostra democrazia», lo ha detto Barack Obama parlando dalla Casa Bianca. Il presidente ha sottolineato come «ora dobbiamo fare il tifo per il successo di Trump per unire e guidare il Paese». Obama ha accolto la mano tesa del neoeletto. «Dobbiamo ricordare - ha detto il presidente americano - che siamo prima di tutto una squadra sola: americani, patrioti e vogliamo il meglio per questo paese. L'ho sentito dire dal signor Trump ieri sera e sono stato colpito dalle sue parole: servono rispetto delle istituzioni, del nostro modo di vivere, della legge e per il prossimo. Spero che (Trump) manterrà questo spirito durante la transizione». Obama ha avuto parole di elogio per la sconfitta, Hillary Clinton. «Sono orgoglioso di Hillary, della sua campagna. Non poteva essere un migliore segretario di stato. E la sua candidatura ha fatto la storia».

La reazione dei mercati
I future sull’indice di Borsa Dow Jones hanno perso oltre il 3% e sulle piazze valutarie il peso messicano ha ceduto l’8% sul dollaro. L’indice Nikkei di Tokyo è sprofondato di oltre il 5 per cento. Le quotazioni dell’oro, bene rifugio per eccellenza, si sono impennate di oltre il 2 per cento. Con il passare delle ore, però, il crollo temuto non si è materializzato. Anzi, le Borse europee hanno proceduto in calo di 1-2 punti percentuali prima di girare in positivo dopo l’apertura di Wall Street, partita incerta per poi puntare decisamente al rialzo verso metà seduta. Una reazione molto diversa rispetto allo shock post referendum su Brexit del 23 giugno.

Trump eletto presidente
Il successo di Trump - con almeno 289 grandi elettori rispetto ai 270 necessari - ha superato ogni attesa e l’enorme incertezza generata dalla sua vittoria ha scosso i mercati. Trump, in un clima di divisione e pessimismo nel Paese fotografato dagli exit poll, ha dimostrato una forza nettamente maggiore delle previsioni in numerosi Stati chiave e indecisi a cominciare dalla Florida, che ha vinto di un punto percentuale, incrinando le certezze della vigilia della Clinton. Anche in Virginia ha sfidato a lungo ad armi pari la rivale, che dava per sicuro lo Stato.

Trump è passato in netto vantaggio nella notte in North Carolina, un altro Stato incerto, in Wisconsin, Stato che i repubblicani non vincevano da tempo, ed è partito di scatto in Michigan, che avrebbe dovuto al contrario favorire Clinton. Ha poi vinto in Ohio e anche in Pennsylvania. Questi exploit si sono aggiunti ai successi accumulati nel Sud e negli stati centrali del Paese. Clinton ha invece dovuto accontentarsi delle roccaforti del Nordest, da New York al Massachusetts, e del suo Stato nativo, l’Illinois.

La battaglia per il controllo del Congresso ha a sua volta visto il partito repubblicano mantenere la maggioranza sia alla Camera che al Senato. Per il Senato tre seggi in Indiana, Florida e North Carolina che i democratici avevano sperato di conquistare sono stati difesi dai conservatori. Una vittoria ha invece arriso il Illinois a Tammy Duckworth, veterana dell’Irak che ha sconfitto il senatore repubblicano uscente Mark Kirk. I democratici avevano però bisogno di strappare quattro seggi per avere la maggioranza.

Gli americani alle urne: 140 milioni hanno scelto tra Clinton e Trump

CHI HA VOTATO PER TRUMP

Trump ha potuto contare sul voto bianco, soprattutto maschile, meno istruito e più anziano. Si è aggiudicato in particolare i bianchi senza laurea con un vantaggio di due a uno. Clinton è stata invece appoggiata dai bianchi con laurea, le donne sopratutto non sposate, le minoranze etniche afroamericane e ispaniche, queste ultime andate al voto in numeri record, e gli elettori più giovani. Clinton aveva votato fin dalla mattinata a Chappaqua, la cittadina dei sobborghi newyorchesi dove risiede. E, mostrando fiducia, aveva professato “umiltà” al cospetto delle urne e “speranza di vincere”. Trump, dopo aver imbucato tra le strette di mano la sua scheda presso la Scuola Pubblica N. 59 di Manhattan, aveva parlato al canale televisivo Fox per promettere sorprese: «Mi affermerò in molti Stati». E aveva denunciato come «sbagliati di proposito» i sondaggi che, giunti al D-Day elettorale, davano la rivale in vantaggio di percentuali tra 3 i 6 punti su scala nazionale.

Lunghe code ai seggi, da una costa all’altra del Paese, hanno dato conto di una partecipazione molto elevata per calare il sipario su una delle più combattute battaglie presidenziali della storia, segnata da toni aggressivi, scandali e colpi bassi. Un sipario calato senza incidenti, ma su una scelta tra candidati agli antipodi: tra Hillary Clinton, la democratica che ambiva a diventare la prima donna Commander in chief degli Stati Uniti, e Donald Trump, costruttore diventato politico e grande outsider per eccellenza. Segno di passioni e tensioni, alla vigilia avevano già votato con procedure anticipate in oltre 43 milioni, un record assoluto pari a un terzo dei forse 140 milioni di americani attesi alle urne.

La lunga notte del voto Usa
I due candidati avevano terminato la loro corsa con un vero e proprio sprint per fare appello ai loro elettori. Avevano attraversato gli Stati Uniti dal New Hampshire alla Pensylvania, dal Michigan al North Carolina e al Minnesota. Clinton, la mattina del voto, era reduce da un rally aggiunto in extremis a Raleigh in North Carolina, dopo un evento organizzato in prima serata a Philadelphia con la partecipazione di Bruce Springsteen e di Barack e Michelle Obama. Il messaggio: ottimismo per il futuro, per raccogliere l’eredità della coalizione multiculturale di Obama. Trump, sul podio fino alla notte fonda di lunedì a Grand Rapids in Michigan nel cuore della Rust Belt dopo una tappa in New Hampshire, si era invece ancora una volta fatto paladino dei lavoratori bianchi delusi, di ceti popolari in difficoltà economica e stanchi della politica tradizionale, oltre che dei repubblicani. «Non avremo più una simile occasione, un simile movimento popolare». Alla fine gli americani hanno ascoltato il suo appello.

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