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verso il vertice

Petrolio, Opec al rush finale per coinvolgere Iran e Iraq nei «tagli»

L’unica certezza sul prossimo vertice Opec è che sarà un vertice lungo e difficile. Ad appena una settimana dall’appuntamento, cruciale per i mercati petroliferi, l’Organizzazione dei paesi esportatori di greggio non è riuscita a superare tutti gli ostacoli che la separano dal mettere in pratica i tagli di produzione concordati due mesi fa ad Algeri (si veda il Sole 24 Ore del 29 settembre).

Molti problemi in realtà sembrano essere stati risolti. E il petrolio Brent, già in recupero da qualche giorno, ieri si è spinto fino a sfiorare 50 dollari al barile sull’onda delle notizie incoraggianti da Vienna, dov’era in corso una riunione tecnica dell’Alto comitato incaricato di ripartire i tagli tra i vari paesi dell’Opec. A conclusione dell’incontro, tuttavia, sono intervenute ulteriori indiscrezioni secondo cui Iran e Iraq - da sempre riottosi a collaborare - non erano ancora stati convinti.

Il ministro degli Esteri iracheno, Ibrahim Al Jaafari ha anche dichiarato apertamente che «non sarebbe giusto» chiedere a Baghdad di frenare le estrazioni mentre è impegnata nella campagna militare contro lo Stato Islamico.

Altre resistenze, secondo Reuters, sarebbero venute dall’Indonesia, paese rientrato solo l’anno scorso nell’Opec dopo una lunga autosospensione legata al fatto che ormai da tempo produce sempre meno petrolio, tanto da non riuscire più a soddisfare i propri consumi interni.

A preoccupare davvero sono comunque Iran e Iraq, che gli altri membri dell’Organizzazione dovranno rimettere in riga - sia pure solo formalmente, in modo da salvare la faccia - entro una settimana, molto probabilmente con trattative che si trascineranno fino all’ultimo minuto, durante la riunione plenaria dei ministri il 30 novembre.

Una settimana è un tempo brevissimo. Ma anche un tempo lunghissimo dal punto di vista dei mercati, che - c’è da scommetterci - continueranno ad essere supervolatili fino a quando l’Opec non avrà comunicato ufficialmente la sua decisione (che, come da statuto, dovrà essere unanime).

La volatilità è stata estrema anche nella seduta di ieri. Il Brent, dopo essersi spinto in rialzo di oltre il 2%, fino a 49,96 dollari, è passato in territorio negativo per poi risalire e chiudere a 49,12 $/barile (+0,5%). Andamento simile per il Wti, che ha però concluso sotto la parità, a 48,03 $ (-0,4%).

Eppure le cose sembravano mettersi bene all’Opec. Un piano d’azione presentato dall’Algeria, che ancora una volta ha dimostrato preziose doti di leadership, aveva trovato l’accordo della maggior parte dei paesi del gruppo. E non si trattava di un piano di poco conto, perché prevedeva tagli di produzione del 4-4,5% per tutti, con l’eccezione di Nigeria e Libia, per sei mesi a partire da gennaio.

Si tratterebbe di un taglio compreso tra 1,256 e 1,417 milioni di barili al giorno, secondo i calcoli effettuati dal Sole 24 Ore impiegando le ultime cifre di fonte secondaria pubblicate dall’Opec, che per ottobre danno un’output complessivo per i 14 membri di 33,643 mbg. Prendendo quest’ultimo come base per la riduzione si arriverebbe (in linea del tutto teorica) a 32,2-32,4 mbg: addirittura oltre l’obiettivo che l’Opec si era data al vertice di Algeri, che era di riportare la produzione a 32,5-33 mbg.

A mettere in fibrillazione il mercato, provocando l’ennesima ondata di ricoperture da parte dei fondi di investimento, erano state ieri mattina le dichiarazioni di un delegato della Nigeria, Ibrahim Waya. «Certamente saliranno tutti a bordo», aveva annunciato a proposito dell’ipotesi di accordo per tagliare la produzione. Compresi Iran e Iraq? «Ho detto tutti - era stata la replica - Tutti sanno che la posta in gioco è troppo alta».

Alla fine un’intesa, magari di facciata, potrebbe anche saltar fuori. Ma era praticamente impossibile aspettarsi un’assenso immediato a tagli del 4-4,5% da parte dell’Iraq e ancora di più dell’Iran, al quale ad Algeri era stato prospettato un trattamento di favore.

Un altro problema, sullo sfondo, è rappresentato dalla Russia, che continua ad offrirsi di «congelare» e non di tagliare la produzione insieme all’Opec. Alla delegazione di Mosca - concui il gruppo ha fissato un icontro a Vienna il 28 novembre, due giorni prima del vertice - non sarà peraltro possibile presentare nessun accordo preconfezionato.

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