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Dossier È esagerato il pessimismo dei mercati sul referendum

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Dossier | N. 118 articoliReferendum costituzionale

È esagerato il pessimismo dei mercati sul referendum

I catastrofici scenari che si dipingono, se vincesse il «no» al referendum costituzionale del 4 dicembre, potrebbero essere un tantino eccessivi. Quanto meno potrebbero essere state esagerate le conseguenze sui mercati finanziari. La sensazione s’è colta da qualche giorno tra alcuni economisti e strategist delle maggiori società d’investimento italiane e ieri s’è un poco riflessa tra gli operatori dei titoli di Stato e della Borsa. Non a caso lo spread del Btp è rimasto sostanzialmente stabile e il rendimento è un poco sceso, ma Piazza Affari ha avuto un discreto guizzo, in particolare grazie ai titoli bancari: quelli più sensibili all’eventualità di una instabilità politica dopo il referendum.

Paradossalmente questo apparente ripensamento o, meglio, ammorbidimento del pessimismo imperante, s’è notato dopo l’articolo di Wolfgang Münchau che, sulle colonne del Financial Times, ha prospettato l’affermazione dei populismi e l’uscita dall’euro dell’Italia in caso di vittoria del «no». Il mondo finanziario anglosassone non ènuovo a questi giudizi taglienti,specie quando in questione sono la politica e l’economia italiana e i destini della valuta comune. Basta leggere i commenti di gran parte degli investitori americani per avereun’idea di quanto schematiche ed omologate siano le loro analisi e come ineluttabili appaiono le conseguenze.

Mettere insieme Brexit, Trump, l’eventuale no al referendum italiano, come se fossero una sequela della medesima natura, è esercizio a dir poco approssimativo: perché la reazione popolare nei tre eventi ha caratteristiche alquanto diverse, come osserva anche Erik Nielsen di UniCredit. Il cosiddetto fronte del no al referendum costituzionale non significa il trionfo di chi invoca l’uscita dall’euro. E il ballottaggio tra Francois Fillon e Alain Juppé alle primarie del centro destra francese, con la conseguente esclusione di Nicolas Sarkozy, è semmai, come sottolinea Giovanni Landi di Anthilia, un fattore rassicurante per la stabilità dell’unione monetaria europea: quanto meno perché rende assai più difficile l’affermazione di Marine Le Pen.

È vero, come scrive Fitch, che la diffusa paura dell’immigrazione e l’insofferenza verso l’austerità fiscale dell’Unione europea alimentano le spinte populiste al nazionalismo e alla spesa pubblica, specie in quei Paesi che, come l’Italia sono affaticati da un grande debito. E il tutto finisce per minare il già fragile processo d’integrazione europea. Ma l’eventuale affermazione di questa deriva populista sarà fenomeno che verificheremo il prossimo anno dagli esiti delle elezioni politiche in Olanda, Francia, Germania ed, eventualmente, pure in Italia, se vincesse il «no».

È anche probabile che l’eventuale sconfitta del governo Renzi, renda più difficile la ricapitalizzazione del MontePaschi (e forse di UniCredit) e allunghi i tempi necessari alla riorganizzazione delle più sofferenti banche italiane, poiché s’aprirebbe una fase di parziale vuoto politico. Ma anche in questo caso, all’indomani del referendum, non sarebbe la catastrofe per Piazza Affari. Un calo nella prima seduta, e una certa debolezza nei giorni successivi, è da mettere in conto secondo Intermonte: ma, «nell’arco di qualche settimana», si porrebbero le «basi per un recupero altrettanto marcato», sottolinea la Sim di Alessandro Valeri. Forse ancor meno preoccupante potrebbe essere la reazione sui titoli di Stato, poiché, in un mercato controllato dalla banca centrale, è probabile un deciso intervento della Bce, se le cose volgessero al peggio: tanto più se fossero vere le voci secondo le quali Draghi potrebbe decidere di acquistare meno titoli tedeschi (che scarseggiano dati i rendimenti negativi) e più Btp. Anche Nielsen di UniCredit è convinto che, dopo qualche seduta, lo spread dei bond italiani dovrebbe scendere a livelli di settembre, ottobre: attorno a 1,40, insomma, dall’1,80 di ieri.

Non a caso, tutta questa serie di piccoli ripensamenti ha finito per rendere meno cupo lo scenario post referendario. E, su mercati che già hanno scontato l’esito peggiore e che sono stati dominati da diffuse vendite al ribasso sui Btp e sui titoli azionari, hanno fatto capolino le prime ricoperture. Come si può arguire dal rimbalzo di ieri.

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