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Dossier I «bravi ragazzi» e il gioco sul voto

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Dossier | N. 118 articoliReferendum costituzionale

I «bravi ragazzi» e il gioco sul voto

Le grandi banche d’affari internazionali e i grandi media anglosassoni, spesso «sinergici» nella costruzione di un’opinione pubblica a reti unificate sui mercati internazionali, non hanno saputo prevedere né l’esito del voto inglese sulla Brexit né quello americano che ha portato all’elezione di Trump. Ma soprattutto, per chi opera nella finanza, hanno clamorosamente sbagliato le indicazioni sulla reazione dei mercati ai due eventi che, a differenza delle previsioni catastrofiche immaginate nelle settimane precedenti alle due votazioni, hanno determinato finora rialzi consistenti sia della Borsa di Londra dopo Brexit che, nel caso Trump, di Wall Street.

Dal punto di vista della grande speculazione internazionale e del trading azionario, però, i due eventi politici non sono passati invano. Nelle settimane precedenti ai due voti, sia la Borsa di Londra che Wall Street hanno inanellato una lunga serie di ribassi per l’effetto dei possibili disastri sui mercati globali evocati dallo storytelling delle grandi banche d’affari internazionali.

Basti pensare alle nove sedute consecutive di ribasso di Wall Street alla vigilia della elezione di Trump e al successivo rally della borsa americana che ha portato a segnare nuovi record per gli indici Dow Jones e Standard&Poor’s.

Qualcosa di analogo si era già registrato in luglio in Europa quando, in vista dell’esito degli stress test sulle banche europee, sui mercati era stato creato da Londra e da New York un clima da panic selling. Clima che ha depresso le quotazioni dei titoli bancari in Europa (e in Italia) per tutto il mese di luglio. Verificato che le previsioni sull’esito degli stress test erano state esageratamente negative (in Italia solo Mps aveva fallito il test), in agosto c’è stato il grande rimbalzo di tutto il settore.

Per quei «bravi ragazzi» degli hedge fund e delle grandi investment banks che da Londra alimentano la grande speculazione finanziaria, nessun evento è negativo o positivo in sé. L’essenziale è che, attorno a ogni grande avvenimento (finanziario ma anche politico), si possa costruire un evento di rilievo globale per poter costruire posizioni di trading speculativo.

Da alcune settimane, il nuovo «gioco» degli hedge funds internazionali riguarda il referendum costituzionale italiano del 4 dicembre che è diventato, anche grazie ai media più vicini alle banche d’affari internazionali, il nuovo evento globale su cui costruire posizioni di trading.

Da oltre dieci giorni il «rischio Italia» è tornato a contagiare i rendimenti dei BTp e soprattutto le azioni delle banche italiane. Nelle valutazioni degli investitori globali esiste da sempre il timore di instabilità politica in Italia e certamente il referendum rappresenta un fattore di incertezza. Ma il gioco al massacro che in Borsa si sta facendo sulle banche italiane è quantomeno forzato. E inutilmente allarmista per azionisti, obbligazionisti e correntisti del sistema bancario italiano. Soprattutto se ad alimentarne la portata sono indiscrezioni come quelle lanciate ieri sulla prima pagina del Financial Times, in cui si arriva a prospettare il rischio fallimento di otto banche italiane in caso di vittoria del NO al referendum. Ipotesi senza senso, ma ben accolte dalla speculazione della City che - tornando ai desk di trading al lunedì mattina con l’assist di Ft ripreso in tempo reale da agenzie e siti internazionali - non hanno esitato a cogliere l’occasione per un’altra giornata di guadagni assicurati e hanno venduto allo scoperto i titoli delle banche italiane.

Il grande gioco della speculazione internazionale potrebbe però avere breve durata. In Italia esistono certamente seri problemi per il settore: la riduzione graduale degli Npl che riguarda tutto il comparto e il caso Mps. L’operazione di ricapitalizzazione «privata» del Monte è in corso e l’esito è imprevedibile al momento. L’alternativa è l’intervento dello Stato, non il fallimento. E su tutte le altre banche in Stato di crisi sono in corso piani di rilancio o di salvataggio che escludono il bail-in.

Se le difficoltà sono note, e non vi sono elementi nuovi che aggiungano pessimismo alle varie situazioni difficili, nei prossimi giorni finirà anche la lunga incertezza regolamentare che da settimane sta penalizzando le banche europee e italiane in particolare. Oggi il Comitato di Basilea potrebbe alzare il velo sulla nuova regolamentazione internazionale che, stando alle ultime indicazioni di Bankitalia, dovrebbero essere molto meno stringenti del previsto. Praticamente in contemporanea, anche la vigilanza europea della Bce comunicherà i nuovi ratios patrimoniali individuali dello Srep senza novità sconvolgenti per le banche scrutinate. Inoltre, il prossimo 8 dicembre il board della Bce presieduto da Mario Draghi potrebbe decidere il prolungamento del quantitative easing oltre marzo 2017.

In poco più di 10 giorni si accavaleranno dunque una serie di eventi che potrebbero ribaltare i giochi speculativi in corso contro le banche italiane. E indirizzare il trading internazionale nella direzione opposta. Come per Brexit e come per il dopo Trump. In attesa del nuovo evento globale già atteso nelle sale trading internazionali: le elezioni presidenziali in Francia della primavera 2017.

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