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Sul mercato del gas parte la rivoluzione di prezzi e contratti

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Sul mercato del gas parte la rivoluzione di prezzi e contratti

Il mercato del gas come quello del petrolio, con prezzi decisi dal mercato (speculatori compresi) e non più da negoziati segreti tra singoli produttori e consumatori. La rivoluzione è già cominciata e - benché il traguardo di un mercato davvero liquido e globale sia ancora lontano - i primi segnali di transizione sono evidenti: nel gas distribuito via pipeline, così come nel Gas naturale liquefatto.

Persino in Europa, roccaforte di Gazprom, si stima che oltre metà delle forniture siano acquistate sul mercato spot o indicizzate a quest’ultimo, invece che al petrolio, come un tempo era la norma.

Quanto al Gnl, nei prossimi mesi è previsto il lancio di diversi contratti future che - se decolleranno - potrebbero mettere il turbo alle trasformazioni già in atto sul mercato: l’evento potrebbe essere paragonabile al varo negli anni ’80 dei contratti su Wti e Brent e alla loro successiva affermazione come benchmark di prezzo globali.

Su questo fronte avrebbero cominciato a muoversi i pesi massimi: il Cme Group e l’Intercontinental Exchange. Le due borse, secondo fonti del Wall Street Journal, starebbero entrambe studiando la quotazione di contratti sul Gnl americano, che potrebbe avvenire già nei prossimi mesi.

La Tokyo Commodity Exchange (Tocom) e la Singapore Exchange (Sgx) di recente hanno delineato piani analoghi, per la quotazione di un future riferito al mercato asiatico del Gnl, anticipando alla Reuters che un annuncio ufficiale potrebbe arrivare ad aprile 2017. Il progetto gode di un forte sostegno da parte del governo giapponese, che si è schierato a fianco delle utilities locali - prime al mondo per consumi di Gnl - nella sfida per ottenere contratti di fornitura più flessibili.

L’Antitrust di Tokyo ha aperto un’indagine in particolare sulla legittimità delle clausole di destinazione, che impediscono di rivendere i carichi di combustibile a terzi: una strada già percorsa con successo dalla Commissione europea nel decennio scorso.

Qualche future sul Gnl asiatico, basato su indici, esiste già, ma i contratti non hanno finora attirato grande liquidità. Oggi tuttavia il mercato potrebbe essere maturo per un salto di qualità. Un soggetto nuovo e “diverso” è improvvisamente comparso sulla scena, alterando le regole del gioco: gli Stati Uniti, che in novembre - a soli 9 mesi dal debutto sui mercati internazionali del Gnl - sono già diventati esportatori netti di gas.

Le forniture «made in Usa» - indicizzate non al petrolio bensì all’Henry Hub, un benchmark quotato al Nymex, e prive di vincoli sulla destinazionesi - sono già spinte ai quattro angoli del mondo, raggiungendo anche l’Italia (si veda il Sole 24 Ore del 3 dicembre).

Più in generale, afferma l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), sarà il crescente surplus di offerta - di cui è responsabile, oltre agli Usa, anche l’Australia - a fare da «catalizzatore per una seconda rivoluzione del gas, con implicazioni di vasta portata per i prezzi e i contratti».

A fronte di una domanda intorno a 250 milioni di tonnellate l’anno, con moderate prospettive di crescita, la capacità di produzione di Gnl secondo l’Aie potrebbe crescere dai 415 miliardi di mc del 2015 (in gran parte inutilizzati) a 595 miliardi nel 2021. In una situazione come questa gli acquirenti hanno - e avranno sempre di più - il coltello dalla parte del manico.

Molti contratti di lungo termine sono già stati rinegoziati e c’è un ricorso crescente agli acquisti di gas liquefatto sul mercato spot: questi rappresentavano circa il 15% nel 2015, mentre oggi il Cme Group stima si sia arrivati intorno al 30%. Per Goldman Sachs il Gnl già l’anno scorso è stato la materia prima più scambiata dopo il petrolio.

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