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Draghi verso un prolungamento del Qe

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le mosse della bce

Draghi verso un prolungamento del Qe

Reuters
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La Banca centrale europea inaugura oggi la terza fase del suo programma di acquisto di titoli, il Qe, con un prolungamento pressoché certo oltre la data prevista del marzo 2017. Non è del tutto sicuro, ma probabile, secondo la stragrande maggioranza degli osservatori di mercato, che continuerà con l’importo di 80 miliardi di euro per sei mesi. Oppure deciderà di ridurre la somma a 60 miliardi e prolungare il Qe di nove mesi. Ed è probabile anche che ritocchi i parametri che si è autoimposta per ovviare alla prossima scarsità di titoli da comprare, soprattutto di Bund tedeschi: il consiglio può decidere di alzare dal 33 al 50% la percentuale acquistabile delle singole emissioni o dei singoli emittenti, oppure di comprare titoli con un rendimento anche al di sotto del tasso sui depositi di -0,40% o almeno calcolare il rendimento su una media degli acquisti e non sulla singola operazione, oppure di deviare leggermente e per un breve periodo dalla “capital key”, la ripartizione degli acquisti a seconda della grandezza delle economie dell’Eurozona, sulla quale esiste già una certa flessibilità ai margini. O una combinazione delle tre opzioni.

Fin qui nulla che i mercati finanziari, a grandi linee, non si aspettino. È sul dopo Qe3, tuttavia, che si concentrano le maggiori incertezze e quindi la possibilità di più gravi turbolenze di mercato. Che il Qe non possa continuare indefinitamente è lapalissiano e lo ha osservato lo stesso presidente Mario Draghi, il quale ha anche notato che non avrebbe senso un arresto brusco del programma, che non si può azzerare da un giorno all’altro. Dello stesso avviso è il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, che pure si è opposto al Qe e anche oggi probabilmente voterà contro una sua estensione. La Bce dovrà quindi a un certo punto avviare una riduzione graduale (il cosiddetto tapering), come fece la Federal Reserve americana. Il reinvestimento dei titoli già acquistati e arrivati a scadenza poi prolungherà anch’esso le operazioni. Ma quando dovrà avvenire la riduzione? E come comunicarla? Finora Draghi ha sempre insistito che il consiglio «non ne ha parlato», ma appare scontato che debba farlo oggi. Anche se finora la Bce ha sempre sostenuto che l’obiettivo di avvicinarsi al 2% d’inflazione (oggi l’Eurozona è allo 0,6%) continua a dipendere dalla continuazione dello straordinario grado di stimolo monetario. Questa dipendenza dalla politica monetaria potrebbe però ridursi nel corso del prossimo anno, quando l’inflazione risalirà, secondo le previsioni della stessa Bce, che verranno aggiornate oggi, sopra l’1%, anche se solo per effetto di fattori statistici legati all’andamento del petrolio, e la ripresa potrebbe finalmente trascinare con sé anche l’inflazione di base (depurata di energia e alimentari), bloccata allo 0,8% da inizio anno. Nelle ultime due settimane le aspettative d’inflazione sui mercati, che la Bce segue da vicino, si sono mosse nella giusta direzione. Inoltre la Bce sa, come ha riconosciuto Draghi la settimana scorsa, che la politica monetaria accomodante per un lungo periodo è un “terreno fertile” per l’instabilità finanziaria.

La via d’uscita non è però agevole. Alla Bce ricordano nitidamente il “taper tantrum”, l’ondata di vendite sui mercati obbligazionari provocata nel 2013 dall’allora presidente della Fed, Ben Bernanke, con le prime indicazioni di voler ridurre lo stimolo monetario. Ed è fresco il ricordo di quanto avvenuto lo scorso anno, proprio a dicembre, quando il consiglio deluse le attese dei mercati di misure immediate (l’ampliamento del Qe da 60 a 80 miliardi di euro e alle obbligazioni societarie arrivò poi a marzo 2016) provocando un contraccolpo che invalidò parte dell’azione intrapresa fino ad allora. Come sempre, quindi, toccherà a Draghi trovare un difficile equilibrio nella comunicazione nella conferenza stampa che segue il consiglio, forse indicando esplicitamente l’intenzione di valutare la continuazione del programma man mano, soprattutto nella seconda metà dell’anno prossimo, a seconda dell’evoluzione dell’inflazione. Ma lasciandosi le mani libere su quando farlo.

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