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Pronto il decreto Mps, per ora niente Consiglio dei ministri

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La questione bancaria

Pronto il decreto Mps, per ora niente Consiglio dei ministri

È stato il «no» europeo sulla richiesta di sospensione del burden sharing anche a carico degli investitori istituzionali a bloccare fin da luglio l’intervento pubblico sul Monte dei Paschi, spingendo le quotazioni per una «soluzione di mercato» che è stata costruita da Jp Morgan e Mediobanca ed è ora incappata nella crisi di governo. La rete di sicurezza pubblica è comunque pronta, come anticipato nei giorni scorsi dal Sole 24 Ore e confermato ieri da Palazzo Chigi, da dove però si è sottolineato che ad oggi non ci sono in programma riunioni del consiglio dei ministri.

Per essere aperto, però, l’ombrello statale aspetta la certificazione che i potenziali investitori nell’aumento di capitale del Monte non riescano nell’impresa. In ogni caso, risposta del mercato ed eventuale intervento pubblico possono arrivare solo con il superamento della crisi di governo, e i segnali di accelerazione avvertiti nel pomeriggio di ieri dopo le voci sul «no» della Bce alla richiesta di proroga avanzata da Mps vanno letti in questa chiave.

L’arrivo rapido di un nuovo esecutivo faciliterebbe infatti il varo del decreto, ma potrebbe rappresentare anche un contesto più solido per il rilancio dell’operazione di mercato. Senza l’ultima parola dei potenziali investitori, infatti, l’ombrello statale non si può aprire, perché come spiega l’articolo 32 della direttiva europea sul sistema bancario (la «Brrd» del 2014) l’intervento del governo è «precauzionale».

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In quest’ottica, il provvedimento offrirebbe nei fatti una garanzia di ultima istanza (valutabile intorno ai 3-4 miliardi a seconda degli scenari) sul fatto che lo Stato è pronto ad arrivare dove non arriva il mercato (si veda Il Sole 24 Ore di martedì). Se nemmeno questo fosse sufficiente a dare gambe al mercato, si arriverebbe poi all’intervento diretto di Via XX Settembre.

La discesa in campo del Tesoro eviterebbe così il bail in, lasciando al sicuro di conseguenza i titolari dei depositi (anche quelli sopra i 100mila euro) e di obbligazioni senior. Oggi come ieri è infatti il burden sharing, cioè la «condivisione dei costi» a carico degli investitori in obbligazioni subordinate imposta dalle regole Ue per aprire le porte al sostegno pubblico, a rappresentare il nodo chiave per il ruolo del Tesoro nel salvataggio del Monte. Il ministero, che ha già il 4% del capitale di Rocca Salimbeni, ma per farlo, nell’ottica dell’intervento «precauzionale» disegnato dalla direttiva Ue , bisogna passare dalla conversione delle obbligazioni subordinate. Dopo la conversione volontaria terminata la scorsa settimana, il panorama dei bond subordinati di Siena in circolazione è sostanzialmente diviso in due parti. La prima è nelle mani degli istituzionali che non hanno aderito alla fase volontaria, e che in caso di decreto si troverebbero a dover sostenere la conversione forzata: un rischio che certo non era sfuggito ai diretti interessati, e che era del resto stato evocato come possibilità dagli stessi esponenti del Tesoro per spingere verso l’opzione.

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Quotazioni delle polizze anti-default per scadenza temporale. Dati in punti base (Fonte: S&P Capital IQ)

Diverso è l’orizzonte del retail, e in particolare dei circa 60mila risparmiatori che hanno sottoscritto a suo tempo le quote del bond «Upper Tier 2» da 2,16 miliardi emesso nel 2008 con scadenza il 15 maggio 2018. Il lungo confronto con la commissione Ue ha portato a studiare diverse soluzioni tecniche per evitare a questa platea contraccolpi che oltre a danneggiare i loro bilanci famigliari rischiano di innescare la «grave perturbazione» da crisi di fiducia che secondo la stessa direttiva Brrd va evitata con l’intervento precauzionale dello Stato: tra questi il possibile acquisto dei titoli da parte dello Stato, che poi li convertirebbe in azioni da tenere nel proprio portafoglio, oppure forme di rimborso ex post che però non sono semplici da gestire come mostrano le esperienze delle quattro banche finite in risoluzione. In ogni caso, l’obiettivo sarebbe quello di evitare perdite ai piccoli risparmiatori, ma anche un titolo scarsamente liquido come l’Upper Tier 2 ha perso ieri l’8,26% sulla piattaforma Ddt di Mps.

Oltre al Monte, va ricordato, nel cantiere “modulare” del decreto hanno trovato spazio altre questioni calde per il mondo bancario, dalla soluzione ponte per le Popolari dopo lo stop del Consiglio di Stato sui limiti al diritto di recesso ai nuovi versamenti per il fondo di risoluzione da rateizzare in cinque anni fino ai correttivi sulle Dta (con una declinazione ad hoc per le banche di credito cooperativo). Tutto, però, dipende dai tempi in cui andrà presa la decisione di intervenire.

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