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Sostegno pubblico fra garanzie e capitale

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La questione bancaria

Sostegno pubblico fra garanzie e capitale

Agf
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Le scelte che arriveranno oggi dal Cda del Monte dei Paschi sono quelle decisive per la «soluzione di mercato» nell’aumento di capitale di Rocca Salimbeni, ma lo scenario è quello caratterizzato dalla presenza dell’ombrello pubblico pronto a intervenire se i privati non bastano. La rete di sicurezza pubblica si propone nel ruolo di “supplente”, con una sorta di operazione in due mosse (si veda anche Il Sole 24 Ore di ieri): la garanzia del fatto che il Tesoro è pronto a coprire il tratto di strada che il mercato non riuscisse a ultimare, e poi l’intervento diretto con le risorse necessarie a riportare il capitale del Monte ai livelli chiesti dalla vigilanza di Francoforte alla luce dell’operazione sui crediti incagliati.

Presupposti e modalità sono del resto dettati dall’articolo 32 della direttiva europea sul sistema bancario, recepita in Italia con i decreti legislativi 180 e 181 del 2015, che permette allo Stato un intervento «cautelativo», «temporaneo» e «proporzionato» all’esigenza di evitare o rimediare a una «grave perturbazione» dell’economia di uno Stato membro. L’intervento diretto si può concretizzare in «un’iniezione di fondi propri» o nell’«acquisto di strumenti di capitale», operazioni subordinate «all’approvazione finale nell’ambito della disciplina degli aiuti di Stato dell’Unione».

Del tutto fuori dall’orizzonte di Mps rimane il bail in, perché il problema non è il «rischio dissesto» della banca ma l’esigenza di ricondurre il capitale ai livelli di sicurezza dopo la richiesta di Bce di smaltire oltre 10 miliardi di Npl. La conseguenza da affrontare, al centro del confronto con la Ue fin dalla prima fase, a luglio scorso, delle trattative sul «sostegno pubblico straordinario» per il Monte, è quella del burden sharing a carico degli obbligazionisti subordinati. Sul tema interviene anche il governatore della Banca centrale tedesca Jens Weidmann, che in un’intervista pubblicata oggi sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung ha spiegato che un coinvolgimento dello Stato «in aggiunta a quello degli investitori» nella soluzione di una crisi bancaria «non si può mai escludere» e che le categorie di «risparmiatori particolarmente meritevoli di protezione» possono essere escluse dai meccanismi di condivisione dei costi, in un contesto però che non preveda «alleggerimenti» delle regole europee.

In prima fila nella eventuale «condivisione dei costi» con la conversione obbligatoria in azioni ci sono i titoli nelle mani degli investitori professionali, per i quali si era aperta la chance alternativa della conversione volontaria. Nel cantiere dei provvedimenti governativi sono invece entrate ipotesi di tutele aggiuntive per i piccoli investitori, che di fatto non hanno partecipato all’offerta volontaria: a fermarli sarebbe stato anche il fatto che circa 32mila dei 40mila risparmiatori che a suo tempo hanno sottoscritto il bond «Upper Tier 2» da 2,16 miliardi con scadenza maggio 2018 non hanno un profilo di rischio in linea con quello richiesto dalla rigida applicazione della Mifid prevista nell’offerta di conversione. Se le porte si riaprissero anche per loro (si veda la pagina a fianco) andrebbe naturalmente chiarito il rapporto fra la nuova offerta e le tutele previste in caso di intervento statale. Su quest’ultimo fronte, due sono state le ipotesi avanzate in questi giorni: un acquisto dei loro titoli da parte dello Stato, che li avrebbe successivamente convertiti in azioni in un percorso non semplice secondo le normative Ue, oppure un meccanismo di risarcimento ex post (e qui le difficoltà sono soprattutto di gestione).

Tutto, comunque, dipende dai passi in avanti che sarà in grado di compiere la «soluzione di mercato», perché saranno questi a misurare esigenza e dimensioni del sostegno pubblico. Uno scenario a cui sono collegati anche gli altri capitoli eventuali del decreto, che nella sua forma «modulare» potrebbe prevedere anche interventi a sostegno di altri aumenti di capitale e i correttivi su Popolari, Dta e nuovi apporti al fondo di risoluzione.

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