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L’India minaccia la fragile ripresa dei diamanti

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L’India minaccia la fragile ripresa dei diamanti

(Reuters)
(Reuters)

Una nuova tempesta rischia di abbattersi sull’industria dei diamanti, proprio nel momento in cui sta rialzando la testa dopo cinque anni di crisi. Tutto ha origine in India, dove il settore è quasi del tutto paralizzato dalla scarsità di denaro contante provocata dal piano di demonetizzazione del governo di Narendra Modi.

Non si tratta di un problema da poco. Il Paese asiatico infatti non solo è il terzo mercato per i gioielli in diamanti dopo Stati Uniti e Cina, ma è anche diventato il maggior centro di lavorazione al mondo per le gemme preziose, oscurando le storiche piazze di Anversa e Tel Aviv: oltre l’80% dei diamanti grezzi, soprattutto quelli di piccola caratura, oggi vengono tagliati e lucidati a Surat, città del Gujarat, in migliaia di imprese artigianali molti spesso di dimensioni ridotte.

L’attività si è ridotta al punto che alcuni laboratori non riescono neppure a pagare gli stipendi. Solo le gemme più pregiate e i gioielli di lusso continuano ad avere mercato. E solo le grandi imprese riescono ancora lavorare. Tutto il resto è fermo, o quasi, in attesa che si risolva l’emergenza.

Proprio ieri la Camera di commercio del Gujarat meridionale ha deciso di rinviare di un mese un’importante fiera di settore, la Sparkle International, poiché «la maggior parte delle imprese orafe nell’attuale scenario di mercto non erano disponibili a partecipare».

Il ritiro delle banconote da 500 e 100 rupie, le più diffuse, e l’imposizione di tetti giornalieri alle somme ritirabili dai Bancomat sono stati decisi a inizio novembre, ma tuttora continuano a provocare gravi difficoltà in un Paese dove la maggior parte delle transazioni avviene in contanti. Il settore dei diamanti, per quanto incredibile possa sembrare, non fa eccezione. E i suoi problemi – per quanto transitori – cominciano a provocare ripercussioni anche al di là dei confini dell’India.

De Beersha accusato il colpo nell’ultimo appuntamento dell’anno con i sightholders, gli specialisti cui offre la sua produzione di diamanti grezzi: la vendita di metà dicembre ha fruttato 418 milioni di dollari, il 12% in meno rispetto all’appuntamento precedente, anche se il 69% in più rispetto a un anno fa. «Il commercio di pietre grezze di minor valore sta sperimentando un temporaneo rallentamento come risultato della demonetizzazione in India – ha commentato il ceo Bruce Cleaver – ma la domanda per il resto del mix di prodotti continua ad essere in salute e le vendite rimangono in linea con le aspettative stagionali».

Commenti simili sono arrivati anche da Alrosa, che insieme a De Beers controlla quasi due terzi del mercato dei dimanti grezzi. Le difficoltà sul mercato indiano, prevede il ceo della società russa, Andrey Zharkov, dureranno per altri 3-5 mesi.

Per i consumatori finali potrebbe essere è un’ottima opportunità per regalarsi un solitario a prezzi di saldo: le gemme di minor pregio costano fiono al 25% in meno rispetto a un paio di mesi fa, riferisce Kieron Hodgson, analista di Panmure Gordon, ed è possibile che i prezzi calino ulteriormente se New Delhi per reagire alla paralisi del mercato interno accelererà l’export di diamanti.

Le minerarie tuttavia rischiano grosso, anche se per ora minimizzano. L’effetto India minaccia infatti di compromettere il recupero di un’industria che - dopo cinque anni di crisi - appare tuttora fragile: nonostante la disciplina sui volumi estrattivi, i profitti del settore sono ai livelli del 2013, ossia 79 miliardi di dollari, secondo stime di De Beers.

La stessa De Beers indica che i prezzi delle sue gemme grezze sono complessivamente scesi del 5% nei primi 11 mesi di quest’anno, mentre un indice pubblicato da Polished Prices, riferito a diverse carature, il mese scorso era ai minimi dal 2010.

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