Finanza & Mercati

Borse: così social, algoritmi e intelligenza artificiale sono le…

  • Abbonati
  • Accedi
il ritmo dei listini

Borse: così social, algoritmi e intelligenza artificiale sono le mani invisibili dei mercati

La Borsa sale? Sarà l’effetto del dato sul Pil. Oppure: il rendimento sul titolo di Stato scende? Certamente è la conseguenza dell’andamento dell’inflazione. Molte volte (quasi sempre) i commentatori dei mercati cercano nel tradizionale nesso di causalità la risposta per le dinamiche dei listini. A ben vedere, però, l’impostazione non è cosi corretta. Perlomeno sul breve periodo. L’approccio, infatti, spesso dimentica la presenza di operatori automatici le cui strategie hanno poco a che vedere con la classica analisi dei fondamentali.

L’intelligenza artificiale investe in Borsa
Un contesto in cui le strategie quantitative (dai livelli di prezzi in «sè» alle correlazioni tra i diversi asset), cui fanno riferimento gli algotrader, diventano esse stesse il riferimento del mercato. Sono i «nuovi» fondamentali senza, però, esserlo realmente. Un mondo, insomma, che tende a spezzare lo storico legame tra le quotazioni e per l’appunto i tradizionali fondamentali (quali, ad esempio, i bilanci aziendali o i flussi di cassa attesi). Al che, però, potrebbe obiettarsi: non esageriamo, questa è fantafinanza. Ci sarà qualche algoritmo, certo! Ma sono l’eccezione. E poi, sul medio lungo periodo, i fondamentali tornano rilevanti.

La considerazione ha un suo fondamento. La realtà, tuttavia, è ormai più avanti della fantasia. Per rendersene conto non ci sono solo di dati sui volumi cash scambiati dagli algoritmi (circa il 60% a livello globale). Tutt’altro! C’è anche il sempre maggiore utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nei modelli di gestione dell’investimento. Basta così, tra le altre cose, descrivere l’attività di iSentium. Questa è una delle molte società americane che ha sviluppato processi di analisi del linguaggio per «scandagliare» le conversazioni dei social media. La tecnologia permette di processare più di tre miliardi di messaggi al mese.

L’obiettivo? Individuare eventuali correlazioni con l’andamento dei prezzi di Borsa. «Abbiamo costruito - dice al Sole24ore il ceo Gauthman Sastri -un indicatore che, all’inizio di ogni giorno, crea una previsione binaria su ogni titolo coperto». Vale a dire? «Indica il valore +1 se è probabile che l’asset chiuda in rialzo. Al contrario segnala -1 se la previsione è il ribasso». Ebbene la cosa incredibile è che, stando a quanto pubblicato sul sito dell’azienda stessa, l’indicatore previsionale sull’Etf dell’S&P 500 ha sovraperformato una tradizionale strategia di «buy and hold» sullo stesso prodotto finanziario. «Tra il 2014 e la fine del 2016 - dice Sastri - il ritorno cumulato dell’algoritmo basato sull’intelligenza artificiale è stato del 67,23%. Quello dell’approccio “buy and hold”, invece, si è assestato al 23,33%». Certo: può obiettarsi che bisognerebbe controllare nei particolari come sono state calcolate le performance. Inoltre: simili comparazioni dipendono sempre dalle modalità con cui vengono realizzate. Ciò detto, però, è indubitabile che i robot sono sempre di più presenti nei mercati finanziari.

La trasformazione dei mercati
La trasformazione dei mercati, a ben vedere, si è articolata su tre livelli. Il primo è quello di Internet (l’hardware) che permette di trasmettere, in millisecondi e in ogni parte del mondo, gli ordini di compravendita. Il secondo è rappresentato dai prodotti finanziari (il software) che, trasformati in bit digitali, viaggiano sulla rete stessa. L’ultimo, il terzo, sono proprio i modelli matematici su cui si basano i prodotti finanziari (e non solo). A fronte di un simile contesto, però, potrebbe obiettarsi: la trasformazione non è solo dei mercati finanziari. L'innovazione tecnologica (dalla robotica fino alla digitalizzazione) va coinvolgendo l'intera economia. Vero! E, tuttavia, è indubbio che la finanza è tra i settori in cui la «rivoluzione» della matematica opera da più tempo e con maggiore profondità.

In tal senso può, ad esempio, ricordarsi la dematerializzazione degli asset. Voluta dai legislatori a partire dagli anni '80, da un lato ha indotto l’accelerazione dell'ingegneria finanziaria. E, dall’altro, ha agevolato, ben prima di altri comparti, la digitalizzazione delle diverse attività. La trasformazione, poi, è stata resa ancor più facile da un altro aspetto: lo storico legame tra numeri e finanza stessa. Il connubio, infatti, ha reso più agevole la rappresentazione dei processi finanziari attraverso il codice binario del computer. Quel calcolatore che, guarda caso, è l'architrave della finanza globale (e non solo).

Già, la finanza globale. «In realtà - spiega Stefano Marmi, professore di Sistemi Dinamici alla Scuola Normale Superiore - la spinta all’utilizzo della matematica, nelle banche d'affari, è legata soprattutto al “boom” dei derivati». Questi, nel 2011, erano arrivati sul solo mercato Usa a toccare il controvalore nozionale di circa 250 triliardi di dollari. Ora viaggiano sul più «contenuto» livello di 117 triliardi. Comunque una cifra enorme per «prodotti che - sottolinea Anna Kunkl, partner di Bee Consulting - richiedono formule matematiche sempre più complicate al fine di definirne il prezzo e il rischio». Il motivo? La maggiore complessità, oltre che articolazione, dei mercati. «Un contesto in cui l'inserimento di troppe variabili nei modelli inevitabilmente aumenterà i rischi di struttura», conclude Kunkl.

UN ESEMPIO DI FORMULE TRA RENDIMENTO E RISCHIO
Nell'infografica, a fini puramente esplicativi, è descritto, in maniera molto semplificata, uno dei tanti modelli per la costruzione di un portafoglio. Un'impostazione piuttosto diffusa, seppure non esente da critiche, che pur rimanendo una pietra miliare nella matematica finanziaria è stata nel corso degli anni affiancata e aggiornata da altre metodologie

La matematica domina la finanza
Ma non è solo questione di derivati. Il fil rouge dell'algoritmo può ritrovarsi in mille altre situazioni. Dal pricing nelle compravendite di prestiti dubbi al calcolo del capitale di vigilanza bancario fino alla gestione, con i big data, del merito di credito dei clienti degli istituti finanziari. Su questo fronte l'uso della matematica, al fine di realizzare in automatico lo “scoring” del debitore, è noto da tempo. Meno conosciuto è, invece, l'utilizzo di modelli per prevedere se un credito «in bonis» potrà diventare dubbio. Gli standard normativi internazionali (Ifrs9) stabiliscono che una banca debba accantonare delle somme nell'eventualità in cui l'ipotesi in oggetto si verifica. «L'istituto - spiega Massimiliano Gasparotto, direttore operativo di Bmw Bank - valuta molte variabili. Nel caso di un’azienda vengono usate, ad esempio, le voci di bilancio: dal fatturato ai flussi di cassa fino al capitale circolante». Non solo. Il focus è anche su dati qualitativi. Tra gli altri: la governance o la capacità del management di centrare gli obiettivi di budget. «Un cocktail di dati che - conclude Gasparotto - consente al modello di stimare se l'impiego potrà avere dei problemi e, quindi, quantificare l’accantonamento».

Fin qui alcune considerazioni riguardo al mondo delle banche e alla loro operatività. Tuttavia il fil rouge della matematica è ben presente anche nelle asset allocation. In particolare nella valutazione del rapporto tra rischio e rendimento di un portafoglio di titoli. Su questo fronte, dal modello di Harry Markowitz (pietra miliare del calcolo finanziario, poi affiancato e aggiornato con altre metodologie) fino alle più recenti evoluzioni in materia, il contributo dell'alta matematica è essenziale. «Si tratta - spiega Raimondo Marcialis, ad di Mc Advisory - dell'esigenza di “oggettivizzare”, attraverso il ricorso ai numeri, le strategie e le scelte d'investimento». «Un modo - gli fa eco Raffaele Zenti, cofondatore di Advise Only - con cui superare il “mito” dell’homo oeconomicus». Cioè « la credenza, errata, che l'investitore umano sia capace di massimizzare i profitti e minimizzare le perdite». Attraverso i vari modelli, peraltro, «si riesce, da una parte, a gestire il portafoglio come un unicum - aggiunge Marcialis -. E, dall'altra, a valutare la struttura della strategia d'investimento per, eventualmente, modificarla». Insomma: molti sono gli esempi (e tantissimi altri se ne potrebbero fare) della presenza della matematica in finanza. Un connubio che, ormai, è diventato dominante.

© Riproduzione riservata