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Sauditi e russi «scavalcano» l’Opec: tagli fino a…

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Sauditi e russi «scavalcano» l’Opec: tagli fino a marzo

L’Opec e i suoi alleati continueranno a tagliare la produzione di petrolio fino a marzo del prossimo anno, prorogando quindi di nove mesi (e non soltanto sei) l’intervento per riequilibrare il mercato. A prendersi questo impegno, con tanto di comunicato stampa congiunto e appoggio esplicito del Cremlino, sono Arabia Saudita e Russia, i due maggiori produttori della coalizione (oltre che i più influenti).

Con queste premesse le quotazioni del barile – peraltro in ripresa già da qualche giorno – non potevano non rafforzarsi. E il rialzo c’è stato, di oltre il 2%. Il Brent ha chiuso a 51,82 dollari, superando due importanti resistenze tecniche: le medie mobili degli ultimi 200 e degli ultimi 50 giorni. Anche la curva dei future si è modificata, con il greggio per dicembre 2017 ora più caro di circa mezzo dollaro rispetto a quello per dicembre 2018: una situazione di backwardation, che agevola lo smaltimento delle scorte, proprio quello che Riad sta cercando disperatamente di ottenere.

«Non riusciremo a raggiungere il livello di scorte desiderato entro la fine di giugno», ha ammesso ieri il ministro saudita Khalid Al Falih – Siamo quindi giunti alla conclusione che darebbe probabilmente meglio continuare l’accordo (sui tagli, Ndr) fino al termine del primo trimestre 2018». Il rischio a questo punto è che il rally del petrolio si esaurisca prima del 25 maggio, quando è in programma il vertice Opec a Vienna: la coalizione dovrà mantenere le promesse e forse addirittura superarle per non deludere il mercato. E non sarà facile: il Kazakhstan, ad esempio, ha già fatto sapere che non potrà sottoscrivere l’accordo alle stesse condizioni, perché la sua produzione con il giacimento Kashagan sta crescendo troppo in fretta.

Riad e Mosca a questo punto hanno fissato le aspettative minime: nella nota diffusa ieri Al Falih e il suo omologo russo Alexander Novak promettono insieme una prosecuzione dei tagli per nove mesi, dichiarando di essere disposti a «fare qualunque cosa serva» pur di riportare le scorte petrolifere al livello medio degli ultimi 5 anni.

Il comunicato ha una notevole valenza simbolica. Il nuovo mantra dei sauditi – quel «whatever it takes» reso celebre da Mario Draghi – viene fatto proprio anche i russi, a conferma della tenuta dell’alleanza tra i due Paesi responsabili di un quinto dell’offerta mondiale di greggio. Il patto Mosca-Riad, siglato a settembre 2016, a margine del G20 di Hangzhou, sembra aver stabilito un livello decisionale gerarchicamente superiore all’Opec. E forse non è un caso che il comunicato di ieri faccia riferimento in modo esplicito proprio a quel patto.

Al Falih e Novak spiegano che si consulteranno con gli altri produttori per raggiungere il «pieno consenso» prima del 25 maggio, ottimisti sulla possibilità di coinvolgere anche ulteriori Paesi non Opec. Ma l’esito sembra già determinato, con tanto di imprimatur da parte del Cremlino. «È giusto – ha dichiarato il presidente russo Vladimir Putin – che la decisione sia stata presa non per 2, 3 o 4 mesi ma per 9mesi».

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