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L’Opec proroga i tagli di 9 mesi ma nel cartello spuntano le prime crepe

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PETROLIO

L’Opec proroga i tagli di 9 mesi ma nel cartello spuntano le prime crepe

VIENNA - Comincia forse a scricchiolare la grande alleanza costruita dall'Opec, per tagliare la produzione di petrolio insieme alla Russia e ad altri dieci Paesi esterni al gruppo. Le crepe non sono ancora evidenti. Anzi, formalmente l'accordo sembra salvo: l'azione congiunta che ha portato fuori dal mercato 1,8 milioni di barili di greggio al giorno dovrebbe proseguire. I ministri dell'Opec hanno già approvato la proroga, secondo indiscrezioni. E anche la Russia è data per certa, essendo stata tra i promotori di quella che il saudita Khalid Al Falih ha definito poco prima del vertice l'opzione «più sicura».

No a tagli più incisivi
In discussione c'era anche l'ipotesi di una maggiore riduzione dell'output, ha ammesso lo stesso Al Falih, ma è stata scartata perché «giudicata non necessaria». Il mercato non ha gradito. Un primo tonfo delle quotazioni è arrivato già in tarda mattinata: mentre le agenzie battevano i commenti del ministro saudita, il petrolio perdeva più del 2%, toccando nel caso del Brent un minimo di 52,72 dollari (qui le quotazioni in tempo reale). La proroga di nove mesi era scontata, spiegano gli analisti. E ogni residua speranza di tagli più incisivi è stata spazzata via ancora prima della riunione tra i ministri. «È una delusione – osserva Olivier Jakob, analista di Petromarkets – Questo dimostra che non c'è molto altro che l'Opec può fare».

Segnali di malessere
Fin dalla vigilia era stato chiaro che all'interno dell'Organizzazione c'era una pluralità di opinioni sulla necessaria durata e sull'entità dei tagli produttivi. Ma con altrettanta chiarezza era emerso che tutti concordavano di dover proseguire il piano. Lo stesso non si può dire per gli alleati esterni al gruppo. Anche se la Russia continua ad esibire una straordinaria unità di intenti con l'Arabia Saudita, i segnali di malessere da parte di altri produttori non sono mancati. Il Kazakhstan ad esempio ha rimarcato più volte di non voler proseguire con gli stessi limiti all'output.

Poi ci sono quelli che gli esperti di comunicazione chiamerebbero segnali soft. Tanto per cominciare, a Vienna non si è presentato nessun nuovo alleato: persino il Turkmenistan, che ormai si dava per certo volesse entrare nella coalizione, non ha inviato un rappresentante. Pure l'Egitto, che doveva venire in veste di semplice «osservatore», ha dato forfait.

Niente contatti con la stampa per i Paesi non-Opec
Intanto, i Paesi non Opec hanno accuratamente evitato i contatti con la stampa internazionale. Anche oggi c'è stato un improvviso cambio di programma:  ai media è stata ritirata la possibilità di accedere alla sala della riunione Opec-non Opec, per fare domande ai ministri prima dell'avvio dei lavori. Il copione è stato lo stesso di ieri, quando era stata cancellata la conferenza stampa del comitato di monitoraggio sui tagli, altro organismo misto Opec-non Opec: nessuna spiegazione, solo un imbarazzata comunicazione da parte di un funzionario. L'intento potrebbe essere semplicemente quello di accelerare i lavori, suggeriscono alcuni osservatori: in fondo è domani, giorno di preghiera e di riposo per i molti ministri musulmani del gruppo. Ma la spiegazione non convince del tutto.

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