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Banche venete, avanza il piano di salvataggio di «sistema»

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LA QUESTIONE BANCARIA

Banche venete, avanza il piano di salvataggio di «sistema»

Le decisioni non saranno «immediate» come ancora ieri è tornato a chiedere il ceo di Popolare di Vicenza, Fabrizio Viola, ma pur a fatica il piano di salvataggio per le ex popolari venete avanza: a meno di una (non impossibile) accelerazione nel week end, l’obiettivo è chiudere tra lunedì e martedì, proprio in contemporanea ai cda dei due istituti, dove diversamente potrebbero anche materializzarsi dimissioni in massa.

Lo schema è quello imbastito dal ceo di UniCredit, Jean Pierre Mustier, che prevede un intervento pro quota a carico del sistema bancario, sulla base del presupposto che è meglio per tutti (e per il mercato) sborsare 1,25 miliardi subito ed evitare così di doverne spendere 11 dopo, in caso di eventuale bail in. Un messaggio che ieri il manager francese avrebbe ribadito ai suoi: la banca è pronta a sostenere una soluzione che minimizzi l’impatto, purché avvenga su basi proporzionali ed eque, e coinvolga se non tutte buona parte delle banche italiane.

La sensazione è che alla fine si possa convergere. Ma per ora le sensibilità sono diverse e i mugugni non mancano; soprattutto tra gli istituti medi e piccoli: c’è chi ricorda che alla base di tutto c’è stata la mancata garanzia di UniCredit e Intesa ai due primi aumenti, e ora chiede che se proprio si deve intervenire la ripartizione dello sforzo per lo meno non sia rigidamente proporzionale. Un altro tema sollevato da diversi banchieri è quello della necessità di garanzie formali (su cui è al lavoro, non senza difficoltà, il Tesoro) sul fatto che l’ammontare della manovra non sia destinato a salire e che si tratti di un ultimo e decisivo sforzo: solo con questa “carta” tra le mani alcuni ceo paiono disposti a portare la delibera in cda, diversamente si esporrebbero a responsabilità che non vogliono prendersi.

«Se tutti parteciperanno, parteciperemo anche noi», ha dichiarato ieri l’ad. di Banca Mediolanum, Massimo Doris. «Diventa fondamentale la velocità di azione - ha aggiunto- : Il costo sta salendo così tanto per la lentezza nel risolvere le problematiche». Segnali di apertura arrivano anche da altre banche. Non è escluso, segnalano ambienti vicini a Unipol Banca, che l’istituto possa partecipare all’operazione nel quadro di un intervento di sistema e in misura commisurata alle proprie dimensioni.

Del resto l’intervento di sistema, benché effettuato obtorto collo, rappresenterebbe il male minore per il comparto. Secondo le stime di Equita Sim, qualora l’intervento da 1,25 miliardi venisse spalmata pro-quota, l’impatto negativo per UniCredit e Intesa sarebbe «trascurabile» in termini di Cet 1, ovvero pari a 6 e 14 punti base. L’effetto sarebbe «notevolmente inferiore» all’impegno necessario qualora le due banche dovessero agire in qualità di “cavalieri bianchi”: in quel caso il rischio, spiega l’analista Giovanni Razzoli, sarebbe pari rispettivament a -100 e -150 punti base.

Certo è che il fattore tempo rischia di rivelarsi determinante. Le due banche venete, complici i timori creati dal rischio bail-in, stanno registrando un’emorragia di depositi. La liquidità è assicurata dagli oltre 10 miliardi di bond garantiti dallo Stato. Ma è innegabile che in queste condizioni l’ossigeno non è infinito. Dal territorio come dalle due banche arrivano segnali di inquietudine. Le due banche sono «troppo grandi e importanti nell’economia reale per poter sparire» sottolineano i vertici della Cgia di Mestre in un’analisi diffusa ieri, segnalando come, con 62,5 miliardi di euro di 'ricchezza' complessiva e 41,9 miliardi di prestiti concessi a imprese e famiglie, Popolare di Vicenza e Veneto Banca rappresentano messe assieme l’ottavo gruppo bancario italiano. «Bastano queste cifre per capire a quali rischi ci si espone se non si prendono decisioni immediate: non c’è altro tempo da perdere», ha commentato seccoViola.

.@lucaaldodavi

.@marcoferrando77

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