La decennale crisi del Banco Popular è arrivata a un punto di svolta grazie al salvataggio operato dal gruppo Santander. Ma l’operazione non è indolore: se correntisti e obbligazionisti senior della banca spagnola sono stati risparmiati, non altrettanto si può dire per azionisti e obbligazionisti junior, penalizzati per oltre 3 miliardi. Vediamo dunque chi paga il conto dell’istituto gravato da 37 miliardi di crediti deteriorati (il doppio delle banche venete) che nelle ultime settimane aveva visto dimezzare il valore di Borsa e soprattutto era stato vittima di un rapido deteriorarsi della liquidità tanto che la Bce è dovuta intervenire per cercare una soluzione rapida che evitasse il peggio. Per la prima volta con il Banco Popular è stato applicato il meccanismo di risoluzione unico (Srm) previsto dalla direttiva europea Brrd del 2014, quella che ha introdotto il cosiddetto bail-in.
Gli investitori che pagano il conto più salato
Gli azionisti vedono azzerato il valore dei loro titoli. All’inizio dell’anno la banca aveva una capitalizzazione di mercato di 4 miliardi; oggi è stata venduta a Santander per un euro. Stessa sorte per gli obbligazionsti junior - cioè i possessori dei bond Tier 2 - che vedono azzerare i circa 2 miliardi di titoli in loro possesso. Per la prima volta inoltre pagano i detentori dei cosiddetti contingent convertible bonds (noti come CoCos o Additional Tier 1), strumenti ibridi creati appositamente per assorbire le perdite. Pimco, tanto per fare un esempio, aveva in portafoglio 280 milioni di questi bond alla fine di marzo.
Chi viene risparmiato
Tutti i correntisti del Banco Popular, sia quelli con depositi sotto i 100mila euro sia quelli con depositi oltre questo tetto, sono salvi. Al riparo anche i detentori di obbligazioni senior - che infatti oggi sono schizzate sul mercato con aumenti superiori al 10% - comprese il miliardo di quelle unsecured. Saranno risparmiati anche i contribuenti spagnoli, grazie alle nuove regole europee sulla risoluzione bancaria che spostanto l’onere dei salvataggi dagli Stati (bail-out) agli investitori (bail-in). In questo il caso del Banco Popular si distingue dal nostro Monte Paschi, nazionalizzato nel quadro di una ricapitalizzazione precauzionale dello Stato che però è possibile solo se la banca viene dichiarata solvente dalla Bce, cosa che nel Popular è stata esclusa. Se non hanno dovuto pagare anche i correntisti e gli altri obbligazionisti è solo grazie all’intervento del Santander. Senza il suo intervento per coprire le rettifiche di quasi 8 miliardi sul portafoglio immobiliare del Banco Popular infatti, le norme europee avrebbero imposto la falcidia di altre classi di obbligazioni fino ad arrivare ai depositi sopra i 100 mila euro.
Come si è arrivati all’accordo
È stato decisivo il ruolo della vigilanza europea targata Bce. Il caso Popular segna infatti la prima applicazione a un grande istituto delle norme europee sulla risoluzione e un segnale che arriva dalla Bce a non tollerare crisi sistemiche, dando un taglio netto per evitare il contagio. Francoforte, dichiarando la banca «in fallimento o in probabile fallimento» a causa di una fuga dai depositi ogni giorno più grave, ha fatto scattare le procedure del Single Resolution Board Ue. Questa presa di posizione molto netta ha accelerato i tempi e messo il management del Banco Popular nelle condizioni di accettare la vendita a Santander al prezzo simbolico di un euro.
Perché per il Santander può essere un affare
Si tratta, in ogni caso, di un matrimonio di convenienza anche per il Santander. Rilevando il Banco Popular, il gruppo porta a 17 milioni il numero dei clienti in Spagna, diventa la prima banca spagnola per depositi e crediti, con una quota di mercato del 20% e, soprattutto, sale al 25% del mercato del credito alle Pmi, «uno dei settori chiave dell'economia spagnola», come sottolinea lo stesso Santander e in cui il Popular primeggiava con una quota di quasi il 14%. In Portogallo il Popular sarà integrato al Banco Totta, rafforzandone la posizione di prima banca privata, con oltre 4 milioni di clienti. Il Santander nell'insieme conta di realizzare sinergie per 500 milioni di euro entro il 2020 e di avere entro quella data un ritorno dell'investimento del 13-14%, con un impatto positivo sull'utile del gruppo dal 2019.
Il no al bail-out del 2012
Nel 2012 il Banco Popular aveva rifiutato i soldi pubblici - che intanto hanno irrobustito il sistema spagnolo, oltre a spingerlo al consolidamento - ma negli anni, non è riuscito a scrollarsi di dosso la pesante eredità della crisi immobiliare, arrivando a perdere lo scorso anno 3,5 miliardi di euro. Gli analisti valutavano a 3-5 miliardi il suo bisogno di capitale, inferiore quindi alle cifre annunciate oggi dal Santander. Un cambio ai vertici nello scorso febbraio, con l'arrivo di Emilio Saracho, ex-Jp Morgan Chase, è stato forse troppo tardivo per raddrizzare la barra dell'istituto. Oggi l'epilogo con cui la Spagna spera di avere scritto la parola fine alla crisi bancaria.
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