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Il London Metal Exchange ritorna nell’arena di oro e argento

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Il London Metal Exchange ritorna nell’arena di oro e argento

(Afp)
(Afp)

Trent’anni fa era stato un fallimento. Oggi il London Metal Exchangeci riprova: i futures sull’oro e sull’argento sono tornati a scambiare sulla borsa londinese, regno (sempre più insidiato) dei metalli industriali, dal rame all’alluminio.

Le condizioni del mercato sono molto cambiate rispetto agli anni Ottanta, quando la scarsa liquidità dei contratti aveva spinto il Lme a fare marcia indietro dopo appena tre anni dal lancio. Ma anche stavolta il momento non è dei più facili. La concorrenza per conquistare una fetta degli scambi di metalli preziosi nella City – una piazza che vale 5mila miliardi di dollari, secondo le stime – è agguerrita: nei mesi scorsi sono scesi in campo anche il Cme Group e l’Intercontinental Exchange(Ice).

La London Bullion Market Association (Lbma) è inoltre impegnata a riformare il meccanismo di definizione del Gold Price e del Silver Price. I benchmark che solo un paio d’anni fa hanno preso il posto del vecchio fixing, non stanno infatti funzionando a dovere.

La speculazione intanto ha cominciato ad accanirsi sul metalli preziosi. Con le banche centrali orientate a mettere fine all’era dei tassi sotto zero, gli hedge funds, che solo un mese fa erano super rialzisti sull’oro, adesso stanno liquidando posizioni lunghe a velocità da primato:  nella settimana al 3 luglio, l’ultima di cui si dispongono dati, l’esposizione netta all’acquisto è stata dimezzata al Comex, accelerando la discesa del lingotto verso 1.200 dollari l’oncia.

Ieri le quotazioni sono scese sotto 1.205 dollari, ai minimi da 4 mesi, mentre l’argento è già scivolato brevemente sotto 15 $/oncia, a livelli che non toccava da 15 mesi

I venti ribassisti che hanno investito oro e argento in fondo sono il problema minore per il London Metal Exchange e le altre borse che si contendono il mercato, in una fase in cui il maggior rigore delle autorità di vigilanza dovrebbe spingere una fetta crescente degli scambi su mercati regolamentati.

Entrambi i metalli preziosi di recente sono stati protagonisti di misteriosi flash crash, che si sommano ai ripetuti episodi di forte volatilità sulla piattaforma Lbma, dove si formano i prezzi benchmark: anomalie che ormai si ripetono con una frequenza tale da sollevare qualche dubbio sull’ipotesi che si tratti davvero soltanto di trader maldestri.

L’ultimo scossone ha riguardato l’argento, che nella notte europea tra giovedì e venerdì – in un momento di scarsa liquidità – è stato colpito da un improvviso maxiordine di vendita. In pochi attimi il prezzo è affondato da circa 16 dollari a 14,30 $, poi è risalito rapidamente, per attestarsi infine poco sopra 15 $/oncia (dove rimane tuttora).

Gli scambi su borse regolamentate non sono certo un antidoto alla volatilità. E nemmeno alle eventuali manipolazioni. Ma dopo lo scandalo del Libor e con la prossima entrata in vigore di Basilea 3 la partita per attirare almeno una parte degli scambi di oro e argento su borse regolamentate è entrata nel vivo.

Il debutto dei future di LMEprecious non è stato irresistibile. Entro le 16 (le 18 ora italiana) c’erano stati scambi per circa 66mila once di oro, ossia un paio di tonnellate. Una goccia rispetto ai 19 milioni di once scambiati al Comex di New York, mercato dei futures ormai super-collaudato, ma comunque un inizio incoraggiante.

Il Cme Group non è ancora riuscito ad attirare scambi sui contratti che ha varato in gennaio, riferiti allo spread tra il prezzo spot londinese e quello del Comex (di cui è proprietario). L’Ice ha invece raggiunto volumi giornalieri intorno a 4 milioni di once con il suo nuovo future londinese sull’oro, ma dipende dal fatto che il contratto viene usato per il clearing del Lbma Gold Price, gestito dalla stessa Ice.

Il London Metal Exchange è partito per ultimo, ma ben corazzato per battere la concorrenza. Al suo fianco ha schierato il World Gold Council, potente associazione delle società aurifere, e diversi colossi bancari, che si sono impegnati a garantire liquidità ai contratti in cambio di metà degli utili.

Cinque istituti – Goldman Sachs, Morgan Stanley, Société Générale, Natixis e Icbc Standard Banks – sono entrati nella società Eos Precious Metals, insieme alla casa di trading Ostc. Alla cassa di compensazione partecipano anche Commerzbank, Macquarie, Bank of China (attraverso Boci Global Commodities) e il broker Marex Financial.

L’Hong Kong Exchanges & Clearing (HkEx), dal 2012 proprietaria del Lme, ha inoltre giocato al raddoppio: contemporaneamente ai future di LMEprecious, ieri ne sono partiti altri – quotati in yuan e in dollari – a Hong Kong, con scambi che hanno già superato 3 tonnellate di oro.

Anche se i contratti di Londra e Hong Kong non sono fungibili, l’HkEx in questo modo offre la possibilità di fare trading sull’oro ventiquattr’ore su ventiquattro, ha spiegato il ceo Charles Li. C’è anche un’altra ambizione. «In Asia non c’è un benchmark per l’oro – ha dichiarato Li, secondo il South China Morning Post – Spero che i nuovi future avranno questo ruolo».

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