I giganti americani del petrolio non si sono dimostrati all’altezza delle major europee. Anche per ExxonMobil e Chevron i profitti sono arrivati copiosi nel secondo trimestre, ma non quanto gli analisti si aspettassero e nel complesso i due big sembrano scontare maggiori difficoltà rispetto alle rivali del Vecchio continente.
Alcune debolezze di Exxon in particolare non sono piaciute agli investitori. Anche se la compagnia ha registrato un utile netto di 3,4 miliardi di dollari tra marzo e giugno, il doppio rispetto a un anno prima, per il decimo trimestre consecutivo è andata in rosso nell’upstream Usa: quello che comprende le attività di shale oil e shale gas, proprio quelle su cui la compagnia ha deciso di concentrare la maggior parte degli investimenti. La perdita trimestrale in questa divisione è stata di 183 milioni, mentre le operazioni all’estero hanno aumentato i profitti di quasi il 70%, a 1,4 miliardi di $.
Exxon continua anche a perdere produzione: nel trimestre ha estratto l’1% in meno, ossia 3,9 milioni di barili equivalenti petrolio al giorno. Infine – al contrario della numero uno europea, Royal Dutch Shell– non si sta dimostrando brillante nel generare cassa: il parametro al quale il mercato, convinto che i prezzi del greggio saranno bassi molto a lungo, se non per sempre, oggi ha iniziato a guardare in modo quasi ossessivo.
A Exxon il cash flow operativo (7,1 miliardi di $) non è bastato a finanziare dividendi (3,3 miliardi) e investimenti nel trimestre, nonostante l’estrema parsimonia: il capex è sceso del 24% a 3,9 miliardi. A Shell sono invece avanzati 1,9 miliardi e se si includono, come fa Exxon, anche i proventi delle dismissioni addirittura 7,5 miliardi, osserva Liam Denning, analista di Bloomberg.
Wall Street ha punito ExxonMobil con durezza, affondando il titolo ai minimi da febbraio 2016 (78,27 $), l’epoca in cui il petrolio valeva meno di 30 dollari al barile.
Anche per Chevron gli analisti si aspettavano di più. Ma la Borsa ha sorriso, premiando con un rialzo superiore al 2% l’aumento di produzione più pronunciato da 7 anni: +9,9% a 2,78 mbg. La seconda compagnia americana ha chiuso il trimestre con utili netti di 1,5 miliardi di $ (un anno prima perdeva la stessa cifra), ma come Exxon continua ad essere in rosso nell’upstream Usa, anche se opera in alcune delle migliori aree di shale, come il bacino di Permian.
© Riproduzione riservata