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Petrolio, il mercato segnala che la svolta del ciclo è vicina

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Petrolio, il mercato segnala che la svolta del ciclo è vicina

Il ministro del petrolio  iracheno Jabbar Al Luaibi (a sinistra) con il ministro dell’Energia dell’Arabia saudita,  Khalid Al Falih (Afp)
Il ministro del petrolio iracheno Jabbar Al Luaibi (a sinistra) con il ministro dell’Energia dell’Arabia saudita, Khalid Al Falih (Afp)

Il piano dell’Opec comincia a funzionare, per ironia della sorte proprio nel momento in cui la disciplina del gruppo sui tagli produttivi si sta indebolendo. L’Organizzazione degli esportatori di greggio ha accelerato le estrazioni per il terzo mese consecutivo in luglio, arrivando a 32,87 milioni di barili al giorno, secondo i dati di fonte secondaria riportati nel suo rapporto mensile. Ma la domanda è decisamente forte. E il mercato del petrolio – in un primo momento solo quello fisico, ora anche quello “di carta”– mostra segnali evidenti di un’inversione del ciclo: l’eccesso di offerta ha iniziato a smaltirsi e la discesa delle scorte (già in corso, soprattutto negli Usa) promette di accelerare.

Sono i futures sul Brent che offrono l’indicazione più chiara, benché molto tecnica, della svolta: il mercato sta entrando in modo sempre più convinto in una condizione di backwardation, quella in cui il petrolio per consegna vicina vale più di quello per consegna lontana.

Quando è così non conviene più accumulare scorte a scopo speculativo. Inoltre i produttori di shale oil perdono la possibilità di proteggere le entrate future con l’hedging, ossia vendendo a termine la produzione: un aspetto quest’ultimo tutt’altro che secondario per gli interessi dell’Opec.

La prima scadenza dei future sul Brent ieri non solo si è spinta oltre 53 dollari al barile, ma è rimasta in backwardation per la quarta seduta consecutiva, cosa che non accadeva dalla primavera 2016. La stessa struttura inizia a replicarsi lungo la curva: anche la seconda scadenza (il greggio per consegna novembre) ora scambia a premio sulla successiva. Ed è la prima volta dal 2014, quando il barile costava più di 100 dollari.

Le scadenze contrattuali più lontane sono ancora nella situazione opposta di contango, ma gli spread si stanno riducendo in fretta: la curva, come dicono gli addetti ai lavori, si sta appiattendo.

«La gente sta scommettendo che che la promessa saudita di tagliare l’export avrà un impatto significativo», commenta Tamas Varga, analista di Pvm Oil Associates. «Il riequilibrio del mercato si sta realizzando – afferma Jan Edel mann di Hsh Nordbank – La domanda supera l’offerta».

L’Opec dovrà tenere duro per non rovinare tutto. Ma dal suo rapporto mensile merge che la sua produzione è salita ancora in luglio, per colpa delle “solite” Libia e Nigeria, ma anche dell’Arabia Saudita, di nuovo oltre quota (sia pure di poco). Un messaggio agli indisciplinati? Forse anche questo.

Il ministro iracheno Jabbar Al Luaibi è stato “convocato” a Riad, dove ha parlato non solo con il collega Khalid Al Falih, ma anche con il potente principe ereditario Mohammed Bin Salman. Tutti d’accordo nel «coordinare le politiche petrolifere» ha fatto sapere l’agenzia di stampa ufficiale Spa.

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