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WhatsApp, la sfida dei pagamenti digitali

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le mosse dei big dell’hi-tech

WhatsApp, la sfida dei pagamenti digitali

(EPA)
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Che fosse solo una questione di tempo lo sapevamo già. Adesso, però, l’ora X sembra scoccata, e WhatsApp è pronta a calare l’asso dei pagamenti elettronici. L'indiscrezione è arrivata con alcune immagini di una versione beta della celebre app di messaggistica istantanea (la 2.17.295) contenente il servizio Payments, una piattaforma nella piattaforma in grado di consentire lo scambio di denaro fra gli utenti con dei semplici sms. Gli ingegneri di Menlo Park stanno lavorando all'integrazione di un'interfaccia che consenta spostamenti di denaro da banca a banca, con l'obiettivo finale di rilasciare WhatsApp Payments entro la fine del 2017.

C'è da dire che dal punto di vista tecnologico non siamo davanti a una innovazione vera e propria. Esistono già altre piattaforme che offrono servizi di pagamenti digitali molto simili a quello che ha in mente WhatsApp. In questo caso, però, sono i numeri a fare la differenza. L'applicazione di messaggistica di proprietà di Facebook (Zuckerberg l’ha acquistata nel 2014 per 14 miliardi di dollari) può contare su 1,3 miliardi di utenti attivi mensilmente, mentre gli utenti attivi quotidianamente sono un miliardo. Ogni giorno, secondo i dati ufficiali forniti dall’azienda, sulla piattaforma vengono scambiati 55 miliardi di messaggi. Le foto condivise quotidianamente sono 4,5 miliardi, mentre i video sono un miliardo. Numeri che fanno di WhatsApp un vero e proprio gigante. Un gigante che, con un servizio come Payments attivo, potrebbe ridefinire gli equilibri dei pagamenti digitali. Non è ancora chiaro se WhatsApp introdurrà dei costi di commissione (un po' come PayPal, per intenderci). È molto probabile che Facebook Inc (proprietario di WhatsApp) possa valutare eventuali percentuali in base all'utilizzo, con costi di commissione previsti solo nei casi in cui la piattaforma venga utilizzata per pagamenti in ambito eCommerce.

La guerra dei digital payments

Quella in corso sui pagamenti digitali è una vera e propria guerra, dove i più accreditati competitor delle banche non sono le banche stesse, ma i colossi tecnonogici. Da Apple a Facebook, da Samsung a Google, un po' tutte le big dell'industria tech stanno muovendo passi importanti in questo settore. La digitalizzazione, del resto, sta impattando tutti i settori, anche quello dei pagamenti. E se sempre più spesso si parla di società cashless, è proprio grazie agli sviluppi tecnologici che stanno rendendo le forme di pagamento sempre più smart.

Oggi, le strade più battute del settore dei pagamenti digitali sono essenzialmente due: da una parte le applicazioni (proprio come WhatsApp) che integrano sistemi per pagamenti peer to peer, cioè in grado di consentire spostamento di denaro fra utenti, dall'altra l'esplosione della tecnologia NFC che trasforma gli smartphone (o gli smartwatch) in dispositivi capaci di effettuare pagamenti e sostituirsi alle carte di credito.

Per quanto riguarda il primo settore, le app che offrono servizi di pagamento integrati - in attesa di WhatsApp - esistono già. La cinese WeChat, piattaforma di messaggistica istantanea molto simile proprio a WhatsApp, offre questa possibilità già da qualche mese. E anche Facebook sta sperimentando i pagamenti peer to peer attraverso la piattaforma Messenger negli Stati Uniti. In Italia l'esempio migliore è quello di Satispay, applicazione inventata a Cuneo da tre ragazzi con l'obiettivo di eliminare l'utilizzo del contante.

Il settore dell'e-payment relativo alla tecnologia NFC, invece, vede attori del calibro di Apple (con Apple Pay), Google (con Android Pay) e Samsung (Samsung Pay) che sfruttano la presenza massiva dei loro device mobili per inserirsi con prepotenza nel settore dei pagamenti.

Un mercato da 190 miliardi

Il piatto del pagamenti digitali è di quelli ricchi. Ovviamente sono ancora le carte di credito a farla da padrone. Secondo gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, nel 2016 i pagamenti digitali con carta in Italia sono cresciuti del 9%, raggiungendo i 190 miliardi di euro, pari al 24% dei consumi delle famiglie italiane.

Regole e rischi

Tecnologia a parte, quello che lascia più perplessi è la mancanza di regole certe. Quello dei pagamenti peer to peer è terreno ancora abbastanza vergine, quindi soggetto a lacune legislative importanti. La differenza col sistema bancario è proprio questa. E rischia di trasformarsi in un boomerang pericoloso. Rischi di riciclaggio e del finanziamento del terrorismo sono dietro l’angolo.

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