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Petrolio, con Saudi Aramco scatta la corsa alle Ipo in Medio Oriente

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Energia e finanza

Petrolio, con Saudi Aramco scatta la corsa alle Ipo in Medio Oriente

(Reuters)
(Reuters)

Il procedere dei piani di Riad per portare in Borsa la gigantesca compagnia petrolifera Saudi Aramco sta spingendo molti Paesi del Medio Oriente a rivolgersi ai mercati azionari per privatizzare le loro grandi aziende, molte delle quali attive proprio nel settore petrolifero. Tre anni di prezzi deboli per il greggio, lontanissimo dai 100 dollari del 2011-2014, hanno impoverito le casse di molte nazioni della regione la cui economia spesso dipende proprio dall’industria petrolifera. Molti Paesi - secondo il Wall Street Journal - hanno già fatto ricorso al mercato del debito, basti pensare al bond da 17,5 miliardi emesso da Riad in ottobre.

Complessivamente nel 2016 - stime Moody’s - i Paesi del Gcc (Gulf cooperation council) hanno emesso titoli per 38,9 miliardi di dollari e bond per altri 32,5 miliardi sono attesi per il 2017. Ora però si inizia a guardare alla Borse. Il fenomeno è già evidente, ma dovrebbe accelerare. Da inizio anno infatti in Medio Oriente sono state registrate già 32 Ipo (più che nel 2015 e 2016 messi insieme) per una raccolta complessiva di 1,5 miliardi di dollari (stime Dealogic). Molte quotazioni infatti sono già state annunciate e molte altre sono allo studio. In lista d’attesa, ora come ora, ci sono già colossi del calibro di Abu Dhabi National Oil (Adnoc), Kuwait Energy , Emirates Global Aluminium, Oman Oil.

Da notare che molti Paesi stanno accorciando i tempi per portare le loro aziende in Borsa, forse anche nel timore che un flop dell’Ipo Aramco (stando delle stime il deal potrebbe valutare la compagnia tra 500 miliardi e 2mila miliardi di dollari) possa rendere difficile il successo di eventuali nuovi «sbarchi». Altra motivazione sembra essere la necessità di far cassa nel timore che la ripresa dei prezzi del petrolio possa non verificarsi, almeno nel breve e medio periodo, nonostante gli sforzi dell’Opec (affiancata da altri Paesi “non allineati” quali la Russia) per sostenere le quotazioni del barile. Certo, avvisano però analisti e banchieri, l’esito della nuova tendenza non è certo: portare in Borsa un’azienda è più difficile che emettere un bond e inoltre sul settore pesano le sempre elevate tensioni geopolitiche.

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