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Petrolio, ora l’Opec ammette di temere l’auto elettrica

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Petrolio, ora l’Opec ammette di temere l’auto elettrica

Reuters
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Di fronte a shale oil e auto elettrica per anni l’Opec ha adottato la politica dello struzzo. Ora non più. Con l’ultima edizione del World Oil Outlook, pubblicata ieri, il gruppo ha smesso di nascondere la testa sotto la sabbia, riconoscendo da un lato che il boom delle estrazioni di greggio non convenzionale non è un fenomeno passeggero e dall’altro che la domanda petrolifera è realmente minacciata dai veicoli a batteria e più in generale dalle forme di mobilità alternativa, come il car sharing.

Si tratta di ammissioni importanti, che influiscono anche sullo scenario di previsione centrale del rapporto, che pure – in un orizzonte al 2040 – continua a veder crescere tanto i consumi petroliferi globali, quanto il ruolo dell’Opec nel soddisfarli. Il ritmo di crescita della domanda, secondo il nuovo Outlook, dovrebbe infatti frenare bruscamente dopo il 2035: l’incremento annuo dovrebbe ridursi a 0,3 milioni di barili al giorno nel periodo 2035-2040, contro una media di +1,2 mbg attesa tra il 2016 e il 2020.

L’Opec prevede che dai 95,4 mbg di domanda del 2016 si salga a 111,1 mbg nel 2040, con una tappa intermedia a 102,3 mbg nel 2022: per i prossimi cinque anni c’è stata una revisione al rialzo di ben 2,4 mbg rispetto all’anno scorso e ora il rapporto prevede un incremento dei consumi anche nei Paesi industrializzati: una variazione legata ai nuovi limiti alle emissioni di gas serra nel settore marittimo, che comporterà modifiche importanti alle specifiche dei carburanti.

Ma la situazione in seguito dovrebbe cambiare drasticamente: tra il 2016 e il 2040 per l’Ocse è prevista una contrazione dei consumi di petrolio di ben 8,9 mbg, legata soprattutto alla maggiore efficienza dei motori a alla crescente penetrazione dei veicoli alimentati a gas o a elettricità.

Lo stesso fenomeno è atteso nelle economie in via di sviluppo, ma secondo l’Opec sarà compensato dal forte aumento delle immatricolazioni.

Il rischio, riconosce l’Outlook, è che la diffusione dell’auto elettrica acceleri rispetto allo scenario base. «Nel giro di pochi anni – afferma il rapporto – i veicoli elettrici sono passati dall’essere assolutamente non abbordabili, non pratici e non particolarmente belli a rappresentare una valida opzione per una nicchia di consumatori».

Se la tendenza dovesse affermarsi rapidamente, l’Opec riconosce che la domanda petrolifera potrebbe anche raggiungere un plateau di circa 109 mbg nella seconda metà degli anni 2030: un cambio di prospettiva impressionante per il gruppo, che arriva contemporaneamente a un ripensamento anche sullo shale oil.

La forza dei frackers americani è stata sottovalutata a lungo dall’Organizzazione, con toni spesso sprezzanti. Ora arriva una sorta di “mea culpa”, che impatta in modo rilevante in questo caso sulle previsioni di offerta nel medio termine. Nell’Outlook si afferma che queste sono state modificate «in modo piuttosto notevole» perché in passato non si immaginava un tale grado di «resilienza e abilità di recuperare» da parte del settore dello shale oil.

Per la produzione non Opec il gruppo ora prevede un incremento di ben 3,6 mbg tra il 2016 e il 2022, al traino di Stati Uniti e Brasile, mentre appena un anno fa alla concorrenza veniva accreditato un misero +0,6 mbg nel 2015-2021.

In Nord America, secondo le nuove previsioni dell’Opec, le estrazioni di greggio non convenzionale saliranno a 7,5 mbg nel 2021, dai 5,1 mbg di quest’anno: una revisione al rialzo del 56%.

L’Organizzazione conta comunque di prendersi una rivincita in futuro, nella convinzione che lo shale raggiunga un picco verso il 2025 e inizi a declinare (insieme al resto della produzione non Opec) dal 2030, spianando la strada a un’espansione della quota di mercato dell’Opec stessa, dall’attuale 40% al 46% nel 2040, quando sarà chiamata a fornire ben 41,4 mbg tra greggio e altri liquidi(+8,8 mbg rispetto all’anno scorso).

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