Meglio dell’Arabia Saudita nel petrolio e meglio della Russia nel gas. Grazie allo shale gli Stati Uniti sono avviati a battere ogni record, secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), sviluppando la produzione di idrocarburi a un ritmo che non ha precedenti nella storia di nessun Paese, ed affermandosi tra appena una decina d’anni come esportatori netti di greggio, nonché primi fornitori mondiali di Gnl.
Le previsioni dell’agenzia Ocse, contenute nel nuovo World Energy Outlook dell’agenzia Ocse, offrono sostegno alle aspirazioni di «dominio energetico globale» di Donald Trump, prospettando un’ascesa irresistibile per lo shale nel prossimo futuro: nello scenario di base la produzione di petrolio degli Usa è vista crescere di ben 8 milioni di barili al giorno tra il 2010 e il 2025, grazie alle risorse non convenzionali, per raggiungere quota 16,9 mbg.
Per lo shale gas la stima è che Washington nei 15 anni a partire dal 2008 metta sul mercato 630 miliardi di metri cubi.
In entrambi i casi si tratterebbe di prestazioni «senza precedenti», sottolinea Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Aie. «È una crescita che supera qualunque record storico, persino quello dell’Arabia Saudita dopo l’avvio del mega giacimento di Ghawar e quello della produzione sovietica di gas dai super-depositi siberiani».
«Gli Stati Uniti – sintetizza Birol – stanno diventando il leader globale indiscusso nella produzione di petrolio e gas e questo ha implicazioni profonde nel mondo dell’energia», sia a livello locale, con una spinta allo sviluppo di industrie energivore in Nord America, sia a livello internazionale, con impatti anche di ordine geopolitico.
Washington ormai è a un passo dal raggiungere il sogno, rincorso per decenni, dell’indipendenza energetica. Le esportazioni di greggio, liberalizzate appena due anni fa, di recente si sono spinte oltre 2 mbg. L’Aie prevede che tra circa dieci anni supereranno le importazioni, restituendo agli Stati Uniti lo status di esportatori netti che hanno perduto dal 1953. Ancora prima – ossia «entro la metà degli anni 2020» – gli Usa dovrebbero diventare il primo fornitore mondiale di Gas naturale liquefatto, superando il Qatar e l’Australia.
Non tutti condividono lo stesso ottimismo dell’Aie. Anche se lo shale oil continua a crescere (secondo il Governo Usa le estrazioni raggiungeranno 6,17 mbg a dicembre, in crescita per il dodicesimo mese consecutivo) molti analisti sono convinti che lo sviluppo sia destinato a rallentare rispetto ai ritmi del passato. La produttività dei pozzi sta infatti calando e tra le società del settore comincia a diffondersi una maggiore attenzione alla redditività piuttosto che all’aumento di produzione ad ogni costo. Ci sono molti interrogativi anche sulla cosiddetta «seconda ondata» di investimenti in impianti per la liquefazione e l’export di shale gas: l’eccesso di offerta sul mercato del Gnl potrebbe quanto meno spingere a rinviare qualche progetto.
Anche altre previsioni del World Energy Outlook sono disallineate da quelle di altri analisti. L’Aie ad esempio non intravvede un picco della domanda di petrolio prima del 2040, nemmeno stimando una crescita della diffusione delle auto elettriche dagli attuali 2 milioni a circa 300 milioni nel periodo. «È troppo presto per scrivere il necrologio del petrolio – osserva Birol – La domanda crescerà ancora, al traino di petrolchimica, trasporti pesanti, settore marittimo e aviazione».
Il gas – e in particolare il Gnl – può sperare in una crescita dei consumi ancora più robusta, tanto da diventare il secondo combustibile nel mix di fonti di energia primaria entro il 2040. «Lo scenario di competizione tuttavia è formidabile – avverte il rapporto Aie – non solo da parte del carbone, ma anche delle rinnovabili che in alcuni Paesi dalla metà degli anni 2020 diventano una fonte più economica del gas per nuovi impianti di generazione elettrica».
La spinta a una maggiore efficienza rallenterà la crescita della domanda di energia rispetto al passato, ma entro il 2040 l’Aie si aspetta comunque un incremento del 30%, equivalente agli attuali consumi di Cina e India messe insieme. Il fabbisogno extra sarà soddisfatto per il 40% da fonti rinnovabili, in particolare energia solare ed eolica.
L’agenzia Ocse si aspetta anche un’accelerazione del processo di elettrificazione: solo la Cina dovrà costruire ulteriori centrali e reti pari a quelle oggi installate negli Usa.
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