A cinque mesi dall’acquisizione, scatta la migrazione informatica delle due banche Venete sulla piattaforma di Intesa Sanpaolo. Iniziato giovedì pomeriggio, con la chiusura anticipata dei quasi 700 sportelli interessati, il processo durerà fino a domenica sera. E così da lunedì mattina, alla riapertura degli sportelli, i circa 2,2 milioni di clienti delle ex popolari (di cui 200mila imprese) si ritroveranno a tutti gli effetti clienti del gruppo Intesa, con un nuovo Iban e il trasloco automatico delle domiciliazioni. Nell’operazione “Vivaldi”, questo il nome scelto, saranno coinvolti nel complesso circa 3.400 dipendenti, che in questi giorni stanno lavorando per far sì che il processo si concluda senza intoppi. Ad essere interessata dalla ristrutturazione sarà anche la rete delle filiali. Delle 656 agenzie delle due ex popolari, dalla prossima settimana ne verranno chiuse circa 140, che saliranno a 250 nell’arco di un paio di mesi.
Che cosa succede ai clienti
Le comunicazioni alla clientela sono già arrivate nei giorni scorsi. A partire da dopodomani, come detto, tutti i conti correnti avranno nuove coordinate. Di conseguenza, gli accrediti e gli addebiti che perverranno in Intesa Sanpaolo con le vecchie coordinate, compresi quelli continuativi, saranno indirizzati sulle nuove coordinate bancarie. Previa registrazione, i clienti potranno accedere anche alla banca multicanale per operare con il proprio smartphone o, se sprovvisti, attraverso una chiavetta da ritirare in filiale. Per quanto riguarda il deposito titoli, il rapporto verrà trasferito, mentre le carte di debito continueranno a funzionare fino al prossimo 30 marzo, anche se con alcune limitazioni; in particolare, l’importo massimo di prelievo sarà di 250 euro per operazione. Per chi vorrà, sarà possibile sostituirle a partire dall’11 dicembre con le carte Intesa Sanpaolo.
I crediti deteriorati
Il tema vero riguarda i crediti verso le imprese. Perché a Intesa Sanpaolo, come previsto dal decreto dello scorso giugno, passano solo le posizioni in bonis delle due Venete, oltre ad alcune partecipazioni specifiche. Tutto il resto, ovvero l’enorme mole relativa alle partite deteriorate, rimane in capo alla due ex banche in Liquidazione coatta amministrativa. Si tratta di circa 18 miliardi di euro, tra sofferenze e inadempienze probabili, che come concordato devono essere cedute alla Sga, di proprietà del Tesoro, in vista di un loro recupero. Il passaggio tuttavia ancora non è stato formalizzato, anche perché all’appello manca il varo del decreto ministeriale che dovrà cristallizzare la manovra. Nell’attesa del testo, previsto a giorni, e del passaggio formale alla Lca, i crediti deteriorati continueranno a rimanere sulla piattaforma Sec delle due ex banche venete, con Intesa che avrà un ruolo di semplice gestore.
Il decreto in particolare dovrà definire il perimetro esatto dei crediti trasferiti, e ai 18 miliardi già definiti se ne potrebbe aggiungere una nuova tranche. Nei giorni scorsi, infatti, si è conclusa la due diligence sul portafoglio crediti delle due banche liquidate per verificare lo stato di salute dei crediti a rischio: a quanto risulta da fonti vicine alle banche in liquidazione, oltre ai 10 miliardi di crediti deteriorati netti (18 lordi) sarebbero emerse nuove sofferenze in misura tale da richiedere l’intera garanzia supplementare da un miliardo prevista a carico dello Stato, che salirebbe così a 6,3 miliardi. Conseguenza, questa, dell’onda lunga della crisi economica che ha peggiorato nel corso dei mesi rapporti che erano in un’area “grigia”. Va detto inoltre che sul tavolo del confronto con il Governo ci sono anche altri 4 miliardi di crediti in bonis ma ad alto rischio, sui quali al pari degli altri sussiste una garanzia statale, che potranno essere restituiti nei prossimi tre anni.
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