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Etruria, pm Arezzo contro Bankitalia su ipotesi di fusione con Pop Vicenza

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anche il pd attacca via nazionale

Etruria, pm Arezzo contro Bankitalia su ipotesi di fusione con Pop Vicenza

  • – di Redazione online
Il pm di Arezzo durante l'audizione in commissione d'inchiesta sulle banche (Space24)
Il pm di Arezzo durante l'audizione in commissione d'inchiesta sulle banche (Space24)

Per la Banca d'Italia la Popolare di Vicenza era un «un partner di elevato standing» ai fini dell'aggregazione con Banca Etruria, mentre il vicepresidente dell’istituto toscano, Pierluigi Boschi (padre dell’attuale sottosegretaria alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi, ndr) non ha «mai partecipato a delibere» degli organi di Banca Etruria «che concedevano finanziamenti che fondano il reato di bancarotta». A dirlo è il Procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi, rispondendo alle domande in Commissione bicamerale d'inchiesta sulle banche. Rossi ricorda che Boschi, sul quale si sono concentrate le domande del deputato M5S Carlo Sibilia, non faceva parte del Comitato esecutivo e del Comitato crediti della banca.

Nessun comportamento che porta al reato di bancarotta
Boschi padre, spiega il pm aretino - in passato consulente retribuito del dipartimento per gli Affari Giuridici e Legislativi di palazzo Chigi, incarico per sul quale è tuttora in corso una verifica per possibile conflitto di interesse da parte del Csm - «entra in cda nel 2011 come amministratore senza deleghe diventa uno dei due vicepresidenti nel maggio 2014 assieme a Rosi. Noi sulla responsabilità per la bancarotta vediamo i comportamenti e questi discendono dalle delibere. I conflitti di interesse li abbiamo tutti evidenziati, per noi i crediti valgono se vanno poi in sofferenza altrimenti non costituiscono il reato bancarotta».

Rossi: «Strano» il giudizio di Bakitalia su Bpvi
Rievocando poi la mancata fusione fra il 2014 e il 2015, Rossi definisce «un poco strano» il fatto che dalla Banca d'Italia venisse incentivata l'aggregazione di Banca Etruria con Popolare di Vicenza la quale, «leggendo dalle fonti aperte delle ispezioni» di Via Nazionale «era in condizioni simili». Il fallimento dell’operazione portò poi Bankitalia a censurare e sanzionare i vertici e al commissariamento dell'istituto a febbraio 2015. Per la Banca d'Italia - secondo la versione fornita da Rossi alla commissione bicamerale - la Popolare di Vicenza era un «un partner di elevato standing» ai fini dell'aggregazione con Banca Etruria, un giudizio che a Rossi appare oggi «singolare» dopo aver appreso «da fonti aperte», ossia dalle audizioni di Banca d'Italia sulle Banche Venete alla stessa Commissione banche, la situazione critica in cui versava la Popolare di Vicenza già nel 2012. «Sembrava di leggere la stessa relazione ispettiva di Banca Etruria», ha affermato Rossi, «anzi peggio visto che i finanziamenti baciati ad Arezzo non ci sono stati. Banca d'Italia chiese all'Etruria nel 2014 di trovare un partner di elevato standing e l'unica trattativa avviata fu quella con la Popolare di Vicenza che offrì un euro per azione».

Fonti Bankitalia: mai sostenute nozze Etruria-Bpvi
Sull’aggregazione fallita Banca Etruria-Popolare Vicenza il giudizio di Bankitalia è invece diametralmente opposto a quello di Rossi. La Banca d’Italia, spiegano oggi fonti interne dell’Istituto, «non ha mai sostenuto il matrimonio con popolare di Vicenza», e dopo le ispezioni del 2013, e le irregolarità emerse, «Bankitalia ha chiesto ad Etruria di adottare una serie di misure correttive e di ricercare l'aggregazione con un partner di elevato standing», rimettendo la scelta del partner «all'autonoma valutazione degli organi aziendali». Una strada obbligata, sottolineano ancora le fonti interne, «perché nell'ambito dell'autonomia imprenditoriale che caratterizza qualsiasi banca, la scelta del partner è di competenza della banca stessa». In questo scenario, l'ipotesi di aggregazione con Banca Etruria «è stata avanzata autonomamente da Vicenza nel 2014», e il negoziato tra le due banche «non è andato a buon fine perché non si sono messe d'accordo e quindi non è stata avanzata alcuna richiesta di aggregazione». Bankitalia, si precisa ancora, non ha contestato all’istituto toscano la mancata aggregazione con Vicenza «ma il fatto che l'unica proposta di aggregazione ricevuta, che era proprio quella di Vicenza, non fosse stata portata a conoscenza dell'Assemblea, unico organismo cui spettava la decisione». In altre parole, Banca Etruria fu commissariata «non perché non si fece acquisire da Vicenza, ma in quanto sono state rilevate irregolarità e gravi perdite patrimoniali» , al punto da portare il patrimonio significativamente al di sotto dei minimi regolamentari». «Quanto è accaduto - concludono le fonti - è stato pubblicato ed è rintracciabile sul sito web della banca d'Italia».

Scontro Pd-M5S sul ruolo di via Nazionale
Le parole del Pm Rossi davanti alla Bicamerale Banche provocano l'immediata reazione della politica. Nel corso della giornata, di pari passo con gli sviluppi dell'audizione, va infatti in scena lo scontro tra Pd e M5s sulle presunte connivenze del Governo e le responsabilità della sottosegretaria Maria Elena Boschi nel caso Banca Etruria. Ad aprire le danze, al termine dell'audizione del magistrato aretino, durata ben cinque ore, ci pensa il presidente dem Matteo Orfini, con un commento tranchant che condensa anche il giudizio del segretario Renzi: «Emerge la vera responsabilità che è di Banca d'Italia», e si «sgretola il castello di sciocchezze» circolate intorno al crac Etruria. Dal fronte pentastellato replica Carla Ruocco (M5s), che parla di «conflitti di interessi e omessa vigilanza». Ma i Cinque stelle avvertono: «Il Pd non si sogni di scaricare tutte le responsabilità su via Nazionale. Sono surreali le esultanze dei renziani in queste ore». Fra le forze politiche l'impressione quasi unanime è che Banca d'Italia abbia avuto un ruolo di regia portato avanti nel modo sbagliato. Il capogruppo di FI Renato Brunetta parla di «paternalismo» di Banca d'Italia attenta più alla stabilità che alla trasparenza.

Commissione secretata a piu’ riprese
La delicatezza dell’audizone del magistrato aretino trova conferma nella scelta del presidente della commissione, Pierferdinando Casini, di disporre a piu’ riprese, la secretazione dei lavori, specie quando si affrontano i documenti che riguardano la Banca
d'Italia e le comunicazioni con Etruria. La prima secretazione è arrivata quando i parlamentari hanno chiesto chiarimenti dell'operato della vigilanza di Banca d'Italia. Rossi, premettendo di «non avere la competenza territoriale sui reati di ostacolo alla vigilanza».

Brunetta a Casini: intervenga su Mef e Csm
Prima dell'avvio dell'audizione del pm Rossi, iniziata alle 11, il capogruppo di Fi Renato Brunetta ha chiesto al presidente Casini «un intervento preciso per ammonire enti e ministeri cui noi chiediamo documentazione, e un contatto diretto con il Csm al fine di capire che intenzioni abbia» nell'autorizzare o meno un magistrato a divenire consulente della Commissione. Brunetta ha spiegato come sul tema dei derivati il ministro Padoan «metta il segreto di stato. Ma se l'obiettivo è dilatorio fino alla fine dei lavori commissione sono pronto a denunciare questo comportamento in tutte le forme possibili. Non posso accettare opacità, oscurità e prese per i fondelli». In quanto ai documenti già disponibili, rileva Brunetta, «perdura la difficoltà» ad accedere agli atti: «Anche quando arriva dal Mef la documentazione arriva tardivamente e parzialmente e quasi a sbeffeggiare i lavori della Commissione. Il Mef ha inviato 153 pagine in totale di cui 148 documento pubblico Mef alla Corte dei conti e 3 pagine incomprensibili senza spiegazione o didascalia».

Casini: parlato con Padoan e Csm
«Ho parlato con il presidente del Csm poco fa, ci sono problemi non connessi alla ‘simpatia' dei magistrati ma a difficoltà che mi sono state indicate», ha risposto Casini a Brunetta. «Mi sono messo anche in rapporto con Padoan - ha aggiunto - il quale mi ha spiegato che la relazione semestrale alla corte dei Conti su attività gestione e emissione debito pubblico (documento fornito alla Commissione ndr) sono documenti riservati e, in quanto tali, assolutamente non di pubblico dominio», ricordando che sulla pubblicazione da parte di alcuni giornali «c'è un esposto alla Procura di Roma». «La relazione fornita» ha spiegato Casini leggendo un testo scritto, è composta di 4 parti, di cui 3 «di materiale inedito». «Unico elemento assente è la esplicazione dei costi delle transazioni, nel giro di qualche giorno dopo aver raccolto dati ce li manderanno». « Ove si volessero acquisire copie dei contratti che nulla aggiungono dal punto vista sostanziale - ha aggiunto - deve essere fatta esplicita richiesta ma in passato una tale richiesta è stata respinta». Circostanza che non vale in caso di «richiesta dell'autorità giudiziaria e della Commissione». I contratti tuttavia, ha concluso, «sono stati acquisti già dalla procura di Trani».

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