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Bond Veneto Banca: la difficile strada dell’incostituzionalità

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RISPARMIO TRADITO

Bond Veneto Banca: la difficile strada dell’incostituzionalità

Il giorno di inizio estate dell’anno scorso, il 21 giugno 2017, era un giorno segnato col pennarello rosso sul calendario di tanti piccoli risparmiatori di Veneto Banca: era previsto il rimborso di un bond della banca del NordEst. Ma tutti erano in fibrillazione: da mesi la banca, assieme alla Popolare di Vicenza, era nell’occhio del ciclone, in cima alla lista delle possibili crisi bancarie future (dopo Mps e Banca Etruria). I bond Veneto Banca, unico termometro per il mercato - visto che l’istituto non era quotato -, erano crollati in Borsa.

Ma c’era un gruppo di risparmiatori che in quei giorni più di altri era in agitazione: quelli che avevano in mano il bond subordinato «Lower Tier II» di Veneto Banca da 150 milioni (di cui 85 ancora in circolazione) che sarebbe scaduto, appunto, il 21 giugno. Lo spettro del Bail-In, il salvataggio a spese di azionisti e obbligazionisti, aleggiava da tempo: quei bondholder contavano le ore e speravano di mettersi al riparo: in pochi giorni avrebbero ricevuto, in teoria, il rimborso del bond, scampando così la batosta, sempre più imminente del «burden sharing» (condivisione del fardello), il famigerato meccanismo per cui il fallimento di una banca viene spalmato anche sui bondholder: le obbligazioni subordinate sono trattate come equity e dunque non hanno più, diversamente dai bons senior, alcuna garanzia di restituzione del capitale.

Ma nel giorno del solstizio d’estate, il Governo Gentiloni congela il bond, a pochi metri dal traguardo: niente rimborso, pagamento sospeso per 6 mesi. Tre giorni dopo sarebbe arrivato il controverso decreto D.M. 186/17 che di fatto ha cancellato le due banche venete, con la messa in liquidazione, e ne ha venduto al prezzo simbolico di 1 euro la parte sana a Intesa.

La beffa e il sospetto di incostituzionalità
La beffa, per gli obbligazionisti arrivati a un passo dal rimborso, è stata cocente. La decisione del Governo fu spiegata con l’impossibilità per Veneto Banca, allora, di poter rimborsare quella somma: una sorta di mossa preventiva, avallata anche da Consob nell’ottica di ridurre l'importo degli aiuti pubblici necessari per il salvataggio delle banche venete, in vista appunto dell’imminente «Burden Sharing». Sta di fatto però che il Governo è intervenuto a gamba tesa prima della naturale scadenza di un bond di un’azienda privata: in un libero mercato, il default scatta se un emittente non è in grado di restituire, nel giorno previsto, la somma agli obbligazionisti (che di fatto sono dei creditori); e non prima. Rinviare il rimborso quando manca pochissimo è suonata come una mossa in forte odore di incostituzionalità. E infatti molti studi legali si sono offerti di fornire assistenza ai possessori di questo bond, per ottenerne il rimborso spingendo sulla violazione della Costituzione, il cui articolo 47 sancisce la «tutela del risparmio». E’ stato tutto un fiorire di minacce di cause per far dichiarare dalla Corte Costituzionale l’illegittimità del provvedimento. Ma ecco il punto: non è per nulla scontato che anche in caso ottengano ragione davanti al giudice, gli obbligazionisti rivedano indietro i loro soldi. «La risposta che mi sento di dare è negativa», spegne facili entusiasmi l’avvocato Marcello Pistilli dello studio Pistilli Legal.

Una causa senza nessun vantaggio
Il giovane avvocato milanese è l’unico «contrarian»: molti suoi colleghi si sono buttati a capofitto nella battaglia dell’incostituzionalità e i risparmiatori traditi si aggrappano a ogni possibilità pur di sperare di recuperare tutto o almeno parte dei loro soldi. Ma il rischio di fare il Don Chisciotte contro i mulini a vento è forte: «Non ho dubbi che il provvedimento del Governo sia in aperto contrasto con il principio costituzionale di legittimo affidamento e di ragionevolezza - spiega Pistilli - ma anche un’eventuale abrogazione del decreto non cambierebbe le carte in tavola». Dunque rimarrebbero invariati i termini di rimborso del bond e non ci sarebbe risarcimento del danno. Ammesso che i giudici stabiliscano l’incostuzionalità della sospensione del rimborso, lo Stato non potrà essere chiamato a risarcire il cittadino: «La giurisprudenza - prosegue Pistilli - è pacifica nel negare la responsabilità civile del legislatore in caso di emanazione di norme poi dichiarate incostituzionali». Il diritto civile prevede che lo Stato possa essere responsabile solo in caso di danni arrecati al privato per una mancata o ritardata attuazione di direttive comunitarie. Non è questo il caso.
Ulteriore smacco, non cambierebbe il soggetto giuridico a cui chiedere il rimborso del titolo: il responsabile è e rimane comunque la Liquidazione Coatta Amministrativa (LCA) di Veneto Banca, attraverso l'insinuazione al passivo.
Infine, rimarrebbe il grado di privilegio del possessore del titolo che rimarrebbe comunque chirografario e dunque con poche possibilità di vedere rimborsato il suo investimento.

L’alternativa
Se l’incostituzinalità è una strada rischiosa e con poche garanzie di risultato, un’alternativa è quella di puntare sulla disparità degli obbligazionisti: uno dei commi del decreto sul salvataggio delle banche venete prevede che le cause sui bond subordinati rimangano in capo alla LCA e Intesa non se ne faccia carico. «Il nostro studio sta percorrendo l’idea di chiedere l’intervento della Consulta sulla norma che ha impedito il passaggio a Intesa delle controversie di risarcimento danni dei subordinati delle banche venete (dunque non solo Veneto Banca, ma anche la Popolare di Vicenza) creando una manifesta disparità di trattamento tra i bond subordinati delle venete e quelli di Etruria & company (le quattro banche in risoluzione)».

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