Il lusso non si ferma e, archiviato un anno di crescita a quota 260 miliardi circa secondo le stime, ne comincia uno nuovo con lo slancio. Ne sono convinti gli esperti del settore, che stimano in media un incremento delle vendite attorno al 5 per cento per il 2018. «Il 2017 è stato un anno positivo per il settore lusso che ha registrato un tasso di crescita medio del 5%, atteso anche per il 2018. La crescita è stata guidata da un aumento dei volumi, piuttosto che da un aumento dei prezzi, grazie anche all’espansione della base clienti in Asia. L’incremento maggiore si è registrato nei comparti accessori e pelletteria (7%), trend che dovrebbe continuare anche quest’anno» osserva Daniela Orlandi, responsabile dell’Industry Retail & Luxury della divisione Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo, precisando poi: «Un’inversione positiva di tendenza si è avuta nell’hard luxury, cresciuto del 4% con previsioni che indicano un aumento nell’ordine del 5% per l’anno appena iniziato».
Risultati che, secondo gli analisti di Bernstein, si tradurranno in molti casi in un incremento dei dividendi: «Continuiamo ad aspettarci prospettive di crescita dei dividendi divergenti tra i titoli del lusso che copriamo in base alla forza del brand, alle performance operative e le disponibilità di cassa esistenti. La fine dell’era dell’espansione della rete di negozi significa che i requisiti patrimoniali saranno in calo d’ora in poi, e i brand con ampia generazione di cassa e forti performance operative possono permettersi di distribuire liquidità agli azionisti» si legge nel report. Il panorama, quindi, è tutt’altro che omogeneo e se per gruppi come Kering, Lvmh e Richemont sono stimati rispettivamente aumenti del dividendo per azione del 67%, 18% e 17% rispetto all’anno precedente, ci sono anche brand come Prada e Burberry per cui le stime sono di cedole stabili, dovute a programmi di turnaround ancora in atto. Gli estremi nelle stime sono rappresentati sul fronte positivo da Hermes per il quale è atteso un dividendo straordinario di 5 euro per azione (+12%), sul fronte negativo da Salvatore Ferragamo, che potrebbe tagliare la cedola a causa dei costi di rilancio del brand.
Chi crede ancora che ci sia spazio per lo sviluppo delle reti di negozi di proprietà è Paolo Celesia, responsabile equity di Credit Suisse: «Ci aspettiamo che i trend nel settore continuino e che le aziende proseguano nello sviluppo di DOS per aumentare la marginalità. I pure player continuano ad avete valutazioni superiori in termini di multipli rispetto ai conglomerate. Prosegue, inoltre, la strategia di fidelizzazione dei clienti ai fini della loro profilazione in termini di acquisti. E allo stesso tempo continuerà lo sviluppo dell’e-commerce anche se poi otto vendite su dieci sono fatte ancora in store». E sulle vie di sviluppo dei player del lusso Orlandi sottolinea: «I volumi d’impieghi di Intesa SanPaolo nel settore sono saliti del 50% nel 2017. Il supporto fornito è andato a sostenere gli investimenti da parte delle aziende per essere al passo con ciò che il mercato chiede in un mondo che sta cambiando molto velocemente: riorganizzazione dei network di punti di vendita, espansione in nuovi mercati e sviluppo del canale digitale/e-commerce, un canale di vendita che non può più essere ignorato da parte dei brand del lusso. Non bisogna dimenticare, infatti, che le vendite online quest’anno sono cresciute del 25%»
Ma tornando alle vendite quali sono i mercati che traineranno la crescita nel 2018? «A livello di aree geografiche, nel 2018 l’Asia sarà sempre la regione trainante, crescendo mediamente del 10%. Ci si aspetta che Mainland China cresca a tassi superiori, grazie ad un allargamento della base dei clienti con alta capacità di spesa a livello locale. Viceversa in Giappone, l’incremento dovrebbe attestarsi attorno al 5%, come per l’Europa, in linea con il 2017» osserva Orlandi, che stima un incremento del 4% per gli Stati Uniti, del 3% per l’America Latina e infine del 2% per il Middle East. «Ci si aspetta che nel 2018 la crescita dovuta ai flussi turistici in Europa sia comparabile a quella del 2017, per una serie di motivi, tra i quali le politiche di armonizzazione dei prezzi attuate dai brand e i rischi percepiti sul terrorismo, che seppure in misura più ridotta, continuano ad avere un impatto sui viaggi» precisa Orlandi.
Non mancheranno, poi, secondo gli esperti, le operazioni straordinarie nel settore: «Ci sono una serie di operatori internazionali che stanno osservando il settore del made in Italy per individuare opportunità di investimento. C’è una fortissima attenzione verso l’Italia ed i brand indipendenti che rappresentano eccellenze nel settore» spiega Orlandi. Ma non solo. I multipli sono invitanti (16,7 volte il rapporto enterprise value/Ebitda 2018 per i gruppi del lusso puri) e questo potrebbe portare diversi brand ad affacciarsi alla Borsa. Per Piazza Affari c’è attesa da tempo per Valentino, che secondo gli esperti ha saputo anticipare i trend e adeguare il proprio sviluppo alle richieste del mercato. Così come Furla. Ma se per quest’ultima le attese sono per un Ipo nella prima metà dell’anno, per il gruppo guidato da Stefano Sassi e controllato da Mayhoola for Investment si potrebbe dover aspettare l’autunno.
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