L’Europa dovrà presto fare a meno del gas olandese. È questa la probabile conseguenza del nuovo giro di vite a Groningen. La produzione del più grande giacimento del Vecchio continente, accusato di provocare terremoti, verrà infatti quasi dimezzata rispetto agli attuali livelli (già ridotti).
L’Ispettorato delle miniere ha raccomandato al Governo dell’Aia di abbassare il tetto produttivo a 12 miliardi di metri cubi (bcm) l’anno – il 44% in meno rispetto a oggi e meno di un quarto rispetto ai 53 bcm che venivano estratti nel 2013 – preparandosi ad arrivare in seguito se necessario alla «totale chiusura».
Il taglio suggerito è molto più drastico di quanto ci si aspettasse, ma il ministro dell’Economia Eric Wiebes si è subito allineato: «Ora il mio obiettivo è arrivare a 12 bcm», ha affermato, impegnandosi a implementare le misure necessarie «nel più breve tempo possibile».
Il taglio difficilmente è realizzabile dall’oggi al domani. Gli stessi Paesi Bassi dipendono dal gas per il 40% del fabbisogno energetico e per sostituire Groningen dovrebbero non solo aumentare il ricorso all’import, ma adeguare gli impianti, oggi tarati per ricevere gas a basso potere calorifico, com’è quello del maxigiacimento.
Il ministro Wiebes entro marzo riferirà in Parlamento e il Governo entro giugno stabilirà il tetto di produzione per il prossimo anno termico, che partirà a ottobre. È improbabile che si arrivi subito a 12 bcm, ma un’ulteriore riduzione a questo punto è scontata.
Anche il gestore della rete olandese, Gasunie, la suggerisce, pur fornendo un parere diverso da quello dell’Ispettorato: il “cap”potrebbe scendere fin d’ora da 21,6 a 19,5-21 bcm, ha suggerito, ma in futuro per garantire la sicurezza energetica sarebbe meglio un limite flessibile in base alle temperature, fino a 27 bcm in annate molto fredde e 14 bcm in quelle più miti.
La strada sembra ormai tracciata. Con limiti sempre più rigidi alla produzione di Groningen l’Europa dovrà fare i conti col declino delle forniture olandesi in tempi ancora più rapidi di quanto ci si aspettasse. La conseguenza sarà un probabile aumento della dipendenza dalla Russia o dalle importazioni di Gnl.
Non ci sono molte alternative possibili per rimpiazzare 10 bcm, ossia il 2% delle forniture all’Europa, afferma Massimo Di Odoardo, Principal Analyst di Wood Mackenzie: «Il potenziale dalla Norvegia sarà limitato fino al 2019. Anche la possibilità di incrementare sensibilmente le importazioni dalla Russia dipendono dallo sviluppo del Nord Stream 2».
Con riserve stimate di 2.800 bcm, Groningen è stato per oltre quarant’anni una fonte di approvvigionamento cruciale per il Vecchio continente e tuttora soddisfa da solo circa il 5% della domanda europea. L’Italia proprio dall’Olanda ha ricevuto nell’aprile 1974 le sue prime forniture via gasdotto (i flussi dalla Russia sono partiti un mese dopo). Dal Nord Europa (Paesi Bassi e Norvegia) arrivano circa il 10% delle nostre importazioni.
Finora le restrizioni a Groningen hanno avuto un impatto minimo sul mercato, osserva un recente studio dell’Oxford Institute for Energy Studies (Oies), ma solo perché l’Olanda ha rispettato gli obblighi contrattuali, arrivando ad importare gas pur di riuscire a consegnare le quantità pattuite. Ma presto le conseguenze diventeranno più evidenti.
La produzione di gas in Europa è calata da un picco di 341 bcm nel 2004 a 257 bcm nel 2016, ricorda l’Oies, che prevede entro il 2030 un ulteriore calo di 111 bcm, di cui 30 solo dall’Olanda, che diventerà importatore netto.
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