Nuova pesante flessione per il Bitcoin che, dopo aver galleggiato tutta la settimana attorno a quota 10.000 dollari, ha rotto ieri sera la quota di 9.000 e attualmente è scivolato sotto a quota 8.000 dollari, ai minimi dallo scorso novembre, con una flessione di oltre il 12% sulla giornata.
Perdite in doppia cifra, superiori al 20%, per tutto il comparto delle criptovalute, con una flessione per Ripple, Cardano e Stellar tra le maggiori. Il ribasso generalizzato segnala che gli investitori preferiscono in questo momento incamerare i profitti realizzati convertendoli nelle monete tradizionali invece che spostarsi su altre criptovalute come successo già nel recente passato.
La paura di imposte
Come negli ultimi mesi non c'erano motivi specifici alla base di un rialzo diventato via via troppo rapido e accentuato, così ora non ci sono ragioni specifiche per il ribasso precipitoso. Senz'altro i realizzi spiegano buona parte delle vendite. Di fronte all’incertezza sul futuro di una sperimentazione senza precedenti come Bitcoin, non bisogna dimenticare che anche a questi livelli il capital gain è corposo per molti investitori: un anno fa la criptovaluta era ancora sotto i 1.000 dollari.
Per di più al momento i profitti sono tendenzialmente esenti da tassazione diretta sul capital gain. Anche in Italia una pronuncia esplicita dell'Agenzia delle Entrate specifica che le operazioni su criptovalute sono equiparabili a quelle sulle monete e quindi esenti dalla tassazione sul capital gain per importi contenuti.
Il timore è infatti che l’insistenza delle authority regolamentari per inquadrare il settore all’interno di regole concordate possa aprire la porta anche a misure di carattere fiscale.
Controlli rafforzati
Negli ultimi giorni sono arrivate notizie che depongono nel senso di una stretta dei controlli sul settore, dove sono proliferate in questi mesi iniziative ambigue e prossime alla truffa. Proprio per questo motivo Facebook ha vietato le pubblicità legate alle criptovalute e alle Ico, le offerte iniziali di valute proliferate fino a raccogliere 5,6 miliardi di dollari l’anno scorso.
Intanto la Sec ha bloccato un'Ico bancaria da 600 milioni di dollari in Texas e la Cftc, l’authority Usa per il mercato futures, ha acceso un faro sulla chiacchierata piattaforma Bitfinex, una delle più utilizzate a livello globale, e su Tether, criptovaluta ancorata al dollaro con un cambio fisso uno a uno.
Proprio su Bitfinex si concentrano sospetti di manipolazione dei prezzi che avrebbero sostenuto le quotazioni del Bitcoin negli scorsi mesi. La piattaforma è una delle più utilizzate per lo scambio di criptovalute, ma anche delle più chiacchierate. L'azione legale nei suoi confronti da parte della Cftc, avviata lo scorso dicembre ma di cui si è saputo solo in questi giorni ha aumentato il nervosismo sul mercato. Il sospetto è che la piattaforma abbia gonfiato i prezzi finanziando con i fondi raccolti attraverso l'emissione di Tether, formalmente effettuata da un'altra società che però farebbe capo alla stessa struttura di controllo, anch'essa sotto inchiesta. Tether è un token utilizzato per i servizi su Bitfinex legato al dollaro con una parità di uno a uno. Forte di questo supporto era spesso utilizzato per ingenti acquisti di criptovalute. Non sarebbe quindi un caso che la notizia del faro acceso dalle autorità Usa sia coincisa con l'avvio di ondate di vendite su tutto il comparto.
Aumentano i controlli
Nella notte l’India si è aggiunta alla lista dei Paesi intenzionati ad agire per contrastare l'illegalità che accompagna il comparto. «Il governo non considera le attività legate alle offerte di criptovalute e prenderà tutte le misure per eliminare tutte le operazioni che utilizzano i cripto-asset per finanziare attività illecite o come strumento di pagamento», ha affermato il ministro delle Finanze Arun Jaitley nel discorso sul budget. Già Cina e Corea del Sud hanno indicato di voler agire con decisione per bloccare le operazioni legate al settore delle criptovalute.
Ogni giorno emergono poi notizie legate al blocco di iniziative poco trasparenti e spesso truffaldine. Da questo punto di vista la flessione delle quotazioni ha un effetto di pulizia del comparto, cresciuto troppo velocemente lasciando così ampio spazio a proposte che promettevano guadagni troppo facili per essere veri.
In flessione tutte le criptovalute
Le vendite sono apparse generalizzate su tutto il comparto, crollato a 390 miliardi di capitalizzazione complessiva, meno della metà del picco di 830 miliardi toccato a inizio gennaio.
A essere penalizzate sono soprattutto quelle valute che erano salite troppo velocemente. Un buon esempio è Ripple, caduto di oltre il 30% a 0,7 dollari, più o meno cinque volte il valore di novembre, dopo aver toccato un picco di tre dollari. Anche Ethereum perde più del 20% a 870 dollari dopo aver toccato un picco di 1.400 in gennaio. Ma a fine novembre era a quota 500.
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